A chi segue questo Blog e questa Rubrica, voglio ricordare i cent’anni dell’attentato di Sarajevo, che portò alla Grande Guerra e METTO NELLA LISTA alcuni romanzi con cui rammentare questa importante ricorrenza e le sue terribili conseguenze.
Cent’anni fa alcuni colpi di rivoltella sconvolsero il mondo. L’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria-Ungheria, avvenuto il 28 giugno 1914,
aprì la strada alla “crisi di luglio”, destinata a
concludersi con la folle decisione austriaca di dichiarare guerra alla
Serbia.
Un rude inverno - Raymond Queneau - traduzione dal francese di Paola Gallo, prefazione di Stefano Bartezzaghi,
Einaudi, 2009
La Grande Guerra secondo Raymond Queneau
Il libretto l'ho ritrovato nel sistemare dei libri fra le LETTURE SCELTE PER LE VACANZE DI NATALE dei Proff del Liceo che hanno frequentato i miei figli.
A suo tempo l' autore l'ho molto apprezzato per i suoi esercizi di stile ma questo è Quenau anteguerra. Il breve romanzo intriso di arie di guerra,
scritto nel 1939 racconta fatti del 1916 quando la guerra riempiva di sé
anche la vita della sonnacchiosa Le Havre – il protagonista riscopre la
vita e le donne dopo anni di vedovanza
Le Havre, 1916, in piena prima guerra mondiale.
Un burbero militare ferito al fronte, devastato dal lutto lontano e
dall'idiozia dei suoi contemporanei, coltiva l'odio come una pianta
rara. Perché il tempo ricominci a scorrere dovrà attraversare la rude
evidenza della solitudine, la confusione del desiderio, la meraviglia
dell'amore. Sembra che nella vita degli uomini «da un certo momento in
poi, non smetta più di nevicare». Ma la vita, forse, è più forte
di qualsiasi inverno, reale e metaforico.
Un romanzo caratterizzato da uno straordinario umorismo, secondo me da troppi anni inspiegabilmente dimenticato.
Un romanzo caratterizzato da uno straordinario umorismo, secondo me da troppi anni inspiegabilmente dimenticato.
La provincia francese dà spunti per le riflessioni dell'autore sui rapporti umani, sul conformismo e sui rapporti tra le nostre vite quotidiane e i grandi eventi della storia
“La sua memoria era lastricata di lapidi
come quella di un romantico, ma lui, da funzionario coscienzioso,
estirpava con cura le erbacce lungo i viali e coltivava con ardore le
poche aiuole in fiore che malgrado i tanti inverni non erano punto
appassite. Così meditava dunque; sognava dunque; rimuginava dunque.”
IL CLASSICO Addio alle armi – di Ernest Hemingway (Mondadori) l'ho letto molto tempo fa e mi ha colpito per il fatto che Hemingway
si ispirò per la trama di questo romanzo, ormai divenuto un classico,
alla sua esperienza in qualità di paramedico presso il fronte italiano
nel 1917. Conducente di autoambulanze militari, il giovane Frederic è
costretto a rivedere le sue posizioni sull’eroismo della guerra quando
si trova ad avere a che fare con centinaia di moribondi e di feriti,
spesso orribilmente mutilati.
Stile terso, asciutto, teso a una rappresentazione picaresca ed epica, a
grandi tratti pervaso da una pietà religiosa, giudice e testimone, suo
malgrado, di una tormentata e contraddittoria epoca. Soprattutto,
modello di una perfetta identificazione tra Arte e Vita, tra scrittura e
vicende
Guerra, amore e morte. Tappa fondamentale per lo sviluppo di quel filone
letterario a sfondo bellico, grazie alle indimenticabili pagine che
narrano la battaglia di Caporetto, e all’acutezza con la quale vengono
trattati i conflitti emotivi ed ideologici tra i soldati durante la
guerra, Addio alle armi è il romanzo di un amore che, quasi
stoicamente, si rassegna alla crudeltà del destino. Al contempo, il
ritratto di un’epoca e delle sue contraddizioni, e di quanto
diventi misera la vita se violentata da un’arbitraria violenza, senza
alcun senso che possa legittimarla.
Titolo originale: IM WESTEN NICHTS
NEUES
traduzione di Stefano Jacini -Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1931
traduzione di Stefano Jacini -Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 1931
Collana: I romanzi della guerra
Celeberrimo romanzo antimilitarista e autobiografico dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque. Si narrano le vicende di Paolo Bäumer (nome rigorosamente italianizzato come voleva la moda dell'epoca - da notare che il nome Paolo rimane anche nel doppiaggio dell'altrettanto famosa trasposizione cinematografica di Lewis Milestone), giovane studente convinto dalla propaganda e dal suo professore di liceo (Kantorek), ad arruolarsi volontario, insieme ai suoi compagni. Questo libro non vuol essere né un atto d'accusa né una confessione. Esso è il tentativo di raffigurare una generazione la quale - anche se sfuggì alle granate venne distrutta dalla guerra".
Precipitati all’improvviso nell’esperienza della guerra,
alcuni giovani tedeschi ne scoprono tutto l’orrore. La guerra non è una
questione di orgoglio e di eroismo. La guerra è un inferno senza
ritorno: anche se da quel baratro si riuscirà a risalire verso la luce,
la vita ne sarà comunque compromessa. Il protagonista del racconto, il
soldato Paul Bäumer, di umile estrazione sociale e ragazzo dal cuore
puro, assurge “al ruolo di giudice simbolico di una situazione
storica vissuta, senza possibilità di rivolta, dal popolo. I suoi
compagni di guerra sono osservati in tutte le manifestazioni, debolezze,
tentazioni e sussulti che il fronte impone anche agli uomini più
corazzati”.
Paul morirà, proprio alla fine della guerra, in un giorno placido, quel giorno era stato annotato: "Niente di nuovo sul fronte occidentale".
SU QUESTO BLOG UNA PAGINA E' DEDICATA A QUESTA INIZIATIVA
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