Pubblicato per la prima nel 1972 da Einaudi, Le città invisibili
si mostra particolarmente efficace nel narrare il delirio delle
metropoli contemporanee, città in costante movimento e mutamento.
L'Autore ha scelto come
protagoniste del suo libro le città che Marco Polo ha visitato
durante i suoi lunghi viaggi, alle quali ha attribuito alcuni nomi di
donna, anche fra i più strani.
Dall’analisi di alcuni di questi
appellativi si nota come il loro significato sia in relazione alla
descrizione del narratore secondo un rapporto di analogia o di
contrasto.
ANALOGIA
DESPINA (Le città e il desiderio );
propriamente il culto della signora o la signora presso gli antichi
Greci. Questa è indicata come città di confine fra due deserti:
quello fatto d’acqua e quello di sabbia. Gli uomini assumono un
atteggiamento di venerazione verso questa città, intermediaria fra
il mare e il deserto: dunque il nome scelto da Calvino sottolinea la
caratteristica fondamentale.
ZOE (Le città e i segni ); dal greco
significa vita. A Zoe tutto è molto simile e il
viaggiatore si perde spesso. Il narratore nelle ultime frasi che
concludono il suo racconto esprime il suo giudizio dicendo se
l’esistenza in tutti i suoi momenti è tutta se stessa, la città
di Zoe è il luogo dell’esistenza indivisibile. Questa frase
piuttosto difficile sta ad indicare, a mio avviso, che non è
necessario che tutto sia differenziato per creare la vita, e mi
rievoca l’idea del "brodo primordiale".Troviamo dunque nella scelta
dell’autore un’analogia evidente.
EUFEMIA (Le cittè e gli scambi.); la
sua etimologia greca , dalla bella parola. Questo è il racconto dove il tema
principale di questa serie è più evidente: qui a Eufemia non ci
sono solo scambi commerciali, ma soprattutto scambi di pensieri,
emozioni e sentimenti che tramite poche parole assumono connotati
diversi a seconda di chi li esprime, dove mercanti di sette nazioni
convengono a ogni solstizio ed equinozio, e dove a ogni parola che
uno dice[…], gli altri raccontano ognuno la sua storia […].
PIRRA ( il nome dal greco che
significa infuocata). L’immagine del fuoco ci richiama alla mente
quel calore ardente, così luminoso che abbaglia la vista: proprio
questa è la città di Pirra, da quel momento in poi il nome Pirra mi
richiama alla mente questa vista, questa luce, questo ronzio,
quest’aria in cui vola una polvere giallina: è evidente che
significa e non poteva significare altro che questo.
EUDOSSIA (Le città e il cielo ); dal
greco, dalla giusta opinione. Infatti Eudossia è il frutto del
responso di un oracolo per cui gli auguri hanno costruito la città e
ne hanno riportato schematicamente le caratteristiche su un tappeto
dal quale i viaggiatori possono ritrovarsi se si sono persi. L’autore dunque ha scelto un nome che
rispettasse il suo proprio significato etimologico.
PENTESILEA (Le città continue ); dal
greco, colei che reca sofferenza. Qui la descrizione appare quasi
inquietante poiché non c’è nella città né un inizio né una
fine, il che sconvolge un po’ il lettore: questa è una città
degradata dove la ricchezza non esiste e forse neanche la sofferenza,
ma la tristezza senza ombra di dubbio sì. Questa particolare visione
della città, sotto uno dei suoi tanti aspetti, potrebbe
rappresentare lo specchio della società odierna, dove nessuno ha
tempo di "vivere".
CONTRASTO
SOFRONIA (Le città sottili ); dal
greco, la virtuosa, la temperante. La città si compone di due mezze
città: quella delle giostre, dei balocchi e la città delle
istituzioni: la prima sempre fissa, la seconda provvisoria. Così
ogni anno arriva il giorno in cui i manovali staccano i frontoni di
marmo, calano i muri di pietra, i piloni di cemento…. Qui resta la
Sofronia dei tirassegni e delle giostre, e comincia a contare quanti
mesi, quanti giorni dovrà aspettare prima che ritorni la carovana e
la vita ricominci. A questo punto non posso fare a meno di pormi una
banale domanda:
forse questa la città saggia?
EUTROPIA (Le città e gli scambi.);
dal greco, dal grande sviluppo(ben sviluppata). Effettivamente questa città è molto sviluppata soprattutto in estensione: tante
città, una diversa dall’altra, dove gli uomini si trasferiscono in
comunità per rinnovare per poco tempo la loro vita sempre
insoddisfatta. è dunque un’estensione inutile, dato che gli
abitanti tornano a recitare le stesse scene con attori cambiati;
ridicono le stesse battute con accenti variamente combinati;
spalancano le bocche alternate in uguali sbadigli.
EUSAPIA (Le città e i morti .); dal
greco e dal latino, il ben sapere, l’essere saggia. è strano come
viene rappresentata la saggezza a Eusapia: gli abitanti per rendere
più piacevole la morte hanno costruito una città identica a quella
terrena, sottoterra, così che ormai, si dice, non si riesca a
riconoscere quale sia quella dei vivi e quella dei morti. Il modo di
agire degli abitanti di Eusapia è stato inutile e profanatorio. La
smania di voler sapere tutto, più di tutti è una caratteristica e
per meglio dire un brutto difetto del mondo attuale. Calvino l’ha
voluta rappresentare in questo modo che è assai efficace e anche qui
etimologia e narrazione corrispondono anche se inizialmente può
sembrare di no; il tutto appare ironico.
PROCOPIA (Le città continue ); dal
greco, tagliata prima, davanti. Con sottile ironia il narratore
descrive i suoi soggiorni a Procopia.Qui non c’è nulla di "tagliato"
o diviso, anzi sembra, è effettivamente ogni volta raddoppiato o per
lo meno aumentato. Qui anche la scelta del nome ha il suo significato
ironico nel racconto.
PERCHE' LEGGERE QUESTO CALVINO...
PER IL MODO DI RACCONTARE
Ne Le città invisibili Italo Calvino
racconta le storie in un modo molto particolare: una serie di blocchi
narrativi indipendenti, inseriti in una conversazione che avviene tra
Marco Polo, il narratore, e Kublai Khan, il destinatario della
narrazione. La descrizione delle città, i cui particolari li coglie
solo Marco Polo, è suggestiva: ognuna dunque ha il nome di una donna e
corrisponde a una tematica particolare....la città e i
morti, il desiderio, il cielo, gli scambi, il nome, i simboli, la
memoria…
Ne Le città invisibili c’è un gioco
matematico: la numerazione disordinata di alcuni capitoli dimostra
che non c’è alcuna cronologia da seguire e che la narrazione è
sospesa in un tipo di narrativa fantastica che si basa sulla premessa che la storia del mondo abbia
seguito un altro corso rispetto a quello reale: si può iniziare
dalla fine e procedere verso l’inizio o dall’inizio verso la fine
o ancora a metà, in un gioco di libertà enunciativa che è molto
interessante. Un po’ come quando si viaggia veramente: nessuno ci
obbliga a scegliere un percorso piuttosto che un altro.
L’autore non lascia che in questa ragnatela il lettore si perda, non lo
abbandona mai: come delle bussole, i titoli dei capitoli lo conducono
attraverso dei veri e propri percorsi tematici.
Così, Calvino riesce a condurci attraverso il labirinto di
dubbi e quesiti che le città invisibili costruiscono. Labirinto in cui
si perde anche la scrittura del romanzo che un momento sembra prosa, per
poi mutarsi nell’istante successivo in poesia.
Le città di Italo Calvino, oltre ad essere invisibili, sono impalpabili,
duplici, fatte di terra, aria, immondizia, materiali preziosi e,
soprattutto, persone. Persone che con i loro atteggiamenti possono
cambiare l’immagine stessa della città in cui vivono.
La biblioteca “quelli del Venerdi’ del libro” su PINTEREST
1 commento:
Ciao!Sono una nuova follower...Se ti va passa nel mio blog <3
Posta un commento