Salta all’occhio a chi ama la poesia quella di Montale è ricchissima di elementi o riferimenti botanici d’ogni genere.
Sfogliando poi la bibliografia riguardante il tema ci si imbatte nell’esauriente opera di Marcella Pozzi e Luca Notari “Fiori e piante nella poesia di Pascoli e di Montale dove si evidenzia che il poeta stesso ammette la sua passione per le piante, come in una sua lettera al traduttore iugoslavo Mladen Machiedo su chiarimenti per la traduzione dell’“erbaspada”:
“So poco di botanica e di zoologia, eppure le mie poesie sono
piene di animali e di piante.”
Le sue denominazioni di piante e fiori sono tratte solo in parte dall’erbario della tradizione letteraria, provengono dall’uso familiare di questo o quell’altro termine botanico. La predilezione del poeta per termini non troppo sofisticati lo capiamo dai primi versi della bella e nota poesia
I limoni
Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.
da Montale Eugenio, L’opera in versi, ed. critica di Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini, Torino, Einaudi, 1980.
In questi versi Montale si distanzia dai luoghi letterari in cui si muovono i poeti laureati quei luoghi letterari che definisce attraverso l’elencazione d’una serie di piante che fanno parte d’una certa tradizione letteraria.
Montale manterrà un rapporto difficile con le piante umanistiche, così come ci testimonia un passaggio tratto da una prosa di genere fantastico della raccolta La farfalla di Dinard:
"La natura mi dice qualcosa quando è incolta e negletta [...] A un campo di spighe dorate preferisco un prato pieno di gramigna e spine. [...] Preferisco l‘orto al podere, il bosco al seminato.
Piante e solarità
Il rapporto piante-sole può quasi sembrare banale poichè nutrendosi di luce solare le piante dipendono essenzialmente dal sole. La solarità in Momtale non si manifesta separata o in funzione delle piante ma attraverso di esse come ho osservato ne
I limoni. All’inizio del componimento il poeta si dirige, attraversando un ambiente a lui caro, verso gli orti «tra gli alberi dei limoni» ed arrivato a destinazione, gradualmente tutti i sensi tendono a focalizzarsi sull’esperienza degli alberi. I poeta « ascolta il sussurro / dei rami amici», quasi umani, a differenza della guerra che lontano tace. Infine all’odore dei limoni di cui l'aria è ricca, il poeta si lascia andare celebrando quell' aroma che regala ricchezza soltanto a chi lo sa apprezzare, ai poveri.
Il girasole, senhal dell’amata Clizia ( Irma Brandeis), è un’altra pianta che esprime solarità in Montale. La forma e il colore della fioritura, il nome derivato dalla sua capacità d’orientare continuamente la corolla verso il sole, lo rendono “solare”. Il girasole ricorre ben otto volte nella poesia di Montale, fra queste una volta addirittura nella sua forma lessicale più dotta di «eliotropio» , usata forse per accentuare ulteriormente il distacco dalla barbarie del peropdo stporico descritto.
Ma il componimento in cui maggiore è la presenza del girasole è :Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Piante inondate di luce
Poeticamente importanti anche quelle piante che vengono letteralmente inondate di luce
Come la scaglia d’oro che si spicca
dal fondo oscuro e liquefatta cola
nel corridoio dei carrubi ormai
ischeletriti, così pure noi
persone separate per lo sguardo d’un altro? […]
La luce ha bagliori al tramonto in mezzo all’intricato untreccio di rami, quasi rifrangendosi in lame di mille scaglie dorate. La descrizione del fenomeno che coinvolge gli occhi è la pietra di paragone per la situazione delle due persone, che in passato unite, così come lo era la luce, si trovano ora ad essere quasi inconsapevolmente «separate per lo sguardo d’un altro?».
Il carrubo coi suoi rami particolarmente intricati è un albero prediletto dal poeta per i giochi di luce
Il noce, che è paragonabile in quanto a dimensioni di fusto e rami al carrubo, si presenta anch’esso(Barche sulla Marna, Le Occasioni:
Voci sul fiume, scoppi dalle rive,
o ritmico scandire di piroghe
nel vespero che cola
tra le chiome dei noci […].
Piante fonti di luce
Le piante nella poesia di Montale non sono solo capaci di subire più o meno passivamente un’irradiazione di luce, ma anche di diventarne loro stesse fonti. Non bisogna cercare a lungo per imbattersi in uno degli esempi più celebri :
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Il croco non è sconosciuto alla tradizione letteraria più antica, basta che io ricordi «sul morbido prato dove il croco e il giacinto […] fioriscono» degli Inni omerici che ricorda
molto i versi montaliani
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