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@ PER TUTTI I LETTORI: mi sono interessata da sempre ad ambiente, natura, letteratura che ne tratta.
...ma ad un certo punto - prendendo del tempo per riordinare il materiale che volevo pubblicare- mi sono chiesta se vedo il mio blog come una palestra personale dove, però, non mi sento del tutto libera di sperimentare, per paura di dire banalità, poi ho puntato sul tempo che si dedica alla riflessione.
Nel mio caso, gestione di un blog sul mondo della lettura e con rubriche variegate, ho bisogno di tempo per fare ricerche mirate prima ancora di elaborare contenuti, ma quello che io ritengo un diritto – dovere di chi cura un blog è ottimizzare il lavoro e soprattutto COMUNICARE attraverso il blog ed è forse proprio questo il suo scopo considerato il piacere che provo quando apro la mia pagina e ci trovo quello che spesso mi trattiene su tanti altri blog ben fatti.
Purtroppo tanti lo ritengono tempo perso, ma chi riflette vince in partenza: scrive meglio di chi pontifica !!! come dice PENNA BLU
L'AMBIENTE VERDE...ORA ...CHI LO AMA CI SEGUA
QUESTA SETTIMANA VOGLIO CELEBRARE
L'AMBIENTE ED IL SUO RIFIORIRE PRIMAVERILE TRATTANDO DEL FIORE
SIMBOLO DELL'AMORE, LA ROSA, ANDARE A RICERCARE NELLA LETTERATURA
DI TESTIMONIANZE CHE A ME SEMBRANO PIU' CARATTERIZZANTI
La rosa, uno dei fiori di
cui si ha testimonianza più antica, diventa, dalla lirica greca di VII-VI secolo , uno dei temi fondamentali della poesia amorosa, costruito sulla
allusiva analogia con la donna e con l' amore. La fortuna di questo
topos letterario permetterebbe di recuperare, limitandosi solo alla
letteratura occidentale, centinaia di testi, di epoca e origine
differenti.
Ma forse è bene limitare il percorso che interessa solo la nostra
letteratura, cercando di cogliere, oltre al continuum del tema, anche la sua variabilità e i
significati specifici che via via assume, adattandosi alle dinamiche
di ogni epoca.
Per iniziare questo
percorso mi sono affidata ad un poeta che con semplicità e
efficacia individua con chiarezza i due aspetti fondamentali di
questo tema: la duttilità e la basilare associazione con la donna e
l'amore.
Molti sono i colori ai quali l' arte
e varia il tuo incanto o la natura.
In me, come il mare è turchino,
esisti solo, per il pensiero a cui ti
sposo, rossa
VARIAZIONI SULLA ROSA
Per te piange un fanciullo in un
giardino
o forse in una favola. Punivi,
rosa, inabili dita. E così vivi,
un giorno ancora, sul tuo ceppo verde.
o forse in una favola. Punivi,
rosa, inabili dita. E così vivi,
un giorno ancora, sul tuo ceppo verde.
Altri asciuga le sue lacrime, e
perde
egli in breve l’ incontro e la memoria.
Oh, nemico per sempre alla tua gloria
non lo scopra l’ errore d’ un mattino!
egli in breve l’ incontro e la memoria.
Oh, nemico per sempre alla tua gloria
non lo scopra l’ errore d’ un mattino!
II
Molti sono i colori ai quali l’
arte
varia il tuo incanto o la natura. in me,
come il mare è turchino, esisti solo,
per il pensiero a cui ti sposo, rossa.
varia il tuo incanto o la natura. in me,
come il mare è turchino, esisti solo,
per il pensiero a cui ti sposo, rossa.
III
Cauta i tuoi gambi ella mondava.
Mesta
a me sorrise ed al mio primo dono.
Due mani l’aggiustavano al suo seno.
a me sorrise ed al mio primo dono.
Due mani l’aggiustavano al suo seno.
Andai lontano, disertai quel
seno.
Errai come agli umani è sorte errare.
mi sopraffece la vita; la vita
vinsi, in parte; il mio cuore meno.
Ancora
canta a me l’usignolo ed una rosa
tra le spine è fiorita.
Errai come agli umani è sorte errare.
mi sopraffece la vita; la vita
vinsi, in parte; il mio cuore meno.
Ancora
canta a me l’usignolo ed una rosa
tra le spine è fiorita.
---la scelta è chiara,
nell'associazione della rosa a un amore sensuale e passionale (ed
ecco la rosa rossa), ciò non toglie che questo fiore possa
assumere, per natura, diverse tonalità, a cui può essere correlato
un amore declinato in modi diversi.
La rosa può essere
bianca: fiore mistico, simbolo di amore spirituale, puro, simbolo di
Amore divino. Ed ecco Dante , nel canto XXXI del Paradiso (vv.1-24), egli contempla la Candida Rosa, composta dalle anime dei beati
che celebrano il loro trionfo nella visione beatifica di Dio:
In forma dunque di candida rosa
mi si mostrava la milizia santa
che nel suo sangue Cristo fece sposa
La metafora continua allusivamente nell'immagine degli Angeli che, come api, volano da Dio ai Santi per infondere la Carità. Inoltre significativo che proprio dalla Rosa, a cui è tornata lasciando la guida a San Bernardo, Beatrice riservi a Dante l' ultimo sguardo e l' ultimo sorriso, insieme umanissimi e divini.
Così orai; e quella, sì lontana
poi si tornò a l' etterna fontana.
D' altronde lo stesso Bernardo di Chiaravalle, una delle figure più significative del
Misticismo medievale e restauratore del culto di Maria, dovette
suggerire a Dante l' immagine della rosa che la teologia associa alla
Madonna.(San
Bernardo in uno dei suoi sermoni disse: ”Maria è stata una rosa:
bianca per la sua verginità, vermiglia per la sua carità”)
Ma la rosa è soprattutto simbolo della bellezza e dell'amore terreni. Anche in questo caso può essere pura, come nella ballata Fresca rosa novella di Cavalcanti, dove la rosa è simbolo della bellezza di una donna elevata al rango di angelicata criatura
.
Fresca rosa novella,
piacente primavera,
per prata e per rivera
gaiamente cantando,
vostro fin presio mando –
a la verdura.
Lo vostro presio fino
in gio„ si rinovelli
da grandi e da zitelli
per ciascuno camino;
e càntine gli auselli,
ciascuno in suo latino,
da sera e da matino,
su li verdi arboscelli.
Tutto lo mondo canti,
po' che lo tempo vène,
sì come si convene,
vostr' altezza presiata:
ché siete angelicata – crïatura.
Analogamente ritroviamo
l'immagine della rosa candida nel sonetto L‘aura che ‘l verde lauro e l‘aureo crine del Petrarca, in cui la donna è come una
rosa “candida”, dunque pura, protetta da “dure spine”, cioè
dal senso dell‟onestà:
Candida rosa nata in dure spine,
quando fia chi sua pari al mondo
trove,
gloria di nostra etate? O vivo Giove,
manda, prego, il mio in prima che 'l
suo fine
Un'immagine decisamente
più carnale dell'Amore-Rosa e della Donna-Rosa è altresì
presente nella letteratura umanistico-rinascimentale connotandosi con
caratteri sensuali e naturalistici.
Nel poemetto Corinto (vv.
163-185) di Lorenzo il tema si associa con quello della fugacità
dell'amore e della bellezza. In un piccolo orto il pastore osserva
belle rose “candide e vermiglie”; mentre alcune devono ancora
sbocciare, altre sono già sfiorite a terra:
Eranvi rose candide e vermiglie:
alcuna a foglia a foglia al sol si
spiega;
stretta prima, poi par s' apra e
scompiglie:
altra più giovanetta si dislega
apena dalla boccia: eravi ancora
chi le sue chiuse foglie all'aer niega:
altra cadendo, a piè il terreno
infiora.
Così le vidi nascere e morire
e passar lor vaghezza in men d' un'ora.
Il pastore apprende la lezione e si
rivolge all' amata ...:
Cogli la rosa, o ninfa, or che è il
bel tempo
ed inaugura il tema caro
al Rinascimento delle rose belle ma presto sfiorenti.
Simili situazione e
invito in I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino del Poliziano.
Anche qui la bellezza delle rose e il loro inesorabile
sfiorire:
I' posi mente: quelle rose allora
mai non vi potre' dir quant' eran
belle:
quale scoppiava della boccia ancora;
qual' erano un po' passe e qual
novelle.
Amor mi disse allor: -Va' co' di
quelle
che più vedi fiorite in sullo spino.-
E, scelte le rose più fiorite, il
poeta invita:
Quando la rosa ogni sua foglia spande,
quando è più bella, quando è più
gradita,
allora è buona a mettere in ghirlande,
prima che sua bellezza sia fuggita:
sicchè, fanciulle, mentre è più
fiorita,
cogliàn la bella rosa del giardino.
Perciò Amore invita
il poeta a cogliere la rosa più fiorita “in sullo spino”, dove
le spine questa volta sembrano del tutto inadeguate a salvare
l' integrità del fiore; parallelamente il poeta invita anche le
donne a “cogliere la rosa”.
Tali immagini esprimono pienamente
una visione naturalistica e sensuale dell' amore. Motivo ripreso da Ariosto arricchito da toni divertiti e maliziosi.
La verginella è simile alla rosa,
ch' in bel giardin su la nativa spina
mentre sola e sicura si riposa,
né gregge né pastor se le avicina;
l' aura soave e l' alba rugiadosa,
l'acqua, la terra al suo favor
s'inchina:
gioveni vaghi e donne inamorate
amano averne e seni e tempie ornate.
Ma non sì tosto dal materno stelo
rimossa viene e dal suo ceppo verde,
che quanto avea dagli uomini e dal
cielo
favor, grazia e bellezza, tutto perde.
La vergine che 'i fior, di che più
zelo
che de' begli occhi e de la vita aver
de'
lascia altrui côrre, il pregio
ch‘avea inanti
perde nel cor di tutti gli altri
amanti.
Nel primo canto dell'
Orlando Furioso (I 42-43), Sacripante, rude guerriero saraceno, come
tanti innamorato di Angelica, teme di averla perduta. Si abbandona
alla triste constatazione che la verginella, come la rosa, si
conserva “sicura” sulla nativa spina solo per poco tempo, fino a
quando, rimossa dal suo stelo, perde ogni bellezza e attrattiva.
Nonostante l'apparente struggimento con cui il motivo laurenziano evolve, fondendosi con il modello classico di Catullo (LXII),
non manca, come è tipico in Ariosto, l'ambiguità. Se da una parte si intreccia con il più sofferto sentimento della fugacità, che richiama anche il motivo di Angelica bella e fuggente; dall' altra si possono cogliere i risvolti maliziosi: il tema della fugacità si trasforma in una allusione alla fragilità della purezza. Alla fine infatti il Saraceno, smessi gli abiti “cortesi” e cavallereschi, dimostra senso pratico, dimentico apparentemente della struggente verità cui poco innanzi si era abbandonato:
Nonostante l'apparente struggimento con cui il motivo laurenziano evolve, fondendosi con il modello classico di Catullo (LXII),
non manca, come è tipico in Ariosto, l'ambiguità. Se da una parte si intreccia con il più sofferto sentimento della fugacità, che richiama anche il motivo di Angelica bella e fuggente; dall' altra si possono cogliere i risvolti maliziosi: il tema della fugacità si trasforma in una allusione alla fragilità della purezza. Alla fine infatti il Saraceno, smessi gli abiti “cortesi” e cavallereschi, dimostra senso pratico, dimentico apparentemente della struggente verità cui poco innanzi si era abbandonato:
Corrò la fresca e matutina rosa,
che, tardando, stagion perder potria.
Più tardi, la voce “epicurea”
del Rinascimento tende, al volgere del secolo, a cambiare: il motivo si
declina in modo ancora differente in Tasso. Nel giardino di Armida,
un pappagallo pronuncia un Elogio alla rosa:
– Deh mira – egli cantò – spuntar la rosa
dal verde suo modesta e verginella,
che mezzo aperta ancora e mezzo
ascosa,
quanto si mostra men, tanto è più
bella.
Ecco poi nudo il sen già baldanzosa
dispiega; ecco poi langue e non par
quella,
quella non par che desiata inanti
fu da mille donzelle e mille amanti.
Così trapassa al trapassar d' un
giorno
né perché faccia indietro april
ritorno,
si rinfiora ella mai, né si rinverde.
Cogliam la rosa in su 'l mattino
adorno
di questo dì, che tosto il seren
perde;
cogliam d‘amor la rosa: amiamo or
quando
esser si puote riamato amando.
Nella Gerusalemme
liberata (XVI, 14-15) l' amore è insieme sublimato e sensuale.
L' immagine della rosa, pur richiamando quasi testualmente i
precedenti umanistici, esprime una visione più sofferta, una
sensualità più viva. E afferma il senso della vanità della vita e
della fuggevolezza del piacere.
Qualche decennio più tardi, il Marino riprende il tema ormai tradizionale, variandolo con sensibilità tipicamente barocca. Nel poema Adone il poeta riprende l'antico mito classico, che spiegava l'origine del colore per eccellenza della rosa, il rosso, con il sangue sparso da Venere sui suoi petali, ferita da un suo spino. Già il mito dunque legava indissolubilmente la rosa all'Amore. Cercando erbe che la risanino, scorge Adone addormentato e se ne innamora. Felice, la dea non se la prende con lo spino traditore, bensì saluta la rosa che si era arrossata del suo sangue: la rosa diventa una superba sovrana e ogni parte del fiore diviene quasi un personaggio di corte (III 156-157).
Qualche decennio più tardi, il Marino riprende il tema ormai tradizionale, variandolo con sensibilità tipicamente barocca. Nel poema Adone il poeta riprende l'antico mito classico, che spiegava l'origine del colore per eccellenza della rosa, il rosso, con il sangue sparso da Venere sui suoi petali, ferita da un suo spino. Già il mito dunque legava indissolubilmente la rosa all'Amore. Cercando erbe che la risanino, scorge Adone addormentato e se ne innamora. Felice, la dea non se la prende con lo spino traditore, bensì saluta la rosa che si era arrossata del suo sangue: la rosa diventa una superba sovrana e ogni parte del fiore diviene quasi un personaggio di corte (III 156-157).
Rosa, riso d'amor, del ciel fattura,
rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo e fregio di natura,
della Terra e del Sol vergine figlia,
d'ogni ninfa e pastor delizia e cura,
onor dell' odorifera famiglia;
tu tien d'ogni beltà le palme prime,
sopra il vulgo de' fior donna
sublime.
Quasi in bel trono imperatrice altera
siedi colà su la nativa sponda;
Turba d' aure vezzosa e lusinghiera
ti corteggia d' intorno e ti seconda;
e di guardie pungenti armata schiera
ti difende per tutto e ti circonda.
E tu fastosa del tuo regio vanto,
Non superbisca ambizïoso il Sole
di trionfar fra le minori stelle,
che ancor tu fra i ligustri e le viole
scopri le pompe tue superbe e belle.
Tu sei con tue bellezze uniche e sole
splendor di queste piagge, egli di
quelle.
Egli nel cerchio suo, tu nel tuo
stelo,
tu Sole in terra ed egli rosa in cielo
L'accostamento, secondo
la caratteristica concettosità barocca, è efficace a livello
immaginativo e concettuale: da una parte le due immagini si
confondono nel colore dell' alba, rosa appunto, a cui si lega il
piccolo “sole”, cioè il cuore dorato, racchiuso tra i petali del
fiore. D'altro canto l'unione delle due immagini, cui corrisponde
quella di Adone e Venere, vuole prefigurare la fusione di un amore
terreno con un amore divino. Il favore della dea alla rosa si conclude
con un comando: si potrà dire bella solo quella donna che abbia del
colore della rosa ornate le gote e le labbra (III 161):
E perch' a me d'un tal servigio ancora
qualche grata mercé render s'aspetta,
tu sarai sol tra quanti fiori ha Flora
la favorita mia, la mia diletta.
E qual donna più bella il mondo onora
io vo' che tanto sol bella sia detta,
quant'ornerà del tuo color vivace e
le gote e le labra. E qui si tace…
Nessun senso nostalgico o
ombroso, nessuna allusione alla caducità: c'è il gioco del poeta
che scopre le possibilità di nuovi accostamenti in un tema
che, benché “abusato”, è vitale e può essere
rinnovato.
Il senso struggente e
sofferto della caducità di ciò che è bello si ritrova invece nel
“nostro” Fabrizio de André, che non sarà inappropriato inserire
in questa antologia. Nella Canzone dell’amore perduto, le rose sono
viste nella loro caducità e per questo vengono associate alla
malinconia di un amore che finisce irrimediabilmente:
Vorrei dirti, ora, le stesse cose
ma come fan presto, amore,
ad appassire le rose
così per noi.
Il motivo ritorna ne La canzone di Marinella, in cui la rosa è ancora una volta il simbolo di fuggevolezza, ma questa volta le è accostata l' idea della preziosità che proprio dalla brevità deriva:
questa è la tua canzone Marinella
che sei volata in cielo su una stella
e come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose
Il motivo non è dissimile in Gozzano, poeta del rimpianto, sempre lucido e disincantato. In Cocotte (vv. 68-71), ricordando l'amore infantile per una bella ma poco onesta "signorina", chiedendosi, dopo tanti anni, quale destino l'abbia attesa, comprende in un istante come proprio quello, mai goduto, sia stato l'unico vero amore della sua vita:
Vincenzo Irolli – Tra Le Rose |
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono state
In Gozzano, novello
Sacripante, echeggia la consapevolezza, che solo ciò che
non è goduto è destinato a durare nei nostri desideri. E l'invito a
cogliere la rosa può dunque totalmente essere capovolto.
Ora la potenza semantica
dell' immagine della rosa non sfugge a Umberto Eco che, a
conclusione del suo romanzo, dal programmatico titolo Il nome della
rosa, riprende variandolo il verso di Bernardo Morliacense:
Stat rosa pristina nomine, nomina nuda
tenemus
La rosa originaria esiste per il nome, si ha l' essenza di ogni cosa che è nel suo nome, si conoscnono solo i nomi, non la realtà delle cose. La rosa è motivo ricco di interpretazioni, sempre rinnovabili, mai finite. Lo stesso Eco ammette che la rosa è una figura così ricca di significati da non averne quasi più nessuno.
L'aspetto più sorprendente è dunque la ricchezza espressiva di
questa immagine, la sua mutevolezza, la difficoltà di definirla.
La rosa, oltre a non essere un fiore come tutti gli altri, cessa di essere solo oggetto per diventare pura Idea. E se Eco si chiede se l' essenza di una rosa, e quindi di ogni cosa, sia nel suo nome, a me sembra opportuno terminare con le parole di Giorgio Caproni, in Concessione:
La rosa, oltre a non essere un fiore come tutti gli altri, cessa di essere solo oggetto per diventare pura Idea. E se Eco si chiede se l' essenza di una rosa, e quindi di ogni cosa, sia nel suo nome, a me sembra opportuno terminare con le parole di Giorgio Caproni, in Concessione:
Buttate pure via
ogni opera in versi o in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
Cos’è, nella sua essenza, una rosa
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