Il romanzo di Vasco Pratolini “Cronache di poveri amanti” è un ritratto dell’Italia degli anni Venti e via del Corno, a Firenze, è un misero teatrino di strada che riassume un pezzo di storia d’Italia, dopo la sbornia rivoluzionaria del biennio rosso 1919-1920.
Il libro, scritto nel 1947, racconta le vicende di “povera gente” che vive dietro Palazzo Vecchio, dall’inizio degli anni Venti al 1926. “Povera gente” che si muove nella storia drammatica (e magmatica) dell’Italia del primo dopoguerra, che ha visto i grandi scioperi operai, l’occupazione delle fabbriche, la nascita dei fasci di combattimento e la reazione fascista (e statale) contro la classe operaia e contadina «che voleva fare come in Russia».
"Via del Corno esisteva prima che Dante nascesse, e prende nome non da quello che credete, ma da un “messere” appunto, che possedeva tutte le sue case. […]
E’ lunga cinquanta metri e larga cinque; è senza marciapiedi. Confina ai due capi con via dei Leoni e via del Parlascio, chiusa come tra due fondali: un’isola, un’oasi nella foresta, esclusa dal traffico e dalle curiosità. Occorre abitarvi, o averci degli interessi particolari, per incontrarla.
E’, tuttavia, a pochi metri da Palazzo Vecchio, che la sotterra sotto la sua mole. Il piano stradale è lastricato e leggermente concavo: lo scolo avviene attraverso dei tombini situati al centro. Nei giorni di pioggia la strada è divisa in due da un torrentello: i bambini, tornato il sereno, vi fanno gare di canottaggio con sugheri, bucce e barchette di carta da quaderno. […]"
Pratolini avrebbe potuto scegliere un linguaggio pieno di compassione verso i poveri che sarebbe stato la possibilità più facile. Tanti scrittori e registri hanno scelto questo linguaggio negli ultimi anni, eppure Pratolini non lo fa. Preferisce mescolare il cinismo e la brutalità della povertà con uno stilo ironico, umoristico. L’ironia di Pratolini riesca a dare ai suoi “poveri amanti” una certa dignità e offre al lettore una lettura più facile e anche più emozionante. Non sentiamo solo le sofferenze dei “poveri amanti” ma anche le loro risate. L’umorismo della descrizione di via del Corno e del destino dei suoi abitanti è uno dei punti più forti e dimostra le capacità enormi del poeta Pratolini. È quest’umorismo che secondo me manca spesso a Moravia e a Pavese e altri neorealisti. Cronache generalmente è raccontato in un modo molto calmo, direi quasi lento, che salta da casa a casa, da finestra a finestra. I primi capitoli ricordano molto allo stile di Verga pero poi nella scena che è chiamata “Notte dell’Apocalisse“, si trova un cambiamento. Questo capitolo è raccontato molto più veloce e assomiglia assai a un film americano.
Fa da sfondo alla vicenda una via popolare di Firenze, via del Corno, la stessa in cui l'autore passò alcuni anni della sua giovinezza. Attraverso la memoria il narratore si sente parte integrante delle storie che racconta, e testimone diretto degli avvenimenti. Il libro è un'«amorosa fatica» tributata a personaggi dimenticati dalla grande storia, "vinti" che celano dietro la loro esistenza, apparentemente piatta e sempre uguale, una carica vitale degna dei più grandi eroi. La loro storia è un'«umile epicità» e per questo viene rappresentata coralmente, attraverso una struttura aperta agli intrecci tra i protagonisti, all'equilibrio tra gli eventi, alle gioie e ai dolori che si sovrappongono creando una tensione continua. Le vicende private dei vari personaggi vanno a intrecciarsi con i drammatici eventi che segnarono, nel biennio 1925-26, la storia d'Italia: l'inasprirsi del regime fascista e la sua intolleranza a ogni forma di dissenso. La "cronaca" è riportata attraverso una precisa scelta temporale, il presente storico, che dà alla vicenda il senso dell'eternità, della continuità, inframmezzato da occasionali passati prossimi (che hanno la funzione di permettere brevi flashback), e da rari imperfetti.
Il testo è diviso in tre parti: la prima ripartita in nove capitoli, la seconda in sei e la terza in dieci. La prima parte è una sorta di presentazione dei vari personaggi, la seconda contiene le loro trasformazioni, la rottura degli equilibri, e la terza infine compie, attraverso una maggiore consapevolezza, il ritorno rassegnato all'eterna armonia e inamovibilità del mondo popolare. Questi elementi sono presenti lungo tutto il percorso narrativo, proprio in virtù della polifonia che lo caratterizza. Di questa strada buia e sporca, via del Corno, è difficile dire quale sia la figura di maggior spicco. Ognuna può raccontare di sé una storia di dolore, sia che si perda sulle scale di un bordello, come la giovane Elisa, sia che viva appartata come la «Signora», una vecchia e temuta donna che dal suo letto domina e controlla tutti gli avvenimenti della strada.
«Per la prima volta Pratolini esclude sé dal racconto, taglia fuori il pronome io. Momento sempre importante nella vita di un narratore che nacque poetico; perché quel primo e Poetico io gli era pur misura e freno alle cose», scrisse Pietro Pancrazi, che proseguiva notando nel suo stile «un eccesso di abbandono o languore o corrività».
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