IN CUCINA CON LEOPARDI: "CARO GIACOMO TI SCRIVO"
Cari Lettori per questo martedì HO TROVATO ISPIRAZIONE DA UN SOMMO POETA DELLA LETTERATURA ITALIANA, LEOPARDI.
Infatti nella Biblioteca Nazionale di Napoli è conservato
un ritaglio di carta lungo e sottile su cui Giacomo Leopardi, con scrittura
minuta, precisa, chiara ed elegante, stese
una lista di quarantanove piatti realizzati con mano sapiente nella città
partenopea, dove il poeta era giunto nell’autunno del 1833 insieme all’amico
Antonio Ranieri.
Ogni piatto indicato da Leopardi
e realizzato dal cuoco Ignarra, ci porta a riflettere su una teoria del gusto e rispondere
ad una esigenza sociale, rivelandoci una precisa linea di percorso nella
storia della cucina italiana.
Io ho seguito l’ipotesi su cui
Domenico Pasquariello - meglio conosciuto come Dègo, pittore romano che vive
prevalentemente a Parigi- costruisce con Antonio Tubelli, cuoco apprezzato
a Napoli, nel bel libro Leopardi a tavola (Logo Fausto Lupetti Editore, 2008), intreccio tra una base storica documentata e l' andare fantastico
così armonioso da farci rivivere quegli anni, ripercorrendo Napoli e dintorni densi di profumi, di odori, ricchi di passato.
Gli autori espongono questa teoria - sugffragata dalle ricette che spaziano dalle tradizioni del Nord Italia a quelle del Sud:"L’idea di Nazione che emerge
dal pensiero politico di Leopardi e le
competenze gastronomiche che gli derivano dalla sua educazione familiare fanno
sì che dai dialoghi con il maestro-cuoco Ignarra scaturisca una vera e propria
reinvenzione del gusto che supera i regionalismi e porta ad un’unità l’arte
culinaria italiana. Anticipando di mezzo secolo l’Artusi in tale impresa".
Caro Giacomo, sei stato un allievo diligente
quando appuntavi, buongustaio e attento creatore di ricette, la lista delle
pietanze (ora riscoperta alla Biblioteca Nazionale di Napoli)- La lista di queste
famose ricette, 49 in tutto, ti vedono negli anni felici che tu trascorresti a Napoli, ospite dell´amico
Antonio Ranieri, che nel 1833 ti convinse
a trasferirti lì, perché l´aria di Napoli ti
avrebbe fatto bene. Infatti tu apprezzavi tutto: l´aria, l´atmosfera, la gente. E la
cucina. In particolare, quella di Pasquale Ignarra, cuoco
sopraffino e rivoluzionario militante (parteciperà poi ai moti
del 1799). Pasquale ti sedusse con la sua abilità ai fornelli e, probabilmente,
anche con la sua personalità. Ti conduceva a visitare e scoprire le bellezze della
campagna napoletana (Villa Ginestra, la dimora che ospitava i due, a Torre del Greco), immersi nei profumi di
timo e rosmarino, con la sua frutta spettacolare, i prodotti genuini. E tu mangiavi, con gusto, con soddisfazione. Si dice
che tu - lo dicono i tuoi scritti - spesso non toccavi cibo
se non ti sentivi sentiva ispirato dal contesto.
Le ricette che ci hai lasciato , 49 in tutto, sono veri e propri capolavori ed hanno un numero ed un punto e
spesso il nome della preparazione è accompagnao da un “eccetera”, come a far
riferimento a qualcosa di irripetibile, che supera i confini della parola
scritta. Forse ci hai voluto solo lasciare il ricordo. O che i posteri potessero lavorare di immaginazione.
Una lista
verosimilmente molto personale, caro Giacomo, che custodisce il segreto di un Leopardi
diverso, che supera per alcuni anni, tra la Via Pero, a Napoli, e la Villa Ferrigni, a Torre del Greco, le
fatiche di un corpo colpito dalle
malattie croniche di sempre e dalla deformità, per riscoprire un rapporto nuovo
e intenso con il cibo
Tu grande poeta, dopo aver vagato nell’Infinito del tuo scetticismo, ti mettevi a tavola e mangiavi con allegria e appetito, anche
perché molti di quei piatti che ti preparava il tuo cuoco nascevano da tue precise indicazioni, sapientemente elaborate.
E oggi ti ho ri-scoperto
nel libro “Leopardi a tavola” quasi una
provocazione, una profanazione della tua grande poetica che certamente non ti cataloga nel settore dei materialisti gaudenti. Eppure
la “materia”, ossia la vita che ti prende e ti avvince, che diviene ed è dispensatrice
di piacere, aveva conquistato anche te.
Nel 1833 quando invitato dal tuo carissimo amico Antonio
Ranieri, ti rechi come ospite a Napoli e ci rimarrai fino al 1837, l’anno della tua
morte, quelli rappresentano forse gli unici anni felici della tua breve esistenza,
circondato dall’affetto del tuo fraterno amico, dalla vitalità della Napoli di quel
tempo… e dal suo espertissimo cuoco, Pasquale Ignarra.
Caro Giacomo non sei curioso di sapere come nasce
questo libro sulle tue ricette? Ebbene proprio sotto il Sole del Vesuvio ecco questo “Leopardi a tavola”, un libro colto,
raffinato ma anche tutto da “gustare”. Devi sapere che nella Biblioteca
Nazionale di Napoli si conserva, assieme alle tue carte di poeta, un lungo e
stretto ritaglio di carta dove tu stesso scrivevi un elenco di 49 ricette. Partendo da questo
documento gli autori hanno ricostruito il tuo soggiorno e la
vita in quei luoghi , le abitudini, i costumi anche alimentari di Napoli, in
quegli anni lontani. Siamo in una realtà, come affermi tu stesso, violenta, vitale, “affricana” ma affascinante,
lontana dalla sua silenziosa e dolente Recanati. Proprio attraverso ricette-appunti che scrivi e che il tuo affezionato cuoco interpreta
con sapienza e con la ricerca della naturalità, del “buon cibo che fa bene al
corpo”, ho scoperto un angolo di mondo e
un tratto nascosto del Leopardi mio
amato poeta e preferito tra tutti. Hai tratteggiato quel mondo con i sapori, i mercati, le verdure, le
carni, i pesci… la tua vita quotidiana, la confusione creativa di quel popolo
che hai amato tanto, sempre al limite della tragedia e della
commedia.
La tua, come spiega Domenico Pasquariello, uno degli autori del libro, è stata una concezione galeniana dell´alimentazione:
mangiare per star bene, nell´armonia perfetta di cibo, ambiente, situazione. Questo autore
già dal nome che ci fa fantasticare su Napoli!!- Pasquariello-,
intellettuale-artista romano che vive prevalentemente a Parigi, teorico della
pittura-cucina, ha messo insieme stralci di tuoi testi che descrivono il tuo rapporto con il cibo.
Così ho scoperto, caro Giacomo come in alcune lettere ai parenti e agli amici
tu hai la nostalgia di certi alimenti,
specialmente dolci (il “gelato di latte e di miele”), assaggiati durante le
feste paesane. Mentre l' altro autore di questo libro che riporta a noi una tua
particolare personalità caro Giacomo. Antonio Tubelli, cuoco apprezzatissimo a
Napoli, ha rimesso in ordine le ricette, rintracciato gli ingredienti, un´opera di scavo nell´archeologia
gastronomica.
E sai cosa dice di te, alla conclusione:” Leopardi è stato il vero
“Garibaldi della cucina italiana”, l’ha unificata mezzo secolo prima di Pellegrino Artusi, poiché le tue ricette
spaziano dalle specialità liguri a quelle siciliane, passando per Marche,
Romagna, Lazio e naturalmente Campania. Tenendo conto che lo stesso Regno delle
due Sicilie era un territorio vasto, in cui idee, spunti, tradizioni, costumi,
e anche prodotti e ricette, circolavano e si mescolavano.”
Caro Giacomo, pensa che cosa fantastica visitare Villa Ginestra –ora patrimonio nazionale,- far
riaprire la vecchia cucina. Ritrovarla intatta, il tavolo lunghissimo, i tre fornelli
a legna.
Che bel pellegrinaggio sarebbe!
Ma io caro Giacomo sogno attraverso il libro che rappresenta uno
speciale resoconto della tua personalità
UNA RICETTA LEOPARDIANA
SCRITTA ALL’OMBRA DE VESUVIO
Scammaro di cozze in pasta frolla rustica ( odierna
Quiche)
Ingredienti (per 4 persone):
400 gr di linguine,
100 gr di olive di Gaeta (snocciolate),
100 gr di olive verdi,
30 gr di
capperi dissalati,
2 acciughe sottolio,
3 cucchiai di olio e.v di oliva,
600 gr di cozze,
uno spicchio d’aglio,
prezzemolo e
sale.
Per la pasta frolla rustica:
200 gr di farina 0,
300 gr di farina 00,
3 tuorli d’uovo,
150 gr di zucchero,
150 gr di sugna,
un pizzico di sale.
Procedimento:
“Preparare la pasta frolla rustica disponendo la farina a fontana e unendo gli ingredienti indicati. Lavorarla fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo. Lasciare riposare per circa un paio d’ore. Sfriggere le olive, i capperi e l’acciuga in olio e aglio, unire poi le cozze sgusciate e una parte del loro fondo. Cuocere le linguine al dente e saltare nel loro preparato. Aggiustare di sale e aggiungere il prezzemolo. Rivestire uno stampo imburrato e infarinato, con la pasta frolla; sistemare le linguine all’interno e cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi, per circa 45 minuti. Servire”
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