CON QUESTO POST PARTECIPO AL CONTEST
...VISITIAMO TRIESTE ATTRAVERSO
LA LETTURA DI .....
Con Svevo siamo ancora su autori del Nord Italia per questo tour letterario attraverso le regioni italiane che abbiamo imparato ad apprezzare meglio attraverso i libri proposti e scelti dai partecipanti a questa interessante iniziativa.
Una speciale catena di lettura...
ECCO ALLORA......
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo
grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
U. Saba
Significative
le parole di Umberto Saba, anch’egli triestino,
anch’egli visceralmente legato alla città di confine dove è
nato..
Trieste città di limiti e di superamenti. Italiana, austriaca, slovena, con un’anima nobile e melanconica; bellissima e decadente, altera e
mai vanitosa, si specchia nelle onde di un mare che sembra bagnarla
per alleviare i taglienti soffi della Bora
invernale. Città di cultura, Trieste è musa ispiratrice
dell’Arte. Saba l’amò, ma ancora di più deve, al fascino
misterioso di questa città dalle armoniche contraddizioni, Italo
Svevo
ITALO SVEVO....CHI ERA COSTUI?
Pseudonimo di Ettore Schmitz (Trieste 1861 - Motta di Livenza,
Treviso 1928), romanziere italiano, la cui opera ha rappresentato un
momento di passaggio tra le esperienze del decadentismo italiano e la
grande narrativa europea dei primi decenni del Novecento
Di
famiglia ebraica, egli è riuscito grazie anche alle caratteristiche
culturali di una città come Trieste, allora parte dell'impero
austroungarico, ad assimilare una cultura mitteleuropea, che gli
ha permesso di acquisire uno spessore intellettuale raro negli
scrittori italiani del tempo. Al centro di questa sua formazione da una parte la conoscenza della filosofia tedesca
( Nietzsche e Schopenhauer) e della psicoanalisi di
Freud, dall'altra, l'interesse per i maestri del romanzo francese, Stendhal, Balzac, il naturalista Zola, e i grandi
narratori russi Gogol', Turgenev, Tolstoj, Dostoevskij e
Cechov.
Svevo approfondì queste letture nel tempo libero che gli lasciava
il suo lavoro di impiegato in banca, che dovette iniziare nel 1880
dopo il fallimento della ditta paterna. Intanto collaborava come
critico teatrale e letterario a "L'indipendente", giornale
triestino sul quale nel 1890 comparve a puntate la sua novella
L'assassinio
di via Belpoggio.
Il romanzo a cui lavora successivamente, Senilità
(1898), fa riferimento non al dato anagrafico bensì alla
patologica vecchiaia psicologico-morale di Emilio Brentani. Questa figura sveviana dell' "inetto" è circondata da
altri personaggi che acquistano spessore: la sorella Amalia, malinconica e "incolore";
Stefano Balli, scultore di poca fama ma uomo energico nella vita e
fortunato con le donne; la sensuale ed esuberante
Angiolina. Emilio, letterato di scarso successo, prende a modello
l'amico Balli e, nel tentativo di riscattare la mediocrità e il
grigiore della propria vita, intreccia con Angiolina una relazione
che si rivelerà fallimentare per l'incapacità di Emilio di tradurre
in pratica la lezione dell'amico e per la tenacia con cui proietterà
nella donna i propri sogni idealizzanti.
MAPPA LOGICO-CONCETTUALE |
Senilità, romanzo interamente votato alla
minuziosa analisi psicologica attraverso il sapiente uso
del discorso indiretto libero, ruota intorno a quattro
personaggi principali.
Emilio Brentani, il protagonista, prototipo del personaggio
della narrativa di Svevo, un inetto, del tipo molto rappresentato
nella letteratura della "crisi" del primo Novecento,
nevrotico ed insicuro, trattato dall'autore con ironia, ma anche con
affettuosa partecipazione emotiva. La sua esistenza è prudente, "in
difesa", condotta in una condizione di rarefazione vitale, di
senilità appunto, come ammetterà lo stesso protagonista.
La sua conoscenza del mondo e della vita sono filtrate attraverso
i libri, la lettura, più che attraverso l'esperienza diretta. E' un
intellettuale che vive le difficoltà e il disordine di una borghesia
senza più un centro e valori stabili, priva di
certezze. Un uomo che si è creato degli alibi e una falsa
rappresentazione di se stesso per evitare un'altrimenti penosa
consapevolezza.
Angiolina Zarri, giovane amorale, ignorante, insensibile, bugiarda. Idealizzata da
Emilio, per il quale rappresenta la donna, la salute, la potenza
dell'eros. In realtà, dietro la forte carica vitale, anche io come lettore
ho avvertito una personalità rozza, poco individuata. Dietro
la evidente sensualità ho notato mancanza di
impegno emotivo.
Stefano Balli, scultore artisticamente "fallito",
ma narciso, con un'alta considerazione di se stesso, di grande successo presso le donne oltre che della riverente
considerazione di Emilio. In apparenza un vincitore, in
realtà anch'egli mi si è mostrato come personalità che non sa amare, che pecca
a volte di insensibilità e di scarsa immaginazione. Insomma un Don
Giovanni incapace di un rapporto paritario con la donna, bensì
elementare ed affettivamente povero.
Amalia Brentani, sorella di Emilio, figura dolce, delicata
ed appartata, il modello femminile tradizionale. La sua
vita è dedita alla famiglia, alla cura del "nido" familiare. Il suo comportamento si caratterizza per il decoro
e la rispettabilità borghesi, fino al punto da reprimere gli
istinti, soprattutto quelli amorosi.
Tuttavia ho riscontrato, in questo personaggio riservato, una sensibilità, una dolcezza, un pudore, che ne fanno una presenza tutt'altro che mediocre, capace di provare forti sentimenti, come quello, negato, per il Balli.
Tuttavia ho riscontrato, in questo personaggio riservato, una sensibilità, una dolcezza, un pudore, che ne fanno una presenza tutt'altro che mediocre, capace di provare forti sentimenti, come quello, negato, per il Balli.
L'eros, dunque, è l' elemento
disgregatore dell'esistenza borghese. Mentre la misoginia che colora il personaggio
di Angiolina, ha dei punti di contatto con le teorie espresse sulla
donna proprio in quegli anni dal tedesco Otto Weininger,
Sullo stile, molti hanno affermato che
Svevo scrive male, fuori dagli standard raffinati della prosa
d'arte. Ed in realtà credo che il suo sia uno stile espressivo molto vicino al
parlato, con molti vocaboli settoriali, testimonianza ,
caso più unico che raro in Italia, di una soggettività maturata
nell'ambiente di una ricca borghesia mercantile e cosmopolita, come
quella triestina del tempo
LA
CITTA'DI TRIESTE IN SENILITA'
In Questo romanzo le vicende si
svolgono a Trieste, città in cui nacque Italo Svevo. Della città sono
descritti differenti luoghi, sia secondo caratteristiche naturali
(vie, mare, interni di abitazioni) che sociali (centro animato dalla
borghesia in festa per il carnevale, ambiente familiare - popolare di
Angiolina, - personaggio-chiave-).
Lo spazio è sempre
definito con estrema precisione, poiché l’autore, conoscendo bene
Trieste, la descrive minuziosamente e cita nomi di piazze, giardini,
strade cosicché procedendo nella lettura, si va delineando nella
mente del lettore la mappa della città
Le
descrizioni sono affidate al narratore , ma spesso riflettono
l’ottica di Emilio. I luoghi non sono descritti per quello
che sono ma per quello che appaiono agli occhi delle persone. Potremmo
affermare che la città sia vista attraverso i filtri o i colori
dello stato d’animo dei protagonisti della storia.
Lo
stato d’animo di Emilio evolve con il procedere delle sue vicende
amorose con Angiolina. I primi incontri tra i due avvengono a
Sant’Andrea, luogo sereno ed idilliaco.
La meta dei loro
appuntamenti diventa in seguito il Campo Marzio.
I due luoghi
citati cambiano configurazione nel corso della vicenda: il rione di
Sant’Andrea è mostrato poi all’inizio
dell’inverno, con alberi nudi, secchi, non ancora tagliati; il
Campo Marzio è descritto in un secondo momento nella pioggia e nel
vento freddo: per evidenziare il tumulto interiore di Emilio.
Anche
l’immagine del porto subisce un’evoluzione di questo genere.
Dapprima
esso incarna l’ideale di paesaggio felice, quando l’amore, agli
inizi, crea illusioni di vita serena:
"Oh,
era stata una serata indimenticabile. Aveva amato nella luce lunare,
nell’aria tiepida, dinanzi a un paesaggio sconfinato, sorridente,
creato per essi, per il loro amore".
Quando,
però, Emilio si allontana dal letto della sorella morente, Amalia,
deciso ad abbandonare definitivamente Angiolina, esso cambia
immagine, divenendo un paesaggio tragico:
"Al
sibilare del vento si univa imponente il clamore del mare. Un urlo
enorme composto dell’unione di varia voci più piccole. La notte
era fonda; dal mare non si vedeva che qua e là biancheggiare qualche
onda che il caos aveva voluta infranta prima di giungere a terra".
...brano - XII capitolo - che esprime lo stato d’animo di Emilio, dibattuto tra passione, che invano ha tentato di soffocare, ed il dovere inutilmente chiamato sentimento primario.
ED ANCORA...
Durante uno
dei loro numerosi appuntamenti, Emilio ed Angiolina in una notte di
fresca estate, si recano all’Arsenale per una passeggiata.
Osservandolo, Emilio pensa che il lavoro continui anche di notte:
"Vedeva
proiettarsi quella testa, illuminata da una parte dalla luce di un
fanale, sul fondo oscuro: l’Arsenale che giaceva sulla riva, tutta
una città, in quell’ora morta. – La città del lavoro! – disse
egli sorpreso d’esser venuto là ad amare. Il mare, chiuso dalla
penisola di faccia, nascosto dalle case, nella notte era sparito dal
panorama. Restavano le case sparse alla riva come su una scacchiera,
poi, più in là, un vascello in costruzione. La città in lavoro
pareva anche maggiore che non fosse. Alla sinistra, dei fanali
lontani parevano segnarne la continuazione. Egli rammentò che quei
fanali appartenevano ad un altro grande stabilimento situato sulla
sponda opposta del vallone di Muggia. Il lavoro continuava anche là;
era giusto che alla vista apparisse come la continuazione di questo".
ARSENALE - TRIESTE |
Da questo
passo del capitolo IV, si capisce che la città appare ad Emilio,
come una fusione di connotazioni naturali e sociologiche. Infatti,
lui stesso la definisce "la città del lavoro".
Ma è necessario chiarire che l’Arsenale, come del resto
tutta la città, è oggetto di contemplazione e di bei discorsi. Gli abitanti
di Trieste sono rappresentati sempre nel loro tempo libero; il lavoro
è assente; il divertimento e le chiacchiere cittadine sembrano
l’unico scopo delle persone.
Trieste
dunque città vivace, movimentata dal carnevale, con il brulicre della
folla "festiva e rumorosa" che esce per il passeggio serale
sul corso, che frequenta i veglioni, che affolla il teatro per
ascoltare Wagner con l’ipocrisia della provincia (metà del
pubblico è occupata a far intendere all’altra che si diverte) e
che si ripara nei bar dal freddo invernale.
Trieste, "la città
dai mille volti" poiché ha la caratteristica di cambiare
configurazione secondo il variare delle stagioni e del tempo, ma
anche secondo lo stato d’animo di chi la osserva o di chi la vive.
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