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Adattissima la citazione Cada um de nós é vários, é muitos, é uma prolixidade de si mesmos.(Fernando Pessoa) della curatrice del Blog da cui tutto è cominciato...
Se una notte d'inverno un lettore...
che ha dato l' input a questa bella avventura !!!
OTTAVA TAPPA 27 aprile- 3 maggio - Emilia Romagna- Giorgio Bassani: Gli occhiali d'oro
Il romanzo Gli occhiali d'oro
affronta una delicata analisi del tema della diversità,
“l’inversione sessuale” e il conseguente isolamento.
Athos Fadigati, originario di Venezia, ha conseguito una solida carriera a Ferrara come otorinolaringoiatra, con uno studio molto ben avviato, meta delle famiglie più in vista della città. Piuttosto in carne ed elegante, con gli occhiali d'oro scintillanti, è omosessuale: ben presto la comunità provinciale lo viene a sapere, ne accetta la novità, in virtù dell'estrema discrezione e signorilità del personaggio.
L'io narrante del racconto - anno 1936- , è Davide Lattes, un giovanotto che frequenta l'Università di Bologna e ogni mattina, insieme con i suoi colleghi, prende il treno locale che da Ferrara li porta appunto a Bologna. Anche Fadigati sale su quel treno, e in breve si trasferisce dalla seconda alla terza classe, rompendo il ghiaccio con i giovani e diventando loro amico. Fra i ragazzi c'è Eraldo Deliliers, spavaldo, atletico, bellissimo, un po' bullo e un po' maudit: egli è l'unico che prende gusto nel ferire Fadigati con allusioni assai pesanti al suo «vizio», umiliandolo n tutti i modi. Il narratore registra però nel dottore una sorta di acre piacere, di acuto godimento nell'essere maltrattato dal bel giovane, tanto che una «luce assurda ma inequivocabile di una interna felicità» gli brilla negli occhi.
Athos Fadigati, originario di Venezia, ha conseguito una solida carriera a Ferrara come otorinolaringoiatra, con uno studio molto ben avviato, meta delle famiglie più in vista della città. Piuttosto in carne ed elegante, con gli occhiali d'oro scintillanti, è omosessuale: ben presto la comunità provinciale lo viene a sapere, ne accetta la novità, in virtù dell'estrema discrezione e signorilità del personaggio.
L'io narrante del racconto - anno 1936- , è Davide Lattes, un giovanotto che frequenta l'Università di Bologna e ogni mattina, insieme con i suoi colleghi, prende il treno locale che da Ferrara li porta appunto a Bologna. Anche Fadigati sale su quel treno, e in breve si trasferisce dalla seconda alla terza classe, rompendo il ghiaccio con i giovani e diventando loro amico. Fra i ragazzi c'è Eraldo Deliliers, spavaldo, atletico, bellissimo, un po' bullo e un po' maudit: egli è l'unico che prende gusto nel ferire Fadigati con allusioni assai pesanti al suo «vizio», umiliandolo n tutti i modi. Il narratore registra però nel dottore una sorta di acre piacere, di acuto godimento nell'essere maltrattato dal bel giovane, tanto che una «luce assurda ma inequivocabile di una interna felicità» gli brilla negli occhi.
La
vicenda si sposta a Riccione, dove il colpo di scena è dato dalla
nuova, «scandalosa» amicizia tra Fadigati e Deliliers, ospiti
entrambi in una camera del Grand Hòtel. Il ragazzo, che lo provocava
così brutalmente, ha deciso di farsi mantenere dal dottore attratto
da lui. Lo scalpore è grande, l'offesa al decoro intollerabile: in
particolare la signora Lavezzoli, amica di famiglia dei genitori del
narratore, rappresenta la figura della provinciale offesa e ipocrita,
peraltro all'occasione antisemita. La villeggiatura di Fadigati si fa
così sempre più atroce e umiliante, sia per le frecciate che gli
vengono dalla Lavezzoli, sia per i tradimenti e gli abbandoni
dell'inquieto e brutale Deliliers. Infine questi se ne va,
derubandolo quasi di tutto: ma l'infelice dottore non vuole
assolutamente denunciare il furto.
Il ritorno a Ferrara dalle vacanze
coincide con l'inizio della campagna antisemita, preannuncio delle
leggi razziali. Il narratore confessa il disgusto crescente
per la società ipocrita e spietata dei cattolici, dei goìm ( non Ebrei), e
rivede Fadigati, ma non accoglie il suo consiglio di non rispondere
all'odio con l'odio. Il mistero di Fadigati è ancora davanti a lui,
il mistero di chi trova nell'umiliazione un premio assurdo,
ferocemente gaudioso. Tuttavia anche il dottore è alle strette:
circondato dall'ostilità generale prende a odiare se stesso, non si
perdona il ridicolo in cui è di sua volontà caduto: concluderà la
sua vita suicidandosi nelle acque del Po.
Il
narratore scopre poco a poco una dimensione di affinità tra la sua
emarginazione, legata alla razza, e quella di Fadigati, dovuta alla
sessualità. Lo scenario storico è ben presente.
Con
le nebbie e le piogge dell’inverno Fadigati non reggerà alla
solitudine e all’ostilità e preferirà scomparire tra le acque del
Po. Dall’ipocrita stampa locale neppure il suicidio verrà
riconosciuto come tale: argomento troppo scabroso come la sua
diversità.
....A BEN VEDERE
“Gli occhiali d’oro” di Bassani, punto di svolta
Romanzo breve pubblicato nel 1958 è entrato poi a far parte de Le
storie ferraresi, mentre Gli occhiali d'oro rappresenta un
punto di svolta nel percorso letterario di Giorgio Bassani per la dimensione narrativa più estesa rispetto alle
prove precedenti: Infatti fino ad allora lo scrittore aveva sempre
privilegiato la misura del racconto oppure direttamente il "versante"
lirico , cui corrisponde la scelta di un io,
protagonista e voce narrante, che non si limita più a descrivere
ambienti, personaggi, fatti , ma è coinvolto direttamente nella
vicenda, seguendo la linea della sua urgenza di cercare un rapporto più diretto con il mondo
esterno.
Secondo romanzo del ciclo dedicato a Ferrara, “Gli
occhiali d’oro”, edito nel 1958, narra la storia di due
emarginazioni parallele che poco a poco s’incrociano, in un preciso
contesto storico, per avere poi un diverso epilogo.
L’argomento
dell’omosessualità – non usuale e ancora circondato da molti
pregiudizi in quegli anni – viene affrontato con eleganza e levità,
partecipazione umana, ma non complicità.
Ferrara,
città di provincia, chiusa e perbenista ormai è stata delineata
nelle “Storie”, è tutta presente e costituisce il palcoscenico
di un approfondimento dell’analisi bassaniana.
Questo romanzo
breve e intenso, porta la novità nella narrativa di Bassani: la presenza dell’io
narrante. Gli eventi non vengono più visti da fuori come nelle
“Storie”, ma dall’interno, sulla scia della memoria del giovane
studente ferrarese di Lettere, che ha conosciuto Fadigati, ha
assistito alla sua vicenda e si è riconosciuto, in quanto ebreo,
nella stessa solitudine ed emarginazione. Al suo ritorno a Ferrara
dopo le vacanze il giovane si sente osservato, un intruso. “Tutto
mi disturbava, tutto mi feriva”.
(p.128)
Il
suo migliore amico Nino Bottecchiari, che si proclama ottimista, dice
che è impossibile distinguere in città tra ebrei e ariani, visto
che molti ebrei hanno aderito subito al fascismo e costituiscono il
nerbo della borghesia cittadina. Proprio Nino accetterà di far
carriera nel partito e il narratore sente nascere “l’antico,
atavico odio dell’ebreo nei confronti di tutto ciò che fosse
cristiano, cattolico: goi,
insomma”. (p.134)
Ha
oscuri presentimenti: “In
un futuro più o meno lontano, loro, i goìm,
ci avrebbero costretti a vivere di nuovo là, nel quartiere
medioevale da cui, in fin dei conti, non eravamo usciti che da
settanta, ottanta anni. Ammassati l’uno sull’altro dietro i
cancelli come tante bestie impaurite, non ne saremmo evasi mai più”.
(p.134-35)
Bassani,
come nelle “Storie” va scandagliando il personaggio ebreo e lo fa
soprattutto quando le due storie – di Fadigati e del narratore –
s’intersecano: allora si chiede come sia iniziato l’isolamento
degli ebrei e, nello stesso tempo, indaga la progressiva
emarginazione di Fadigati, il suo essere vittima, ma anche una sua
forma di masochismo, di servilismo per cui sembra godere dei
maltrattamenti. E se l’incapacità di ribellione fosse, nel
profondo, alla base del sopruso subito?
L’ultimo
dialogo tra Fadigati e il narratore mostra la differenza tra i due.
L’incontro
è avvenuto nei sobborghi,una cagna li ha
seguiti:
“«La guardi»,
diceva intanto Fadigati, indicandomela. «Forse bisognerebbe essere
così, sapere accettare la propria natura. Ma d’altra parte, come
si fa? È possibile pagare un prezzo simile? Nell’uomo c’è molto
della bestia: eppure può, l’uomo, arrendersi? Ammettere di essere
una bestia, e soltanto una bestia?»
Scoppiai
in una gran risata. «Oh, no», dissi «Sarebbe come dire: può un
italiano, un cittadino italiano, ammettere di essere un ebreo, e
soltanto un ebreo?» Mi guardò umiliato. «Comprendo cosa vuol
dire», disse poi. «In questi giorni, mi creda, ho pensato tante
volte a lei e ai suoi. Però, mi permetta di dirglielo, se fossi in
lei…»
«Che
cosa dovrei fare», lo interruppi, impetuosamente. « Accettare di
essere quello che sono? O meglio: adattarmi ad essere quello che gli
altri vogliono che io sia?» «Non so perché non dovrebbe», ribatté
dolcemente. « Caro amico, se essere quello che è la rende tanto più
umano (non sarebbe qui in mia compagnia, altrimenti!), perché
rifiuta, perché si ribella?” (pp.147-48)
Fadigati
non si sopporta e non si accetta più; ben diverso il giovane:
“in
quel momento, ero certo che non sarei mai riuscito a rispondere
all’odio altro che con l’odio”.
(p.148)
Il
narratore non accetta quella sottomissione che altri volevano da lui,
ma risposte definitive alle sue domande non ci sono, il dubbio
rimane: sono i ferraresi a ricacciare gli ebrei nel ghetto, facendo
rinascere l’antico odio, o quest’ultimo si era solo assopito e le
circostanze storiche lo fanno rinascere?
“Il
senso di solitudine, che mi aveva sempre accompagnato in quei due
ultimi mesi, diventava, se mai, proprio adesso, ancora più atroce:
totale e definitivo. Ma con questo? Che cosa volevo? Che cosa
pretendevo, io?” (p.166)
È
la stessa domanda che ricorre nelle “Storie”, alcuni personaggi
delle quali sono nominati come il dottor Corcos e
soprattutto i Finzi-Contini, vero emblema di una parte separata della
società ebraica, rinchiusi nella loro casa nobiliare. A questi
aristocratici eleganti Bassani dedica un piccolo cammeo che
costituisce il viatico per il suo successivo romanzo e capolavoro,
“Il giardino dei Finzi-Contini”.
LO STILE
Bassani è un scrittore tradizionale, legato allo scrivere “corretto” tipico italiano. Prima lo stile, l’eleganza, poi il contenuto che, essendo “prigioniero” dell’eleganza non può che essere allineato con un certo ordine di idee e di concetti. Bassani ed il suo calligrafismo agile, intelligente, anche se a volte carico di compiacimento estetico come ne “Gli occhiali d’oro”.
Giorgio Bassani, Gli occhiali d’oro,
Milano, Oscar Mondadori 1980. Introduzione di Luigi Baldacci.
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