martedì 15 aprile 2014

UNA TAPPA DEL GIRO D'ITALIA LETTERARIO CHE CI PORTA, CON ABATE, NEL MONDO ITALO - ALBANESE


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QUESTA TAPPA APPRODA PRESSO La collina del vento di Carmine Abate,  storia di una Calabria che resiste.
A Venezia nel 2012 per il Premio Letterario Campiello,  vince una storia dicaparbietà. Un altro segno dei tempi ma nel  tormentato 2012 il tema insiste nel contesto della  solidarietà , della  sofferenza, dell’umana comprensione, della vicinanza nella differenza.
Non avevo mai letto nulla di Abate, e questo libro è stato davvero una bella sorpresa. L'autore nato a Carfizzi
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un paese arbëresh (cioè italo-albanese) vicino a Crotone, ha vissuto l’emigrazione familiare in Germania e poi – tornato in Italia – vive e insegna in Trentino, proprio come uno dei personaggi del romanzo La collina del vento. 
 Il  Romanzo  manifesta l’attaccamento forte alla propria terra, la Calabria, tipico di chi l’ha dovuta lasciare; si esprime in un tono tra l’epos e l’elegia, e ci ricorda  che nelle vene di Abate scorre virtualmente un sangue “magno-greco”: narrazione della storia (macro-storia e micro-storia) e dolore sono infatti tanto legati da mostrarsi come una cosa sola, come spesso accade nella letteratura greca classica. 


Questo lo sanno bene le tre generazioni della famiglia Arcuri, al centro della vicenda, proprietaria di una porzione di collina (il Rossarco) vanamente contesa dai suoi membri prima dal podestà locale e poi dagli speculatori edilizi: ma  dolore,  sofferenza per “resistere” alle  continue aggressioni! E proprio qui, sul Rossarco, gli Arcuri hanno vissuto le due guerre mondiali, hanno visto morire e nascere i loro membri, e hanno appreso – pur sapendolo in quanto lavoratori della terra…– quanto possa essere dura, perfino violenta la Storia.

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Hanno però in quel luogo (comunque non descritto come un locus amoenus) anche goduto degli affetti familiari, dei frutti delle loro fatiche agricole, del profumo del mare e della macchia mediterranea, e della “compagnia” del vento, protagonista aggiunto del romanzo: un vento che parla, forse pensa, proprio come se fosse un uomo.   Nella fiction romanzesca  secondo fonti letterarie si attribuisce la fondazione della città di Krimisa all'eroe omerico Filottete che sbarcò sulla costa di Cirò dopo la guerra di Troia. Al tempio dedicato ad Apollo Aleo (protettore del mare e della navigazione) l'eroe fece dono di un  magico arco e  frecce ricevuti in dono da Eracle. Il sito, che nel romanzo si trova sul Rossarco, nella realtà fu  oggetto di scavi dal 1924 al 1929 per opera dell'archeologo Paolo Orsi che compare nella narrazione insieme a Giuseppe Zanotti Bianco, archeologo, ambientalista, senatore..
 
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Posso dire che il Romanzo mi ha offerto l'ampio e poetico  respiro oltre al ritmo antico del Verismo e della grande Letteratura Meridionalista dove protagonisti sono gli uomini e la loro Terra, che prende anima e vita nel racconto delle vicende storiche e familiari degli Arcuri. Ed ecco ricordarsi di  Verga, De Roberto, Tomasi di Lampedusa, Carlo Levi, Silone, Alvaro, Jovine....con i loro scritti  storici indimenticabili.
L'Io Narrante è Rino Arcuri, ultimo discendente della famiglia, che racconta un secolo di vicende in un ambiente contadino calabrese sulla costa ionica vicino a Cirò Marina, nella zona di Punta Alice: storie tra l'affabulazione, il mito, l'avventura e la realtà.

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Tutto ruota intorno a una collina che si ricopre di fiori purpurei  : Terra con la T maiuscola, su cui lavorano e faticano generazioni di Arcuri, legati ad essa da un vincolo profondo, viscerale. E' "l'angolo più affascinante e misterioso della terra" che nasconde tesori e segreti millenari che rivela grazie all'archeologia, "l'arte dei pazzi".


 "Era un sogno di una sola immagine, come quelle dai colori sgargianti che dipingeva Ninabella: la collina, vista dall'alto di un aquilone in volo, pareva un'isola sfarzosa, chiazzata di macchie rosso porpora e circondata a est dal mare e a ovest dall'alveo di una fiumara luccicante di pietre e d'acqua a rivoli dai riflessi rossastri".

 Lontane epopee della Magna Grecia creano un contrasto stridente con la fatica e la povertà dei contadini, con la loro lotta contro gli eterni nemici, latifondisti, mafiosi, politici, speculatori che cambiano colore e nome per non cambiare mai: la grandezza del passato si contrappone alla durezza del presente, ma l'unità della famiglia garantisce forza e capacità di combattere per superare le avversità della vita.

Ecco un passo significativo

"Una città è come una persona, nasce cresce muore, a volte sparisce lasciando labili tracce che solo un occhio attento può scoprire. Una città ha un'anima: quella non scompare mai. E' dentro ogni spicchio di terra, è tra l'erba, nell'aria. Ha voce di vento, un odore tutto suo. Non sappiamo di preciso dove si trova Krimisa, ma la sua anima aleggia in questa collina".


Ed in questo ambiente l'uomo diventa Natura e la Natura si umanizza.

 "Il vento ululava da lupo affamato, sollevando la polvere della strada fino all'altezza del viso. Michelangelo attraversò il corso principale con la sensazione di non essere solo. Piegò la testa in avanti per proteggersi gli occhi e vide l'ombra del vento selvaggio che gli svolazzava attorno: pareva il mantello nero che il padre indossava d'inverno, e pure la voce era del padre, un lugubre lamento che passo dopo passo diventava urlo di rabbia, canto di protesta, eco di chitarra battente."

 Come la famiglia Arcuri non si arrende ai soprusi e continua a vivere  con coraggio, così anche il Rossarco battuto dal vento è simbolo della Terra che non si piega, che non vuole essere violata da speculatori che ne distruggono l'ambiente incontaminato e l'identità storica.
Colate di cemento e pale eoliche, simboli di una modernità che non arreca  vero sviluppo ma che ciecamente vengono collocate dove c'è vantaggio economico: la forza della Natura però ristabilisce l'equilibrio, le tradizioni sono salvate, i personaggi difendono l'identificazione con la propria terra d'origine.
 Questa storia esce dagli stretti confini  della Calabria assumendo un significato universale ed eterno.

 "Per sempre è un'espressione effimera che racchiude la nostra voglia caparbia di perdurare nel tempo. Non esiste nulla per sempre, a parte le cose tangibili ritenute erroneamente inanimate, come le pietre di fiumara, le montagne della Sila, il mare nostro, il vento. Per sempre è la collina del Rossarco".


 E' stata una storia che mi ha arricchito la mente, scritta in un linguaggio semplice e scorrevole, ricchissimo   di suggestioni, di emozioni, di affascinanti metafore, un libro che ho letto tutto  d'un fiato.



 

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