30 SETTIMANE DI LIBRI..25° LETTURA..UN LIBRO TRA LE MANI
ZONA DISAGIO - FRANZEN
ZONA DISAGIO - FRANZEN
Dopo aver letto di
Freedom di Jonathan Franzen, Einaudi - libro di cui ho fatto
un commento QUI-, col tempo mi sono appassionata a recensioni,
articoli, segnalazioni sull'argomento ed ho deciso di leggere Zona disagio. Scelta saggia perché il libro è anche una sua
autobiografia. Non che sia una storia cronologicamente e
ordinatamente narrata della sua vita, ma piuttosto un percorso,
attraverso varie questioni – la vendita della casa dei suoi
genitori, l’apprendimento della lingua tedesca, la sua passione per
il bird watching, le meravigliose striscie dei Peanuts - in cui
passato e presente si intersecano, vi sono ampie e profonde
digressioni su fenomeni culturali della società americana , ricordi
insieme a poesie e altre opere letterarie.
La sua vita da nerd (
maniaco della tecnologia un po' anni '80) che tenta la redenzione
dalla “morte sociale” negli anni dell’infanzia e adolescenza, è
una parabola abbastanza comica e sgangherata, con sorprese che non ci
si aspetta. Franzen ha una scrittura sapientemente controllata,
densa: di informazioni, di entusiasmo, di passione, di contenuti e
scoperte. Ad ogni pagina, sai qualcosa in più dell’autore e
leggendolo si impara qualcosa del Faust, su Mutton, imprevedibile
figura dell’associazionismo cattolico americano, qualche aneddoto
sulla vita di Charles Schulz e anche innumerevoli specie di volatili
le cui differenze di piume e versi possono affascinare molte persone.
E proprio per l’abbondanza di informazioni, si dice che Franzen sia
uno scrittore massimalista e pure strambo .
Con Franzen si
passa attraverso un insieme di emozioni e informazioni, anche se il
percorso di lettura è estenuante. All’inizio, la
lettura di Zona disagio ha provocato in me una attrazione subitanea,
con il desiderio di leggerlo senza fare pause e con il compiacimento
nel ripensare ad alcune sue parti: si scoprono cose nuove ma ad un certo punto, improvvisamente,
circa a metà, ci si accorge che, comunque, è complicato …
Non perché il libro
piaccia di meno o si sia rimasti delusi da qualche parte che si è
letta, ma perché le cose di cui tenere conto sono tante,
importanti, interessanti, e tenere il filo di tutto nel modo giusto è
complesso.
.....un libro che si fa amare, il cervello
associa rapidamente qualcosa relativo alla sfera affettiva; lo stesso Franzen mostra un esempio di come possono
diventare complicate le cose belle parlando dell’empasse che ha
vissuto nel suo matrimonio.Il libro è quella
zona della memoria, del cuore, in cui ci sono i nostri ricordi, che
provocano una strana sensazione tra imbarazzo e malinconia ed anche
un certo senso di disagio come libro di memorie, un bestseller
man.
Franzen attrae perché sa
raccontare storie che parlano da sé, che mostrano al lettore un
mondo, una società, un’identità, quella middle class statunitense
che si avvia lentamente al declino, in cui riconoscersi. Un’umanità
disumana per quanto è vera, quotidiana e semplice, tratteggiata con
il rigore letterario, lo sguardo acuto e un linguaggio asciutto,
egli sa far ridere con ironia sottile e sa far piangere per il
rammarico verso se stessi.
Verità
chiare, personaggi verosimili tanto da sembrare che
stiano per saltar fuori dalla pagina al punto da sembrare irreali,
e drammaticamente fedeli alla realtà. Quella realtà a cui Franzen
guarda con disincanto e meraviglia, ma soprattutto con la voglia di
ricrearla, attraverso i suoi libri, unico artefice dei suoi mondi che
sono innanzitutto una via di fuga dalla realtà. ...un tentativo,
ormai quasi sovrumano, di rimanere “umano”.
"[…] le proiezioni della
gente sui personaggi noti sono solo questo: proiezioni. Io ambisco a
restare un essere umano, che magari lascerà qualcosa di interessante
stampato su una pagina"
CHI E' FRANZEN
scrittore che ha messo a nudo le nevrosi della middle-class americana
???...
....un adolescente di
quarantasette anni ancora indeciso tra la parte dello scrittore
brillante di oggi, e quella del secchione con gli occhiali spessi e
il sorriso timido che era ieri; egli può considerarsi un esperto in
materia di adolescenza: malattia che secondo lui, segnala come
sintomo principale quell' imbarazzata consapevolezza di sé che è
il contrario della disinvoltura. Ora, immaginiamocelo alle prese con
l'unire questa self-consciousness adolescenziale con la sensazione
che qualunque momento si stia vivendo, anche significativo, non è
mai «la vera storia», che la vita vera debba sempre ancora
cominciare, «una crudele mistura di consapevolezza e irrilevanza,
un senso di vuoto interiore, che basterebbero da soli a spiegare il
motivo di tanta rabbia...infatti ...Ma quando comincia la vera
storia?» si chiede nel libro questo scrittore la cui vera storia,
è cominciata quando tutto d' un colpo, a quarantun anni, è
diventato grande e allo stesso tempo ricco, celebre e ammiratissimo,
grazie a uno dei romanzi più perspicaci e ambiziosi del nuovo
secolo, Le correzioni.
INTERVISTATOLO …MI HA
OFFERTO UNA TAZZINA DI CAFFE'...
- SI SENTE ANCORA UN
IMBRANATO ?
- Quasi ogni giorno
ringrazio di esser diventato l' adulto che speravo di diventare
quando avevo diciassette anni. Rinforzo le braccia in palestra; sono
ormai piuttosto bravo con gli attrezzi. Ma allo stesso tempo, quasi
ogni giorno perdo la battaglia col diciassettenne che vive ancora
dentro di me. Mangio mezza scatola di cereali per pranzo, faccio
abbuffate di televisione, esprimo schiaccianti giudizi morali, giro
per la città con i jeans strappati, bevo martini di martedì sera...
Faccio finta di essere immortale.
- CHI GLIELO HA FATTO
FARE DI SCRIVERE UN LIBRO DI RICORDI?
- Zona disagio, è
certamente un memoir e ora che mi trovo nel mio appartamento nell'
Upper East Side a preparare caffè per due, posso dire che me lo ha
fatto fare il diavolo . Pura smania di scrivere qualcosa di diverso
dalle Correzioni, in cui avevo messo dentro così tanto che alla fine
mi sembrava di aver fatto a pezzi anche la scrivania per cacciarla
nella stufa».
- VI SONO CONTAMINAZIONI
CON CORREZIONI?
-Saranno contenti gli
appassionati di quel mio romanzo ironico sul caos della nevrosi in
una media famiglia disfunzionale americana, di scoprire che il nuovo
libro contiene molti semi delle Correzioni. Ad esempio la figura del
padre rigido e gran lavoratore che con l' età perde la ragione, e
della madre casalinga con aspirazioni borghesi come abitare in un
quartiere «giusto», che sono l' evidente modello per Alfred
Lambert e sua moglie Enid, la quale, nel suo «giusto» sobborgo di
una città del MidWest, continua instancabile fino alla fine a
pianificare il perfetto Natale di una famiglia americana.
- COSA RACCONTANO I SEI
CAPITOLI DI ZONA DISAGIO?
Mia madre è morta circa
un anno prima che terminassi Le correzioni ed è stato come
svegliarmi una mattina e trovare recisi tutti i fili che mi legavano
a ciò che ero stato. Modi di pensare, valori, principi. Ai miei
genitori piccolo borghesi non rimanevano molte scelte, una volta
pagati i conti, eppure parlavano sempre di cose come rendersi utili
agli altri, servire la società, avevano coscienza di essere parte di
un tutto. Poi io improvvisamente ho fatto una conquista, nel senso
che ho scritto un libro di cui potevo andare orgoglioso. E ho pensato
di aver dato il mio contributo all' avanzamento del romanzo
americano. La storia che racconto nei sei capitoli di Zona disagio
(morte della madre, boy scout, imparare il tedesco, Peanuts, bravate
liceali, birdwatching e fine del matrimonio), è quella di un'
infanzia protetta dalla Guerra Fredda e dalla famiglia mononucleare
che ancora non si era polverizzata nella cultura del divorzio. Ed è
anche la mia storia di un ragazzino con gli occhiali di corno e la
voce stridula, con una paura blu delle ragazze, un laboratorio di
chimica in cantina e una padronanza di vocabolario impressionante,
anche se ero in imbarazzo perché non conoscevo o non volevo
conoscere il mondo delle donne.
-E' COME SE NEL SUO LIBRO
VOLESSE SPOGLIARE L' ADOLESCENZA DELL'ABBELLIMENTO?
- Sono pronto ad alzare
la mano e ad ammettere di esser stato un piccolo ego maniaco.
Penosamente e perennemente preoccupato di nascondere la mia
inadeguatezza. E invece in questo Paese ti dicono cento volte al
giorno che la cosa migliore della vita è essere adolescenti. Ti
chiedono: chi si diverte più di un sedicenne o di un ventenne?
Quando invece la vera domanda è: chi ha più potere d' acquisto?
Tutto il marketing in America si rivolge a loro.
QUESTO ATTEGGIAMENTO
DANNEGGIA?
- Credo che questo
atteggiamento danneggi gli adolescenti di oggi. Almeno negli anni 60
e 70 si è avuto il lusso di sapere che gli adolescenti non
contavano niente. L' America era un Paese adulto, e si poteva fare
qualunque corbelleria, perché non importava. Ora devi apparire in un
certo modo...devi essere uguale alla pubblicità, se no è un
problema. Che peso sulle spalle dei ragazzi!
- ANCHE NOI PERO'
ERAVAMO CONFORMISTI, NON BISOGNA DIMENTICARLO
- No, certo, ma almeno il
nostro conformismo non era dettato dalle agenzie di pubblicità della
Apple Computers. Oggi penso che il regalo più grande che si possa
fare a un diciottenne è dirgli poverino, lo sai che sei un po'
ridicolo? Quanto a me, posso esser stato felice e ingenuo ma ero
ridicolo e testardamente irragionevole. Ecco cosa ho scoperto,
scrivendo questo libro: il me stesso ridicolo, testardo e
irragionevole che mi sono sempre portato appresso. Riconiscerlo è
una vittoria.
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