sabato 1 febbraio 2014

Giro d'Italia Letterario, sabato 1 febbraio... inside the 'soul con Cognetti

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Dopo aver letto Il ragazzo selvaticoQuaderno di montagna ambientato in Valle d' Aosta...inside the 'soul...

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"Non c'è modo di essere libero stando seduto.
Inginocchiato non c'è modo di essere libero
sollevando una tazza vuota, chiedo silenziosamente
che tutte le mie destinazioni accettino quello che sono io
così riesco a respirare...
"Conoscevo tutte le regole ma le regole non conoscevano me. Garantito".

Iniziava così Guaranteed di Eddie Vedder, dalla famosa colonna sonora del film Into the Wild.
Il libro Nelle terre estreme (Into the wild) in cui Jon Krakauer ricostruisce la storia vera di un ragazzo come tanti che ha saputo guardarsi dentro e rispettarsi, fino in fondo. Riscoprendo i valori della Natura più pura e selvaggia.Perché quella che l’alpinista e saggista Jon Krakauer ha saputo ricostruire in anni di ricerca e narra con tanta passione è la storia di un ragazzo speciale, Chris McCandless, che aveva tutto per inserirsi nel sistema, ma ha fatto la scelta più estrema quella di lasciare questo tutto artificiale, fatto di maschere e convenzioni, per assimilarsi al tutto della Natura raggiungendo l' Alaska. Su un pannello che copriva un finestrino rotto all’interno dell’autobus dove finì la sua giovane esistenza, Chris scrisse: «Da due anni cammina per il mondo. Niente telefono, niente piscina, niente animali, niente sigarette. Il massimo della libertà. Un estremista. Un viaggiatore esteta la cui dimora è la strada. Scappato da Atlanta. Mai dovrai fare ritorno perché the west is the best. E adesso, dopo due anni a zonzo, arriva la grande avventura finale. L’apice della battaglia per uccidere l’essere falso dentro di sé e concludere vittoriosamente il pellegrinaggio spirituale. Dieci giorni e dieci notti di treni merci e autostop lo hanno portato fino al grande bianco del Nord. Per non essere mai più avvelenato dalla civiltà, egli fugge, e solo cammina per smarrirsi nelle terre estreme (into the wild)». Alexander Supertramp ( il nuovo nome che si era dato), Maggio 1992.
Il Jon Krakauer nostrano è Paolo Cognetti, lo scrittore che un giorno si è rintanato in una baita al tempo del disgelo per mettersi in cammino, con calma ma con urgenza. Finché anche la baita diventerà una gabbia...Il ragazzo selvatico racchiude un'esperienza: insieme di cose udite all'ombra delle foglie, minuscole intuizioni, silenziose amicizie e citazioni, perché poi nessun compagno di viaggio è mai fedele come un libro Anche Chris nello zaino aveva portato con sé libri per farsi fare compagnia.
Nel Racconto-Quaderno-Il ragazzo selvatico “Avevo così tanti me tra i piedi" scrive l'autore "che a volte la sera uscivo, e andavo a fare un giro nel bosco per stare un po' da solo". L'Alaska di Paolo Cognetti sono le valli del Gran Paradiso che chiudono a sud la val d'Aosta. Angolo rassicurante, paesaggio dove lo scrittore passava le estati da ragazzo. 
I MIEI COLLAGE
Ma allora perché venire qui? Da cosa si scappa, sempre, quando si scappa da casa? Fuori dalla gabbia, via dal mondo globale. Scarponi ai piedi il ritmo delle stagioni il respiro degli alberi che avvolge l'orizzonte il cigolio delle assi nella vecchia stalla il topo che mangiucchia i resti della cena. I ghiri e i tassi, le lepri i fragili caprioli, i maestosi stambecchi, le timide volpi nelle radure. Tronchi sradicati, sorgenti. Sintonia fra cani e pastori. Andare fuori dai sentieri battuti. Leggere le storie scritte nel terreno.

Si scappa da quel sé che non ci appartiene più. Per vedere se nella solitudine della natura ci aspetta un altro io.
COMPORRE UN COLLAGE ---
Ed i riferimenti letterari che lo accompagnano nella stesura dei suoi appunti continuano:"Provo rispetto per l'abete rosso..." l'Arboreto salvatico di Mario Rigoni Stern, a cui fa omaggio insieme agli alberi dei duemila metri: pino silvestre, larice, pino cembro. In questa pagina di quaderno l'autore calibra le parole per renderci partecipi della maeatosità di quegli alberi, di "quel" tronco, di “quel” sentiero. 
 
Esplorato il limite, il ragazzo selvatico raccoglie le sue poche cose e fa dietro front, ritualizzando l'addio alla baita e agli amici immaginari. Lascia il suo "doppio", il temerario Chris McCandless, al destino crudele che ha raccontato Jon Krakauer. Perché proprio la fine è importante in tutte le cose: chi ha detto che il vero eroe è quello che cede all'autodistruzione?
Sul finale si sente il sibilo delle doppiette dei cacciatori che avranno come prede gli animaletti della montagna che il ragazzo ha avuto come amici per quei mesi vissuti in solitudine.

http://www.flaneri.com/fileblog/Paolo-Cognetti-Il-ragazzo-selvatico.jpgDopo aver letto Il ragazzo selvatico – Quaderno di montagna si potrebbe chiacchierare con lui della sua esperienza da “eremita” e della letteratura di genere – da lui esplorata- che vede tra i suoi capisaldi Walden di Thoreau , Primo Levi, Mario Rigoni Stern, Walter Bonatti, Reinhold Messner, Tesson, Thoreau . Infatti leggendo, soprattutto la prima pagina del suo Quaderno, subito torna in mente un racconto di Franzen (da lui stesso citato), contenuto in Più lontano ancora. Una raccolta di saggi in cui, stando alla critica, “ il fatto di scegliere di NON costruire un fil rouge da proporre al lettore comunica poca attenzione al piacere della lettura...una scrittura quella di Franzen come quella di Cognetti asciutta senza essere arida, offre emozioni con uno stile malleabile”

Franzen scrive “Alla fine dello scorso autunno sen­tivo il biso­gno di allon­ta­narmi da tutto. Ero impe­gnato da quat­tro mesi nella pro­mo­zione di un romanzo e pro­ce­devo nella mia tabella di mar­cia in modo mec­ca­nico, sen­ten­domi sem­pre più simile al pic­colo cur­sore che segna l’avanzamento di un fil­mato sul com­pu­ter. A forza di par­larne, ampie por­zioni della mia sto­ria per­so­nale si stavano con­sumando dall’interno. E ogni mat­tina la stessa dose di nico­tina e caf­feina; ogni sera lo stesso assalto all’email; ogni notte lo stesso ricorso all’alcol per quel lampo di pia­cere che intor­pi­di­sce il cer­vello. A un certo punto, dopo aver letto di Masa­fuera, comin­ciai a imma­gi­nare di andar­mene lag­giù da solo, come Selkirk, nell’entroterra dell’isola, che rimane disa­bi­tato tutto l’anno.”
 
È un caso o un riferimento voluto?  Credo che la sua volontà di allontanarsi, oltre il suo “inverno difficile”, sia legata come nel caso di Franzen anche alla volontà di estraniarsi dalla serie di comunicazioni “virtuali” e di vincoli per cercare un tempo più autentico.Perciò credo che il saggio di Franzen sia somigliante alla fuga di Cognetti. 
http://m2.paperblog.com/i/207/2076542/progetto-lampf-le-risposte-di-paolo-cognetti-L-QlG8h_.jpeg
COGNETTI
Altro parallelo con Nelle foreste siberiane di Sylvain Tesson. Forse gli anni che hanno visto il nostro autore ossessionato dalla popolarità (sono felice se ho tante persone intorno) hanno prodotto anche il bisogno opposto, quello dell’eremitaggio. In questo senso vi è un valore politico: la decisione di uscire dalla società, di rifiutarne le regole e i valori, un modo per contestarla, come insegnava Thoreau.  
Ma alcuni di noi con quella paura sentono il bisogno di fare i conti.

L'autore traccia una linea netta tra alpinista e montanaro. Da una parte l’alpinista, l’escursionista, lo sciatore, chi in montagna cerca un’esperienza intensa ma temporanea alla fine della quale si torna in superficie. Dall’altra chi in montagna ci abita e ci lavora. Sono modi diversi di vivere lo stesso luogo: il suo amico pastore non è mai stato su nessuna di queste cime, non sa nemmeno che cosa si veda dall’altra parte del crinale, ma riesce a vivere quassù per mesi in una specie di capanna e ha una conoscenza dell’ambiente di montagna come quella di un naturalista; al contrario, molti alpinisti sanno molto di cime, pareti, roccia e ghiaccio, e quasi nulla di bosco, torrenti, alberi, animali. E poi la prima neve in settembre , certe estati tardive d’ottobre, le piogge interminabili di primavera, il risveglio dal letargo in aprile. Lui voleva vivere l'esperienza del montanaro. 

  
Infine posso intuire perché “quaderno” e non “diario”. Perché, per uno scrittore di narrativa, un testo è sempre mediato da un’idea di scrittura, falsificato per diventare racconto. Anche gli autori che Cognetti ha letto hanno scritto nei loro romanzi di aver trascorso ad esempio due anni nel bosco, ma nel libro gli conveniva fingere che fosse un anno solo, così la storia veniva meglio. Ossia: guardate che quello che state per leggere non è del tutto vero, libertà di romanzare.
 Anche per Cognetti forse è stato così. Quando ha cominciato a lavorare al libro, e a sentire il bisogno di distaccarsi dalla cronaca quotidiana per librarsi verso la scrittura, la scelta decisiva è stata quella di prendere i testi che aveva già, un insieme di pensieri e osservazioni, modificarli dal tempo presente al passato remoto. Doveva trasformare il suo diario in racconto. E poi lo scrivere a mano, così il quaderno è la carta vera su cui è nato il libro.
L'autore mi ha fatto capire cosa intende per uomo di montagna: quello che deve saper fare tanti lavori, essere abile con le mani, costretto ad arrangiarsi ma anche quello che ha visto così poco mondo, letto così pochi libri che può diventare un intollerante pur se è capace di stare da solo. La solitudine, il buio, il silenzio, in montagna diventano quasi dei compagni di vita, forse una vita più desiderabile.
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Percorrendo dunque un sentiero già battuto in precedenza dai mostri sacri che ha letto, Paolo Cognetti mi ha fatto da guida alla scoperta del suo lato eremita, parlando di sé e mettendo a nudo le sue debolezze e le sue risorse, proprio come ogni uomo, eremita sulla cima di una montagna o inghiottito dal traffico cittadino, dovrebbe essere in grado di fare.
http://www.oknotizia.com/wp-content/blogs.dir/10/files/sites/10/2013/07/libri-44.jpg“Ero andato in montagna con l’idea che a un certo punto, resistendo abbastanza a lungo, mi sarei trasformato in qualcun altro, e la trasformazione sarebbe stata irreversibile: invece il mio vecchio nemico spuntava fuori ogni volta più forte di prima.”
 
L’essenzialità che l'autore ha sperimentato in questa avventura in montagna è ricalcata da uno stile narrativo semplice, un linguaggio disadorno, la successione degli eventi lineare come in un diario a cui manca solo l’indicazione della data. Inoltre, Cognetti inserisce molte citazioni da altri scrittori piuttosto che “ complicare” la sua prosa, come se volesse preservare anche la sua scrittura da qualsiasi “artificialità “ e preferisse restare il più distante possibile da una certa pretesa letteraria: piuttosto che un libro destinato alla pubblicazione, sembra infatti di leggere, di sbirciare quasi, le intime confidenze del diario personale dell’autore. 

 

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