Dopo aver letto Il ragazzo selvatico
– Quaderno di montagna ambientato in Valle d' Aosta...inside the 'soul...
"Non c'è modo di
essere libero stando seduto.
Inginocchiato non c'è
modo di essere libero
sollevando una tazza vuota, chiedo silenziosamente
che tutte le mie destinazioni accettino quello che sono io
così riesco a respirare...
sollevando una tazza vuota, chiedo silenziosamente
che tutte le mie destinazioni accettino quello che sono io
così riesco a respirare...
"Conoscevo tutte le
regole ma le regole non conoscevano me. Garantito".
Iniziava così Guaranteed di Eddie Vedder, dalla famosa colonna sonora del film Into the Wild.
Il libro Nelle terre estreme (Into the wild) in cui Jon Krakauer ricostruisce la storia vera di un ragazzo come tanti che ha saputo guardarsi dentro e rispettarsi, fino in fondo. Riscoprendo i valori della Natura più pura e selvaggia.Perché quella che l’alpinista e saggista Jon Krakauer ha saputo ricostruire in anni di ricerca e narra con tanta passione è la storia di un ragazzo speciale, Chris McCandless, che aveva tutto per inserirsi nel sistema, ma ha fatto la scelta più estrema quella di lasciare questo tutto artificiale, fatto di maschere e convenzioni, per assimilarsi al tutto della Natura raggiungendo l' Alaska. Su un pannello che copriva un finestrino rotto all’interno dell’autobus dove finì la sua giovane esistenza, Chris scrisse: «Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente piscina, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. L’apice della battaglia per uccidere l’essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle terre estreme (into the wild)». Alexander Supertramp ( il nuovo nome che si era dato), Maggio 1992.
Il libro Nelle terre estreme (Into the wild) in cui Jon Krakauer ricostruisce la storia vera di un ragazzo come tanti che ha saputo guardarsi dentro e rispettarsi, fino in fondo. Riscoprendo i valori della Natura più pura e selvaggia.Perché quella che l’alpinista e saggista Jon Krakauer ha saputo ricostruire in anni di ricerca e narra con tanta passione è la storia di un ragazzo speciale, Chris McCandless, che aveva tutto per inserirsi nel sistema, ma ha fatto la scelta più estrema quella di lasciare questo tutto artificiale, fatto di maschere e convenzioni, per assimilarsi al tutto della Natura raggiungendo l' Alaska. Su un pannello che copriva un finestrino rotto all’interno dell’autobus dove finì la sua giovane esistenza, Chris scrisse: «Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente piscina, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. L’apice della battaglia per uccidere l’essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle terre estreme (into the wild)». Alexander Supertramp ( il nuovo nome che si era dato), Maggio 1992.
Il Jon Krakauer nostrano
è Paolo Cognetti, lo scrittore che un giorno si è rintanato in una
baita al tempo del disgelo per mettersi in cammino, con calma ma con
urgenza. Finché anche la baita diventerà una gabbia...Il ragazzo
selvatico racchiude un'esperienza: insieme di cose udite all'ombra
delle foglie, minuscole intuizioni, silenziose amicizie e
citazioni, perché poi nessun compagno di viaggio è mai fedele
come un libro Anche Chris nello zaino aveva portato con sé libri per
farsi fare compagnia.
Nel Racconto-Quaderno-Il
ragazzo selvatico “Avevo così tanti me tra i piedi" scrive
l'autore "che a volte la sera uscivo, e andavo a fare un giro
nel bosco per stare un po' da solo". L'Alaska di Paolo Cognetti
sono le valli del Gran Paradiso che chiudono a sud la val
d'Aosta. Angolo rassicurante, paesaggio dove lo scrittore passava
le estati da ragazzo.
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I MIEI COLLAGE |
Ma allora perché venire qui? Da cosa si
scappa, sempre, quando si scappa da casa? Fuori dalla gabbia, via dal
mondo globale. Scarponi ai piedi il ritmo delle stagioni il respiro
degli alberi che avvolge l'orizzonte il cigolio delle assi nella
vecchia stalla il topo che mangiucchia i resti della cena. I ghiri e
i tassi, le lepri i fragili caprioli, i maestosi stambecchi, le
timide volpi nelle radure. Tronchi sradicati, sorgenti. Sintonia
fra cani e pastori. Andare fuori dai sentieri battuti. Leggere le
storie scritte nel terreno.
Si scappa da quel sé che
non ci appartiene più. Per vedere se nella solitudine della natura
ci aspetta un altro io.
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COMPORRE UN COLLAGE --- |
Ed i riferimenti letterari
che lo accompagnano nella stesura dei suoi appunti continuano:"Provo
rispetto per l'abete rosso..." l'Arboreto salvatico di Mario
Rigoni Stern, a cui fa omaggio insieme agli alberi dei duemila
metri: pino silvestre, larice, pino cembro. In questa pagina di
quaderno l'autore calibra le parole per renderci partecipi della
maeatosità di quegli alberi, di "quel" tronco, di “quel”
sentiero.
Esplorato il limite, il
ragazzo selvatico raccoglie le sue poche cose e fa dietro front,
ritualizzando l'addio alla baita e agli amici immaginari. Lascia il
suo "doppio", il temerario Chris McCandless, al destino
crudele che ha raccontato Jon Krakauer. Perché proprio la fine è
importante in tutte le cose: chi ha detto che il vero eroe è quello
che cede all'autodistruzione?
Sul finale si sente il
sibilo delle doppiette dei cacciatori che avranno come prede gli
animaletti della montagna che il ragazzo ha avuto come amici per quei
mesi vissuti in solitudine.
Franzen scrive “Alla
fine dello scorso autunno sentivo il bisogno di
allontanarmi da tutto. Ero impegnato da quattro
mesi nella promozione di un romanzo e procedevo
nella mia tabella di marcia in modo meccanico,
sentendomi sempre più simile al piccolo cursore
che segna l’avanzamento di un filmato sul computer.
A forza di parlarne, ampie porzioni della mia storia
personale si stavano consumando dall’interno. E ogni
mattina la stessa dose di nicotina e caffeina; ogni
sera lo stesso assalto all’email; ogni notte lo stesso ricorso
all’alcol per quel lampo di piacere che intorpidisce
il cervello. A un certo punto, dopo aver letto di Masafuera,
cominciai a immaginare di andarmene laggiù
da solo, come Selkirk, nell’entroterra dell’isola, che rimane
disabitato tutto l’anno.”
È un caso o un
riferimento voluto? Credo che la sua volontà di
allontanarsi, oltre il suo “inverno difficile”, sia legata come
nel caso di Franzen anche alla volontà di estraniarsi dalla serie di
comunicazioni “virtuali” e di vincoli per cercare un tempo più
autentico.Perciò credo che il
saggio di Franzen sia somigliante alla fuga di Cognetti.
COGNETTI |
Altro parallelo con Nelle foreste siberiane di Sylvain Tesson. Forse gli anni che hanno visto
il nostro autore ossessionato dalla popolarità (sono felice se ho
tante persone intorno) hanno prodotto anche il bisogno opposto,
quello dell’eremitaggio. In questo senso vi è un valore politico:
la decisione di uscire dalla società, di rifiutarne le regole e i
valori, un modo per contestarla, come insegnava Thoreau.
Ma alcuni di noi con quella paura sentono il
bisogno di fare i conti.

Infine posso intuire
perché “quaderno” e non “diario”. Perché, per uno scrittore
di narrativa, un testo è sempre mediato da un’idea di scrittura,
falsificato per diventare racconto. Anche gli autori che Cognetti ha
letto hanno scritto nei loro romanzi di aver trascorso
ad esempio due anni nel bosco, ma nel libro gli conveniva fingere
che fosse un anno solo, così la storia veniva meglio. Ossia:
guardate che quello che state per leggere non è del tutto vero,
libertà di romanzare.
Anche per Cognetti forse è stato
così. Quando ha cominciato a lavorare al libro, e a sentire il
bisogno di distaccarsi dalla cronaca quotidiana per librarsi verso la
scrittura, la scelta decisiva è stata quella di prendere i testi
che aveva già, un insieme di pensieri e osservazioni, modificarli
dal tempo presente al passato remoto. Doveva trasformare il suo
diario in racconto. E poi lo scrivere a mano, così il quaderno è
la carta vera su cui è nato il libro.
L'autore mi ha fatto
capire cosa intende per uomo di montagna: quello che deve saper fare
tanti lavori, essere abile con le mani, costretto ad arrangiarsi ma
anche quello che ha visto così poco mondo, letto così pochi libri
che può diventare un intollerante pur se è capace di stare da solo.
La solitudine, il buio, il silenzio, in montagna diventano quasi dei
compagni di vita, forse una vita più desiderabile.
Percorrendo dunque un
sentiero già battuto in precedenza dai mostri sacri che ha letto,
Paolo Cognetti mi ha fatto da guida alla scoperta del suo lato
eremita, parlando di sé e mettendo a nudo le sue debolezze e le sue
risorse, proprio come ogni uomo, eremita sulla cima di una montagna o
inghiottito dal traffico cittadino, dovrebbe essere in grado di fare.
L’essenzialità che
l'autore ha sperimentato in questa avventura in montagna è ricalcata
da uno stile narrativo semplice, un linguaggio disadorno, la
successione degli eventi lineare come in un diario a cui manca solo
l’indicazione della data. Inoltre, Cognetti inserisce molte
citazioni da altri scrittori piuttosto che “ complicare” la sua
prosa, come se volesse preservare anche la sua scrittura da qualsiasi
“artificialità “ e preferisse restare il più distante
possibile da una certa pretesa letteraria: piuttosto che un libro
destinato alla pubblicazione, sembra infatti di leggere, di sbirciare
quasi, le intime confidenze del diario personale dell’autore.