Giro d'Italia Letterario - 19 ottobre |
ABRUZZO, LA MARSICA...INCONTRO CON SILONE
La Marsica si trova nell'Abruzzo interno (QUI IMPORTANTI CENNI STORICI), terra di origine dell'antico e combattivo popolo dei
Marsi, (nonchè della famiglia di mio padre ). Luogo ricco di storia e di
natura: del resto l'orso bruno marsicano prende il nome da
questa terra. Regione, zona che ha visto numerosi cambiamenti, trasformazioni sociali ed
economiche, territorio a misura d'uomo che spesso ha dovuto subire (per
il bene di pochi) soprusi da parte di popoli invasori, signorotti e
politici.
La Marsica era
caratterizzata fino alla fine del XIX secolo, dalla presenza del lago Fucino, uno dei più grandi del nostro Paese.
ANTICA MAPPA |
L'economia era basata sulla
pesca e sulla coltivazione di ulivi e alberi da frutto cosa resa
possibile, fra le montagne abruzzesi proprio, dalla presenza del bacino
idrico che mitigava il clima premettendo la presenza di quel genere di
colture.
LAGO DEL FUCINO |
Terminati nel 1878 i lavori di prosciugamento del lago, il Fucino subì una profonda trasformazione sia
economica che sociale: non era più possibile pescare e l'assenza del
lago portò ad un irrigidimento del clima che non permise più la
coltivazione degli alberi da frutto. Tutta la conca del Fucino si trovò in un grave stato
di povertà e miseria.
CANALE COLLETTORE PER IL PROSCIUGAMENTO |
DUNQUE ...l’acqua nella realtà ambientale del romanzo...
L'equilibrio alimentare e
produttivo ancora oggi si basa sulla disponibilità ma anche sul
controllo dell'acqua. Anche il più piccolo corso d' acqua
garantisce una produzione agricola. Le acque amiche o nemiche per
alluvioni, frane, fiumare sono causa dell'abbandono o
dell'arroccamento della popolazione di un paese, di
stabilità o mobilità delle popolazioni. Sorgenti,canali, fontane
diventano punto di incontro e di riposo presso i quali i contadini si
incontrano, parlano e si scambiano osservazioni. Ma non solo: i
«luoghi d' "acqua" diventano anche luoghi di socializzazione e di
trasgressione. Le antiche civiltà fluviali hanno trovto in questo elemento la base della loro prosperità, offrendo
un terreno di incontro di scambio e di contatto tra diverse culture e
incidendo profondamente sulla distribuzione degli insediamenti umani
e sulle loro vicende. Ogni comunità rivierasca intreccia un legame
materiale e simbolico che esprime anche nella dimensione culturale.
Nel Sud dell'Italia la
presenza di irrigazione nelle campagne ha sempre marcato una
divisione tra la coltivazioni estensive e ricche e la piccola media
proprietà : in Fontamara di Silone, il podestà del paese e i
proprietari terrieri sottraggono ai contadini persino l'acqua con la
quale irrigano gli orti da cui ottengono i pochi prodotti che
assicurano un precario sostentamento. Nel romanzo l'acqua, elemento
vitale, assurge a metafora dell'oppressione che conoscono le
popolazioni meridionali, della loro volontà di riscatto e rinascita.
LA FONTE AMARA
La prima opera, "Fontamara", a cui ancora oggi è legata la notorietà di Silone in misura
maggiore, dentro e fuori dall'Italia, fu scritta nel 1930 a Davos, in
Svizzera: nome immaginario di un piccolo
villaggio di montagna, derivato da Fonte amara, ricco di significati
allusivi per i fatti che vi si svolgono.
Nel 1948, dopo 18 anni di
notorietà internazionale, la casa editrice Mondadori pubblica il
volume Fontamara di Silone, simbolo dell' Universo
contadino - paese marsicano.Autore: Ignazio Silone, pseudonimo di Secondo Tranquilli, nato a Pescina l’1/5/1900 e morto a Ginevra il 22/8/1978.
Titolo: Fontamara.
Editore: Arnoldo Mondadori Editore, collana “Oscar Mondadori”.
... 36 anni fa avveniva la sua morte....scrittore dalla parte dei "cafoni"
DOVE E' SEPOLTO |
AMBIENTAZIONE DEL ROMANZO
" A chi guarda Fontamara da
lontano, l'abitato sembra un gregge di pecore scure e il campanile un
pastore. Un villaggio insomma come tanti altri, ma per chi vi nasce e
cresce, il cosmo".(I. Silone, Fontamara).
Nella prefazione
del libro, prima fondamentale testimonianza della poetica di Silone,
l'autore afferma di aver dato questo nome a un "antico e oscuro
luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a settentrione del
prosciugato lago di Fucino, nell'interno di una valle, a mezza costa
tra le colline e la montagna ». E, quasi a voler sottolineare il
nesso per lui indissolubile tra invenzione fantastica e realtà
storica, oltre che la proiezione universale degli « strani fatti »
accaduti nel corso di un'estate, aggiunge:
« Fontamara somiglia
dunque, per molti lati, a ogni villaggio meridionale il quale sia un
po' fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori delle vie del
traffico, quindi un po' più arretrato e misero e abbandonato degli
altri. Ma Fontamara ha pure aspetti particolari. Allo stesso modo, i
contadini poveri, gli uomini che fanno fruttificare la terra e
soffrono la fame, i fellahin, i coolis, i peones, i mugic, i cafoni,
si somigliano in tutti i paesi del mondo; sono, sulla faccia della
terra, nazione a sé, razza a sé; eppure non si sono ancora visti
due poveri in tutto identici ».
Fontamara, ideale
paesino di contadini poveri situato nella Marsica, è un po’ fuori mano. A chi sale al paese dalla piana del Fucino, appare disposto sul fianco della
montagna grigia brulla e arida come una gradinata. Sono
visibili le porte e le finestre della maggior parte delle case: un
centinaio di casucce quasi tutte a un piano, irregolari, informi,
annerite dal tempo e sgretolate dal vento, dalla pioggia, dagli
incendi, coi tetti mal coperti da tegole e rottami d’ogni sorta. La
maggior parte di quelle catapecchie non hanno che un’apertura che
serve da porta, da finestra e da camino. Nell’interno, per lo più
senza pavimento, con i muri a secco, abitano, dormono, mangiano,
procreano, talvolta nello stesso vano, gli uomini, le donne, i loro
figli e gli animali. La parte superiore di Fontamara è dominata
dalla chiesa (dedicata a San Rocco) col campanile ed una piazzetta a
terrazzo alla quale si arriva per una ripida via che attraversa
l’intero abitato, e che è l’unica via da dove posano transitare
i carri. Ai fianchi di questa vi sono stretti vicoli laterali, per lo
più a scale, scoscesi, brevi, coi tetti delle case che quasi si
toccano e lasciano appena scorgere il cielo. A chi guarda Fontamara
da lontano, l’abitato sembra un gregge di pecore scure e il
campanile il pastore. Un villaggio insomma come tanti altri.
Nella premessa,
il narratore è lo stesso Silone. Le vicende, invece, sono
raccontate all’autore da tre fontamaresi (Giuvà, Matalè e il loro
figlio). L'autore immagina di
essere stato raggiunto nel suo esilio svizzero dai tre Fontamaresi: un
uomo, sua moglie e il figlio, i quali gli riferiscono gli ultimi
"strani" avvenimenti accaduti in paese. Questi sono fortunatamente scampati al massacro.
"Su Fontamara non ci sarebbe niente
da dire, se non fossero accaduti gli strani fatti che sto per
raccontare... Per vent'anni il solito cielo, circoscritto
dall' anfiteatro delle montagne che serrano il feudo come una
barriera senza uscita; per venti anni la solita terra, le solite
piogge, il solito vento, la solita neve, le solite feste, i soliti
cibi, le solite angustie, le solite pene, la solita miseria: la
miseria ricevuta dai padri, che l' avevano ereditata dai nonni, e
contro la quale il lavoro onesto non è mai servito a niente. Le
ingiustizie più crudeli vi erano cosí antiche da aver acquistato la
stessa naturalezza della pioggia, del vento, della neve. La vita
degli uomini, delle bestie e della terra sembrava cosí racchiusa in
un cerchio immobile saldato dalla
chiusa morsa delle montagne e dalle vicende del tempo".
(FONTAMARA, 1988, p.5)
I PERSONAGGI
Silone fa innanzitutto una distinzione fra il bene e il male, identificati con i cafoni e i galantuomini. Tutti i cafoni non vanno considerati singolarmente, ma come un gruppo di persone sottoposte allo stesso triste destino, descritte spesso in un modo piuttosto comico, che riflette purtroppo la loro condizione: l’ignoranza, la povertà, la fiducia ingenua nelle autorità, la diffidenza nei confronti del governo. Con la cultura, i galantuomini possono ingannarli senza difficoltà; per fortuna i fontamaresi hanno anche la “furbizia contadina” che consiste nel trarre vantaggio anche da situazioni molto sfavorevoli, ad esempio quando si fanno pagare da don Circostanza per i voti dei morti.
Silone fa innanzitutto una distinzione fra il bene e il male, identificati con i cafoni e i galantuomini. Tutti i cafoni non vanno considerati singolarmente, ma come un gruppo di persone sottoposte allo stesso triste destino, descritte spesso in un modo piuttosto comico, che riflette purtroppo la loro condizione: l’ignoranza, la povertà, la fiducia ingenua nelle autorità, la diffidenza nei confronti del governo. Con la cultura, i galantuomini possono ingannarli senza difficoltà; per fortuna i fontamaresi hanno anche la “furbizia contadina” che consiste nel trarre vantaggio anche da situazioni molto sfavorevoli, ad esempio quando si fanno pagare da don Circostanza per i voti dei morti.
CARATTERISTICA CULTURALE
I
cafoni sono ignoranti, sono per lo più analfabeti: sanno fare solo la
propria firma. La mancanza di istruzione impedisce loro di capire il
discorso del cav. Pelino, e tale incomprensione è origine di molti
mali. Anche la politica risulta estranea ad essi: non sanno,
infatti, nulla del regime fascista allora al potere, e quando devono
gridare “Viva chi?” non sanno cosa dire.
CARATTERISTICA SOCIALE
CARATTERISTICA SOCIALE
Il vivere sociale per i cafoni si articola in tre ambiti:
1) ambito religioso
2) politico
3) dei rapporti interpersonali
1) I cafoni hanno una religiosità marcata, vissuta in modo superstizioso e si esplica in una profonda devozione verso i santi.
2) Nonostante siano fiduciosi nelle autorità, quando si rendono conto del carattere dittatoriale del governo fascista, nasce in loro una forte diffidenza.
3) I cafoni si sentono presi di mira dagli altri contadini: infatti, quando subiscono torti, pensano di essere vittime di scherzi organizzati dagli abitanti dei paesi vicini
CARATTERISTICA ANTROPOLOGICA
1) ambito religioso
2) politico
3) dei rapporti interpersonali
1) I cafoni hanno una religiosità marcata, vissuta in modo superstizioso e si esplica in una profonda devozione verso i santi.
2) Nonostante siano fiduciosi nelle autorità, quando si rendono conto del carattere dittatoriale del governo fascista, nasce in loro una forte diffidenza.
3) I cafoni si sentono presi di mira dagli altri contadini: infatti, quando subiscono torti, pensano di essere vittime di scherzi organizzati dagli abitanti dei paesi vicini
CARATTERISTICA ANTROPOLOGICA
I cafoni si comportano in
modo impulsivo senza pensare alle conseguenze delle proprie
azioni, agendo, però, sempre in buona fede. Tra i cafoni spesso
nascono liti anche in momenti molto delicati; nonostante
questo, però, essi rimangono uniti perché le loro azioni
frequentemente avvengono di comune accordo. Non si può dire, però,
che i cafoni abbiano autonomia d’azione, essi si fanno anche
trascinare dalle decisioni altrui, per esempio quando il primo
cafone firma il foglio al cav. Pelino tutti, uno dopo l’altro, lo
seguono. Sono inoltre piuttosto ingenui e si fidano di tutti
fino a quando capiscono di essere stati ingannati e allora diventano
molto diffidenti.
Solo Berardo Viola si
distingue tra i cafoni per la sua dinamicità: prima è presentato
come un ribelle, poi comincia a pensare solo ai fatti suoi, quando ha
intenzione di rifarsi la terra per sposare Elvira; ed infine, alla
morte di Elvira, sarà il primo cafone a sacrificarsi per gli
altri.
Berardo appare come l’eroe dei fontamaresi, in particolare dei giovani.
La storia della sua famiglia sembra riservargli una vita piena di difficoltà che egli supera come un lottatore.
Berardo ha un forte attaccamento alla terra e un ancora più grande amore nei confronti di Elvira. Egli pensa che un cafone senza terra non sia tale, infatti vede la proprietà come il segno della dignità di un uomo, perciò cerca a tutti i costi di guadagnare qualcosa per comprarsi la terra e in seguito sposare Elvira.
Questo amore è un sentimento ardente, e il giovane diventa violento nei confronti di chi osa mettere gli occhi sulla sua donna.
Anche il personaggio di Elvira è molto importante, motore delle azioni di Berardo. Donna dal carattere molto forte, si arrenderà solo dopo l’assalto dei fascisti al paese, questo avvenimento la porterà a consacrare la propria vita alla Madonna.
Berardo cambia modo di comportarsi a seconda del luogo in cui si trova, ma una caratteristica accomuna tutti i suoi modi di agire: quella di volersi ribellare.
Berardo appare come l’eroe dei fontamaresi, in particolare dei giovani.
La storia della sua famiglia sembra riservargli una vita piena di difficoltà che egli supera come un lottatore.
Berardo ha un forte attaccamento alla terra e un ancora più grande amore nei confronti di Elvira. Egli pensa che un cafone senza terra non sia tale, infatti vede la proprietà come il segno della dignità di un uomo, perciò cerca a tutti i costi di guadagnare qualcosa per comprarsi la terra e in seguito sposare Elvira.
Questo amore è un sentimento ardente, e il giovane diventa violento nei confronti di chi osa mettere gli occhi sulla sua donna.
Anche il personaggio di Elvira è molto importante, motore delle azioni di Berardo. Donna dal carattere molto forte, si arrenderà solo dopo l’assalto dei fascisti al paese, questo avvenimento la porterà a consacrare la propria vita alla Madonna.
Berardo cambia modo di comportarsi a seconda del luogo in cui si trova, ma una caratteristica accomuna tutti i suoi modi di agire: quella di volersi ribellare.
AMBIENTAZIONE STORICA
L’opera è stata composta nel 1930, ma è ambientata
nel XX secolo, la narrazione parte dal 1 giugno del 1929, durante il periodo della nascita della dittatura
fascista nel meridione, mentre nel settentrione essa era avvenuta
qualche tempo prima.
In un primo
momento i fatti si svolgono a Fontamara, nelle campagne e nei paesi
vicini. Nell’ultima parte del romanzo l’azione si sposta a Roma. Il regime fascista viene criticato dall’autore.
PER CAPIRE L'UNIVERSALITA'
DEL ROMANZO DI SILONE
«Guardate Silone»
disse Camus. «Egli è radicalmente legato alla sua terra, eppure è
talmente europeo.» Infatti la problematica sociale politica religiosa ha sempre trovato un’eco
immediata negli altri Paesi, dove i suoi libri continuano a essere
tradotti e discussi
" Questo racconto
apparirà al lettore straniero, che lo leggerà per primo, in
stridente contrasto con la immagine pittoresca che dell’Italia
meridionale egli trova frequentemente nella letteratura per turisti.
In certi libri, com’è noto, l’Italia meridionale è una terra
bellissima, in cui i contadini vanno al lavoro cantando cori di
gioia, cui rispondono cori di villanelle abbigliate nei tradizionali
costumi, mentre nel bosco vicino gorgheggiano gli usignoli. Purtroppo,
a Fontamara, queste meraviglie non sono mai successe. I
Fontamaresi vestono come i poveracci di tutte le contrade del mondo.
E a Fontamara non c’è bosco: la montagna è arida, brulla, come la
maggior parte dell’Appennino. Gli uccelli sono pochi e paurosi, per
la caccia spietata che a essi si fa. Non c’è usignolo; nel
dialetto non c’è neppure la parola per designarlo. I
contadini non cantano, né in coro, né a soli; neppure quando sono
ubriachi, tanto meno (e si capisce) andando al lavoro."
Cercare di dare
un quadro generale, facendo un'analisi
anche dello stile che lo scrittore ha utilizzato per sottolineare alcune
caratteristiche dei personaggi e dell'opera stessa, non è stato compito semplice.
Sono andata forse oltre quello che è il messaggio (tra l'altro
molto chiaro ed esplicito) che Silone invia ai lettori: egli,
confinato in Svizzera, esprime il suo disprezzo nei confronti della
dittatura fascista e invita gli oppressi a ribellarsi contro ogni
ingiustizia o li esorta almeno a provarci, attraverso la voce di
Berardo Viola e dei suoi compaesani fontamaresi, i quali lotteranno
contro una nuova realtà politica e sociale che li costringe ad una
condizione ancor più disperata e misera di quella alla quale sono
abituati e che hanno accettato con una sorta di rassegnata
religiosità popolare, in quanto era stata data loro da Dio ed era
rimasta immutata nei secoli:
"[.]E Michele pazientemente gli
spiegò la nostra idea: «In capo a tutti c'è Dio, padrone del
cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe di Torlonia,
padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono
i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla.
Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch'è
finito.»"
.
2 commenti:
Sempre molto dettagliate le tue analisi.
Apprezzo moltissimo l'introduzione storico - geografica, che è poi il terreno su cui è nato il Giro d'Italia Letterario :)
alla prossima
simonetta
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