QUESTA TAPPA APPRODA PRESSO La collina del vento di Carmine Abate, storia di una Calabria che
resiste.
A Venezia nel 2012 per il Premio Letterario Campiello, vince una storia dicaparbietà. Un altro segno dei tempi ma nel
tormentato 2012 il tema insiste nel contesto della
solidarietà , della sofferenza, dell’umana comprensione, della vicinanza
nella differenza.
Non
avevo mai letto nulla di Abate, e questo libro è stato davvero una
bella sorpresa. L'autore nato a Carfizzi,
un paese arbëresh (cioè
italo-albanese) vicino a Crotone, ha vissuto
l’emigrazione familiare in Germania e poi – tornato in Italia –
vive e insegna in Trentino, proprio come uno dei personaggi del romanzo La collina del vento.
Il Romanzo manifesta l’attaccamento forte alla propria terra, la Calabria, tipico di chi
l’ha dovuta lasciare; si esprime in un tono tra l’epos e
l’elegia, e ci ricorda che nelle vene di Abate scorre virtualmente
un sangue “magno-greco”: narrazione della storia (macro-storia e
micro-storia) e dolore sono infatti tanto legati da mostrarsi come una
cosa sola, come spesso accade nella letteratura greca classica.
Questo lo sanno bene le tre generazioni della famiglia Arcuri, al
centro della vicenda, proprietaria di una porzione di collina (il
Rossarco) vanamente contesa dai suoi membri prima dal podestà locale
e poi dagli speculatori edilizi: ma dolore, sofferenza per “resistere” alle continue aggressioni! E proprio qui, sul
Rossarco, gli Arcuri hanno vissuto le due guerre mondiali, hanno
visto morire e nascere i loro membri, e hanno appreso – pur sapendolo in quanto lavoratori della terra…– quanto
possa essere dura, perfino violenta la Storia.
Hanno però in quel luogo (comunque non descritto come un locus
amoenus) anche goduto degli affetti familiari, dei frutti delle loro
fatiche agricole, del profumo del mare e della macchia mediterranea,
e della “compagnia” del vento, protagonista aggiunto del romanzo:
un vento che parla, forse pensa, proprio come se fosse un uomo. Nella fiction romanzesca secondo fonti
letterarie si attribuisce la fondazione della città di Krimisa
all'eroe omerico Filottete che sbarcò sulla costa di Cirò dopo la
guerra di Troia. Al tempio dedicato ad Apollo Aleo (protettore del
mare e della navigazione) l'eroe fece dono di un magico arco e frecce
ricevuti in dono da Eracle. Il sito, che nel romanzo si trova sul
Rossarco, nella realtà fu oggetto di scavi dal 1924 al 1929 per
opera dell'archeologo Paolo Orsi che compare nella narrazione insieme
a Giuseppe Zanotti Bianco, archeologo, ambientalista, senatore..
Posso dire che il Romanzo mi ha offerto l'ampio e poetico respiro oltre al ritmo antico del Verismo e della grande Letteratura Meridionalista dove
protagonisti sono gli uomini e la loro Terra, che prende anima e vita
nel racconto delle vicende storiche e familiari degli Arcuri. Ed ecco ricordarsi di Verga, De Roberto, Tomasi di
Lampedusa, Carlo Levi, Silone, Alvaro, Jovine....con i loro scritti storici
indimenticabili.
L'Io Narrante è Rino Arcuri, ultimo discendente della famiglia, che racconta un secolo di vicende in un ambiente contadino calabrese sulla costa ionica vicino a Cirò Marina, nella zona di Punta Alice: storie tra l'affabulazione, il mito, l'avventura e la realtà.
L'Io Narrante è Rino Arcuri, ultimo discendente della famiglia, che racconta un secolo di vicende in un ambiente contadino calabrese sulla costa ionica vicino a Cirò Marina, nella zona di Punta Alice: storie tra l'affabulazione, il mito, l'avventura e la realtà.
Tutto ruota intorno a una collina che si ricopre di
fiori purpurei : Terra con la T maiuscola, su
cui lavorano e faticano generazioni di Arcuri, legati ad essa da un
vincolo profondo, viscerale. E' "l'angolo più affascinante e
misterioso della terra" che nasconde tesori e segreti millenari
che rivela grazie all'archeologia, "l'arte dei pazzi".
"Era un sogno di una sola
immagine, come quelle dai colori sgargianti che dipingeva Ninabella:
la collina, vista dall'alto di un aquilone in volo, pareva un'isola
sfarzosa, chiazzata di macchie rosso porpora e circondata a est dal
mare e a ovest dall'alveo di una fiumara luccicante di pietre e
d'acqua a rivoli dai riflessi rossastri".
Lontane epopee della
Magna Grecia creano un contrasto stridente con la fatica e la povertà
dei contadini, con la loro lotta contro gli eterni nemici,
latifondisti, mafiosi, politici, speculatori che cambiano colore e
nome per non cambiare mai: la grandezza del passato si contrappone
alla durezza del presente, ma l'unità della famiglia garantisce
forza e capacità di combattere per superare le avversità della
vita.
Ecco un passo significativo
"Una città è come una
persona, nasce cresce muore, a volte sparisce lasciando labili tracce
che solo un occhio attento può scoprire. Una città ha un'anima:
quella non scompare mai. E' dentro ogni spicchio di terra, è tra
l'erba, nell'aria. Ha voce di vento, un odore tutto suo. Non sappiamo
di preciso dove si trova Krimisa, ma la sua anima aleggia in questa
collina".
"Il vento ululava
da lupo affamato, sollevando la polvere della strada fino all'altezza
del viso. Michelangelo attraversò il corso principale con la
sensazione di non essere solo. Piegò la testa in avanti per
proteggersi gli occhi e vide l'ombra del vento selvaggio che gli
svolazzava attorno: pareva il mantello nero che il padre indossava
d'inverno, e pure la voce era del padre, un lugubre lamento che passo
dopo passo diventava urlo di rabbia, canto di protesta, eco di
chitarra battente."
Come la famiglia Arcuri
non si arrende ai soprusi e continua a vivere con coraggio,
così anche il Rossarco battuto dal vento è simbolo della Terra che
non si piega, che non vuole essere violata da speculatori che ne
distruggono l'ambiente incontaminato e l'identità storica.
Colate di cemento e pale eoliche, simboli di una modernità che non arreca vero sviluppo ma che ciecamente vengono collocate dove c'è vantaggio economico: la forza della Natura però ristabilisce l'equilibrio, le tradizioni sono salvate, i personaggi difendono l'identificazione con la propria terra d'origine.
Colate di cemento e pale eoliche, simboli di una modernità che non arreca vero sviluppo ma che ciecamente vengono collocate dove c'è vantaggio economico: la forza della Natura però ristabilisce l'equilibrio, le tradizioni sono salvate, i personaggi difendono l'identificazione con la propria terra d'origine.
Questa storia esce dagli stretti confini della Calabria assumendo un significato universale ed
eterno.
"Per sempre è
un'espressione effimera che racchiude la nostra voglia caparbia di
perdurare nel tempo. Non esiste nulla per sempre, a parte le cose
tangibili ritenute erroneamente inanimate, come le pietre di fiumara,
le montagne della Sila, il mare nostro, il vento. Per sempre è la
collina del Rossarco".
E' stata una storia che mi ha arricchito la mente,
scritta in un linguaggio semplice e scorrevole, ricchissimo di
suggestioni, di emozioni, di affascinanti metafore, un libro che ho letto tutto d'un fiato.
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