...APPUNTAMENTO CON JOVINE
Ci si chiede ancora come è
possibile che uno dei romanzi più importanti della nostra storia
risorgimentale e della letteratura italiana del Novecento sia finito
per tutti questi anni nel dimenticatoio?
Uscito nel 1942 e poi nel 1967 nella collana pedagogica della Einaudi a cura della moglie Dina Bertoni, Signora Ava di Francesco Jovine (1908-1950) è uscito in una nuova edizione Donzelli per iniziativa di Goffredo Fofi che ne ha firmato l’introduzione in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Uscito nel 1942 e poi nel 1967 nella collana pedagogica della Einaudi a cura della moglie Dina Bertoni, Signora Ava di Francesco Jovine (1908-1950) è uscito in una nuova edizione Donzelli per iniziativa di Goffredo Fofi che ne ha firmato l’introduzione in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia.
Frutto di un lungo lavoro (Jovine lo terminò nel
1929, ma fino alla pubblicazione lo sottopose a un preciso cesello di revisione al fine di far aderire la materia trattata al giusto
linguaggio), il romanzo è ambientato a Guardalfiera, una cittadina
del Molise di 2000 anime e 10 preti, alla vigilia dell’Unità
d’Italia e alla fine del regno borbonico.
La “Signora Ava” del
titolo è una figura leggendaria del folclore
molisano, simbolo di tempi lontani, passati per sempre, direi
favolosi.Il romanzo è diviso in due parti, ognuna composta da
15 capitoli non numerati. Nella prima parte si tratta della vita
quotidiana del piccolo borgo, che scorre placida, scandita dai ritmi
della terra, tra occupazioni contadine, beghe di paese, storie che si
intrecciano mentre le notizie del mondo esterno giungono raramentee solo approssimative e distorte. Lo scenario è quello della grande
casa della famiglia de Risio, piccoli feudatari locali. Al centro
c’è don Giovannino, detto il Colonnello, direttore e insegnante
della scuola privata frequentata dai giovani rampolli della zona.
Protagonisti sono però Don Matteo, un prete di campagna,
contestatario e dai tratti poco legati al suo ruolo, malvisto dai sacerdoti del
circondario, che qualcuno ha voluto accostare a Don Abbondio, ma dal
quale si discosta per maggiore volontà, e Pietro Veleno, giovane contadino e “servo” della famiglia de Risio, orfano di
padre e innamorato della coetanea Antonietta de Risio. Il loro sembra
tuttavia un amore impossibile, date le differenze sociali: Pietro fa
parte della categoria dei “cafoni” mentre Antonietta di quella
dei “galantuomini”.
Nella seconda parte la Storia irrompe nel racconto, movimentando e sconvolgendo il ritmo pacato di vita degli abitanti di Guardalfiera. Si ode l’eco lontana dell’impresa dei Mille di Garibaldi, mai citato. Si sa solo che c’è la guerra di un re “straniero” che combatte contro Francesco I di Borbone. Molti giovani partono, anche Pietro Veleno e un suo compare Carlo Antencci, unendosi alla banda dei ribelli guidata da Sergentello, un soldato del disciolto esercito borbonico, che combatte la Guarda Nazionale piemontese. Pietro impara a uccidere, rubare, saccheggiare persino un convento dove ritrova Antonietta. La conduce con sé. La vita alla macchia porta a fa maturare l’amore tra i due giovani che sperano di poter fuggire e raggiungere il franco Stato Pontificio. Ma intanto l’esercito piemontese avanza inesorabile.
Se prendiamo il punto di vista dei paesani, che nulla sanno di quel che accade oltre i confini del proprio territorio, il romanzo rievoca in chiave favolosa un’epoca antica nella quale affondano le radici i problemi storico- sociali che hanno travagliato e tuttora travagliano il Meridione, mediante una scrittura frammentaria di tendenza verghiana che però risente anche della contemporanea ondata neorealista.
DOVE SI TROVA LA GRANDEZZA DEI QUESTO AUTORE??
La grandezza di Jovine, figlio di
un agrimensore emigrato in Argentina, si trova nel mostrare la casualità
della Storia, secondo la lezione di Tolstoj, nella quale i personaggi
vengono travolti dai fatti. La stessa ribellione di Pietro Veleno, a
differenza di Luca Marano, protagonista dell’altro romanzo, forse
più noto, dell’autore, Terre del Sacramento, non deriva da una
maturazione politica e sociale, ma da circostanze esterne, estranee
alla sua volontà.
... FRANCESCO JOVINE, LE SUE STORIE, I SUOI PERSONAGGI
Francesco Jovine appartiene al numero
di quegli scrittori italiani spesso definiti «minori». L’oblio in cui è caduto il suo
romanzo Signora Ava appare ancora più inspiegabile se si pensa che
da esso Antonio Calenda trasse, negli anni 60, uno sceneggiato
televisivo con Amedeo Nazzari che ebbe un discreto successo.
Si deve ringraziare il periodo delle celebrazioni per l’Unità d’Italia (e l’editore Donzelli) se questo romanzo ha abuto ancora visibilità ....
Si deve ringraziare il periodo delle celebrazioni per l’Unità d’Italia (e l’editore Donzelli) se questo romanzo ha abuto ancora visibilità ....
Signora Ava è un romanzo che colpisce
per vari motivi prima di tutto linguistici:
struttura semplice e immediata , scelta delle parole ricca e
poetica. Mi ricorda, dal punto di vista espressivo, alcuni visi
ritratti da Carlo Levi che, in poche pennellate, racchiudono intere
storie.
Inoltre attrae per la vividezza con cui sono descritti i personaggi, anche quelli minori. Alcuni sono figure simili a quelle tramandate dalla letteratura verista o, forse, addirittura dalla commedia dell’arte: il ricco che rischia di morire perché ha mangiato troppo, il medico incapace di cui nessuno si fida, il prete avido.
Sia i galantuomini che i contadini sono tratteggiati con molta efficacia che, leggendo, è quasi impossibile non attribuirgli mentalmente un volto, una voce, un modo di muoversi.
Jovine riesce nel rendere questi personaggi e queste storie, potenzialmente uguali a mille altri, unici, avvincenti e interessanti per il lettore.
Inoltre attrae per la vividezza con cui sono descritti i personaggi, anche quelli minori. Alcuni sono figure simili a quelle tramandate dalla letteratura verista o, forse, addirittura dalla commedia dell’arte: il ricco che rischia di morire perché ha mangiato troppo, il medico incapace di cui nessuno si fida, il prete avido.
Sia i galantuomini che i contadini sono tratteggiati con molta efficacia che, leggendo, è quasi impossibile non attribuirgli mentalmente un volto, una voce, un modo di muoversi.
Jovine riesce nel rendere questi personaggi e queste storie, potenzialmente uguali a mille altri, unici, avvincenti e interessanti per il lettore.
Uno dei personaggi che, al contrario di quasi
tutti gli altri, si rivela decisamente originale è don
Matteo, prete di second’ordine di Guardialfiera, piccolo paese del
Molise di cui Jovine è originario e in cui si svolge la maggior
parte della vicenda.
Nel paese ci sono a stento duemila
abitanti ma almeno dieci preti che lottano ferocemente tra di loro
per la conquista del maggior numero di fedeli. Ciò che emerge non è un
insano orgoglio a guidarli ma la necessità di sopravvivere: più
fedeli significano più offerte e quindi più cibo e più denaro.
Don Matteo, emarginato dai colleghi canonici più influenti, è una figura assai lontana dalla spiritualità e sicuramente agli antipodi dell’ascetismo. Pensa troppo alla gola, ai beni materiali e a non ben precisati altri peccati citati in una lettera anonima. Infine è collerico e non ha abbastanza rispetto per l’autorità. La sua imperfezione e la sua incoerenza me lo hanno reso simpatico e proprio attraverso di lui si seguono le storie degli altri personaggi.
Don Matteo, emarginato dai colleghi canonici più influenti, è una figura assai lontana dalla spiritualità e sicuramente agli antipodi dell’ascetismo. Pensa troppo alla gola, ai beni materiali e a non ben precisati altri peccati citati in una lettera anonima. Infine è collerico e non ha abbastanza rispetto per l’autorità. La sua imperfezione e la sua incoerenza me lo hanno reso simpatico e proprio attraverso di lui si seguono le storie degli altri personaggi.
Ogni lettore può scoprire o riscoprire il mondo dei contadini, legato ai tempi e alle regole della terra, governato da una saggezza popolare che si fonda su credenze magiche e sugli insegnamenti di creature mitiche, come la stessa signora Ava che dà il titolo al romanzo; storie e leggende che sempre si sono raccontate e sempre si racconteranno.
Per questa ragione il giovane Pietro Veleno – ragazzo intelligente e onesto, pupillo di Don Matteo – quando si accorge di provare attrazione per la sua coetanea e padrona Antonietta Di Risio, ricaccia indietro quel sentimento. Pur essendo consapevole che esso è ricambiato, un legame tra loro due appare, al ragazzo, semplicemente impossibile.
Ma le cose cambiano profondamente
quando anche a Guardialfiera arrivano gli echi della rivoluzione. Un
“re straniero” pare abbia tolto dal trono Francesco di Borbone.
Non ha a caso si parla di echi. In quel piccolo paesino all’estrema
periferia del Regno di Napoli, è difficile comprendere, e
comprendere tempestivamente, cosa stia accadendo. Le voci parlano
dell’esercito di un certo Gariobaldo che porta più benessere e
giustizia per i contadini. Inizialmente il paese si rallegra e considera l’insediamento del nuovo re cosa fatta. Ma poi
arrivano le truppe borboniche per reprimere le rivolte e i nobili,
spaventati, denunciano i contadini.
Pietro è costretto a scappare per unirsi alle camicie rosse. Ma, per una pura casualità, si ritroverà invece a combattere con i borbonici.
Pietro è costretto a scappare per unirsi alle camicie rosse. Ma, per una pura casualità, si ritroverà invece a combattere con i borbonici.
Anche se la prima parte del romanzo è volutamente statica, la seconda segue la vita selvaggia e violenta a cui Pietro è costretto per sopravvivere, prima da soldato e poi da brigante.
Il Risorgimento raccontato da Jovine è
un Risorgimento disperato, imposto, una lotta smitizzata in
cui spesso chi combatte non ha la minima idea di quale sia “la sua
parte” e, di sicuro, non ha in cuore altro ideale che non sia
uccidere per non morire.
Abbrutiti e disillusi dalla guerra, alcuni dei personaggi di questa storia breve ma intensa riscoprono una necessità di purezza e di riscatto. Persino don Matteo sembra, infine, crescere e trovare il modo per essere davvero strumento di Dio e per aiutare gli uomini a guadagnare un po’ di pace sulla terra.
Il finale drammatico consacra, secondo me, Jovine tra i grandi scrittori italiani del 900.
Un libro che ho avuto l'occasione di analizzare secondo altre angolazioni per questo Giro d' Italia letterario e che consiglio di leggere per sentire un' altra voce che racconta una delle tante verità sulla nascita dell'Unità d'Italia.
Abbrutiti e disillusi dalla guerra, alcuni dei personaggi di questa storia breve ma intensa riscoprono una necessità di purezza e di riscatto. Persino don Matteo sembra, infine, crescere e trovare il modo per essere davvero strumento di Dio e per aiutare gli uomini a guadagnare un po’ di pace sulla terra.
Il finale drammatico consacra, secondo me, Jovine tra i grandi scrittori italiani del 900.
Un libro che ho avuto l'occasione di analizzare secondo altre angolazioni per questo Giro d' Italia letterario e che consiglio di leggere per sentire un' altra voce che racconta una delle tante verità sulla nascita dell'Unità d'Italia.
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