...La costanza: qualità fondamentale dei blogger di successo!
PREMESSA...
Dialogo tra...Blogger di successo: “Ho un blog che fa 1,5 milioni di pageviews al mese”.
Blogger meno esperta: “Mi spaventano questi numeri. Non ce la farò mai. Quasi quasi lascio perdere”.
Blogger di successo: “La risposta giusta invece è: adesso vado subito a scrivere un paio di post!
In effetti, chi cura un un blog deve essere un perseverante, uno
che non molla mai per raggiungere il proprio
obiettivo! La costanza deve essere una delle sue armi più micidiali. Inoltre deve proporre contenuti di qualità e esercitare tantissima perseveranza!
Credo infatti che, come per qualsiasi àmbito della vita,
chi ha successo sia una persona che ha avuto una buona idea, ma che
soprattutto ha avuto la costanza di crederci fino in fondo.
Non a caso, Thomas Edison ha affermato: “Il genio è per l’1% ispirazione e per il 99% traspirazione”.
...ALLORA AL LAVORO..ED OGGI BEN DUE RUBRICHE IN UNA
PORTA UN LIBRO CON TE &
#30 SETTIMANE....DI LIBRI #25
Il tempo che si spende a girovagare nei mercatini dell'usato offre
sempre la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo o di recuperare
dalla scatola della memoria ricordi abbandonati.
E così ho ritrovato LE RAGAZZE DI SANFREDIANO di Vasco Pratolini, un romanzo letto nel periodo universitario e ripreso poi, ridotto, per un Laboratorio di Lettura interdisciplinare: le regioni italiane, vita di quartiere, i sentimenti.
Le ragazze di Sanfrediano, Vasco Pratolini - Incipit
“Il rione di Sanfrediano è “di là d’Arno”, è
quel grosso mucchio di case tra la riva sinistra del fiume, la Chiesa
del Carmine e le pendici di Bellosguardo; dall’alto, simili a
contrafforti, lo circondano Palazzo Pitti e i bastioni medicei; l’Arno
vi scorre nel suo letto più disteso, vi trova la curva dolce, ampia e
meravigliosa che lambisce le Cascine. Quanto v’è di perfetto, in una
civiltà diventata essa stessa natura, l’immobilità terribile e
affascinante del sorriso di Dio, avvolge Sanfrediano, e lo esalta. Ma
non tutto è oro ciò che riluce.”
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BORGO SANFREDIANO |
Sanfrediano, per contrasto, è il quartiere più malsano della città; nel
cuore delle sue strade, popolate come formicai, si trovano il Deposito
Centrale delle Immondizie, Il Dormitorio Pubblico, le Caserme. Gran
parte dei suoi fondaci ospitano i raccoglitori di stracci, e coloro che
cuociono le interiora dei bovini per farne commercio, assieme al brodo
che ne ricavano. E che è gustoso, tuttavia, i sanfredianini lo
disprezzano ma se ne nutrano, lo acquistano a fiaschi.
Le case sono antiche per le loro pietre, e più per il loro squallore;
formano, l'una a ridosso dell'altra, un immenso isolato, qua e là
interrotto dall'apertura delle strade, con gli improvvisi, incredibili
respiri del lungofiume e delle piazze, vaste ed ariose queste, come
campi d'arme, come recessi armoniosamente estesi. Ci pensa l'allegro,
rissoso clamore della sua gente, ad animarli: dal rivendugliolo e
stracciaiolo, all'operaio delle non lontane officine, all'impiegato
d'ordine, all'artigiano marmista, orefice, pellettiere le cui donne
hanno anch'esse, nella più parte, un mestiere. Sanfrediano è la piccola
repubblica delle lavoranti a domicilio: sono trecciaiole, pantalonaie,
stiratrici, impagliatrici che dalla loro fatica, sottratta alle cure
della casa, ricavano ciò che esse chiamano il minimo superfluo di cui
necessita una famiglia, quasi sempre numerosa, alla quale il lavoro
dell'uomo apporta, quando c'è, il solo pane e companatico.
Se visitiamo oggi San Frediano vediamo le “antiche pietre”, i
vicoli che sfociano sul lungo fiume, le piazze, i bei giardini ora inaccessibili perché privati, qualche mercatino, ma poco
è rimasto del ricco tessuto di lavoratori “in proprio” descritto nel romanzo. Non più straccivendoli, trippai - preparatori di trippa, le lavoranti a
domicilio ( trecciaiole, pantalonaie, stiratrici, impagliatrici ...scomparse da tempo)
«Il rione di Sanfrediano è “di là d’Arno”, è quel grosso mucchio di
case tra la riva sinistra del fiume, la Chiesa del Carmine e le pendici
di Bellosguardo; dall’alto, simili a contrafforti, lo circondano Palazzo
Pitti e i bastioni medicei; l’Arno vi scorre nel suo letto più disteso,
vi trova la curva dolce, ampia e meravigliosa che lambisce le Cascine».
PORTA SAN FREDIANO |
E le Cascine sono anche il luogo della vendetta delle Ragazze di Sanfrediano contro il bel Bob, che viene scoperto con la
complicità di Tosca in una delle sue imprese da farfallone e va incontro
ad una disfatta che lo ridimensiona.
QUELLA NOTTE...
«Erano le nove della sera, il silenzio tutt’attorno, animato dal lieve fruscio del fogliame, e lontanissima la voce della città, che si spengeva sul brontolio del fiume, un’eco appena, alle loro spalle, accresceva la suggestione... Ora, davanti a loro, c’era il breve spiazzo al di là del quale stava il Prato Grande recinto dall’Albereta».
È al Tempietto che le ragazze infuriate circondano Bob, ne scoprono una pochezza fisica, oggetto di scherno: il rientro in carrozza in Sanfrediano segna la fine del rubacuori, non più emulo di Robert Taylor, ma destinato a tornare Aldo e a cedere lo scettro ad un altro Casanova, Fernando, detto Tirone. Il tutto nel nome del mitico Gobbo, «Un sanfredianino figlio di sanfredianini, che nel 1919 aveva messo sotto sopra l’intero rione con le sue gesta di rubacuori, e mobilitato al gran completo la Polizia per le sue gesta di scassinatore».
Era stato difeso
dalle donne che lo trovavano bello. Gina, Tosca, Mafalda sono i personaggi femminili più riusciti di Pratolini. Hanno mani bianche e occhi come lumi
spalancati sul cuore; capaci a sedici anni di portar l’acqua ai
partigiani per strada, spavalde e sfrontate, sincere e malandrine,
sempre pronte a dire con fierezza: «Sono una ragazza di Sanfrediano. Non
te lo dimenticare mai».
Testimone prezioso di una Firenze che fu, Pratolini (morto nel ’91) ancora oggi si legge volentieri perché è riuscito a cogliere l’anima popolare, fiera, rissosa, ironica, della città.
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PRATOLINI |
«Erano le nove della sera, il silenzio tutt’attorno, animato dal lieve fruscio del fogliame, e lontanissima la voce della città, che si spengeva sul brontolio del fiume, un’eco appena, alle loro spalle, accresceva la suggestione... Ora, davanti a loro, c’era il breve spiazzo al di là del quale stava il Prato Grande recinto dall’Albereta».
È al Tempietto che le ragazze infuriate circondano Bob, ne scoprono una pochezza fisica, oggetto di scherno: il rientro in carrozza in Sanfrediano segna la fine del rubacuori, non più emulo di Robert Taylor, ma destinato a tornare Aldo e a cedere lo scettro ad un altro Casanova, Fernando, detto Tirone. Il tutto nel nome del mitico Gobbo, «Un sanfredianino figlio di sanfredianini, che nel 1919 aveva messo sotto sopra l’intero rione con le sue gesta di rubacuori, e mobilitato al gran completo la Polizia per le sue gesta di scassinatore».

Testimone prezioso di una Firenze che fu, Pratolini (morto nel ’91) ancora oggi si legge volentieri perché è riuscito a cogliere l’anima popolare, fiera, rissosa, ironica, della città.
SULL'EVOLUZIONE DELL'ARTE LETTERARIA DI PRATOLINI
«Quanto v'è di perfetto,
in una civiltà diventata essa stessa natura,
l'immobilità terribile e affascinante del sorriso di Dio,
avvolge Sanfrediano, e lo esalta».
"S. Frediano è la zona più povera e
più becera (volgare) con un suo codice d’onore. In San Frediano c’era il deposito
della nettezza, il dormitorio pubblico e le caserme. Gli abitanti si
dividevano in cenciaioli e quelli che cuocevano le interiore per poi
vendere trippa, lampredotto e il loro brodo, quest’ultimo venduto a
fiaschi. Lo stipendio dell’uomo quando
c’era assicurava il pane e companatico. Le donne lavoranti a domicilio o
trecciaiole coloro che rimpagliavano le seggiole per guadagnare il di
più."