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GIVEAWAY! Vinci il primo sequel austeniano della storia!
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GIVEAWAY! Vinci il primo
sequel austeniano della storia: quali finali diversi potremmo ideare per i Romanzi della Nostra Autrice?!
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In un articolo del
novembre 1995 sulla rivista americana Newsweek il critico David Ansen
scrive: «It wouldn’t seem that we are living in an age that’s
particularly welcoming Austen’s ironies, her intimately calibrated
dissection of manners or her finely chiseled moral distinctions. But
perhaps that’s the point of her new found popularity: she is a
splash of clear, cool water on our morally groggy foreheads.»
"Viviamo in un’epoca
che non sembrerebbe particolarmente disposta ad accettare e gradire
l’ironia di J. Austen, la sua minuta analisi delle regole di
comportamento, o il suo lavoro di cesello riguardo ai principi
morali. Ma forse questi sono proprio i motivi della sua popolarità
ritrovata: Jane Austen è una ventata di aria pulita sulle nostre
fronti moralmente “rintronate”».
Ecco perché J. Austen è
attuale: il nostro mondo che ha perso punti di riferimento , che è
scortese indiscreto e volgare cerca dei messaggi di equilibrio e di
comportamento morale, e li apprezza di più se gli pervengono da
romanzi ben strutturati basati su una sequenza di arguti dialoghi,
che non sono mai didattici moraleggianti. Secondo me è interessante notare la tecnica usata dalla nostra autrice che pone
i suoi personaggi e gli avvenimenti in diretto contatto con il
lettore, lei stessa non interviene, se non raramente, per commentare
, giudicare o desumere come invece fanno autori come Fielding , Dickens o
Thakeray nei loro romanzi, e, se interviene, lo fa solo con
personaggi dichiaratamente negativi: ecco come con poche, ma
efficaci, parole descrive in "Orgoglio e pregiudizio" Mrs Bennet: «Era una donna di
intelligenza modesta, di scarsa cultura e di carattere debole e
incerto.» L’autrice lascia sempre che siano i protagonisti con le
loro parole e i loro comportamenti a offrirsi al pubblico.
Noi "lettrici" siamo stimolate ad essere coinvolte e come dice U. Eco ad essere «lector in fabula». Dalla sua scrittura ci giunge la voce di un intelligenza analitica, che ama nascondersi tra le considerazioni apparentemente banali di questa o quella eroina.
Decoro, buon gusto, buone maniere, senso della misura le parole - chiave dei suoi romanzi. Parole che uno scrittore romantico non avrebbe certo usato. Esse si riferiscono ad un mondo che ha leggi di comportamento ben definite, un mondo che crede che l’uomo sia un animale sociale e che i sentimenti personali debbano essere subordinati o almeno adattati alle esigenze dell’ordine sociale. Diversamente dai suoi contemporanei romantici J. Austen non aspirava per i suoi personaggi ad una felicità e ad una libertà assoluta, al contrario era convinta che la felicità si potesse trovare solo in una equilibrata combinazione di ragione e sentimento, di onestà verso se stessi e di rispetto delle norme di comportamento.
Penso che il suo messaggio di
razionalità non indichi mancanza di sentimenti o freddezza, ma
spiccato spirito critico, capacità di analisi e di autocontrollo.
Jane Austen sta a rappresentare una giovane donna dalla genialità
tranquilla, senza sregolatezze ed è per questo che ci convince e ci cattura.
Rispetto alla letteratura femminile che la precede questa autrice ha
personalità più forte e un intuito più sicuro, oltre a un maggiore
distacco dal sentimentalismo moraleggiante tipico dell’epoca.
E' vero, i suoi romanzi trattano principalmente della vita di
un ristretto gruppo sociale,-quello della piccola e media nobiltà
terriera e della borghesia delle piccole città di provincia- ma
bisogna ricordare che questo era il mondo che lei conosceva e che
poteva descrivere con competenza.
Tutti i suoi romanzi sono
incentrati come dice la critica : «round the fate of her woman characters
in the marriage game, but while she unfolds a love story, she manages
to give a lucid description of 18th century society.» «intorno al
destino dei suoi personaggi femminili nel gioco del matrimonio, ma
mentre si dipana la storia d’amore, Jane Austen riesce a darci una
lucida descrizione della società del XVIII secolo.»
Il suo talento risalta anche nella sua capacità di preparare una trama intrecciando contemporaneamente fili principali e fili minori con moto meticoloso e simmetria, questa una delle sue qualità peculiari. Come appunta Grazia Livi in un saggio (1992) su Jane Austen:
«nei suoi romanzi, al centro di un mondo buono c’è sempre una fanciulla destinata al matrimonio: Elizabeth o Emma o Anne, Marianne o Catherine. Questa fanciulla per imprudenza, debolezza, pregiudizio o ingenuità tradisce il buon senso, che è la sola premessa ad un destino felice, s’avventura al di là delle regole, riceve una lezione che la induce a farsi più attenta alla qualità dei valori, riconosce il proprio errore, infine approda giudiziosamente a una soluzione adeguata. Si tratta di una sorta di partitura musicale - premessa, esperienza, lezione morale, ravvedimento, trionfo dell’ordine sul disordine. È una partitura che procede, con ariosità mozartiana, fino al finale che tutto assesta e riordina, dando ad ogni valore la priorità che gli spetta, e sistemando la fanciulla nell’unico quadro possibile: il quadro dell’equilibrio.»
«nei suoi romanzi, al centro di un mondo buono c’è sempre una fanciulla destinata al matrimonio: Elizabeth o Emma o Anne, Marianne o Catherine. Questa fanciulla per imprudenza, debolezza, pregiudizio o ingenuità tradisce il buon senso, che è la sola premessa ad un destino felice, s’avventura al di là delle regole, riceve una lezione che la induce a farsi più attenta alla qualità dei valori, riconosce il proprio errore, infine approda giudiziosamente a una soluzione adeguata. Si tratta di una sorta di partitura musicale - premessa, esperienza, lezione morale, ravvedimento, trionfo dell’ordine sul disordine. È una partitura che procede, con ariosità mozartiana, fino al finale che tutto assesta e riordina, dando ad ogni valore la priorità che gli spetta, e sistemando la fanciulla nell’unico quadro possibile: il quadro dell’equilibrio.»
Concludo, riferendomi al quesito posto dall'Amica Blogger in riferimento a quali diversi finali potremmo ideare per la Austen:
i romanzi come quelli delle Nostra Autrice, sono di formazione - come scrisse Goethe- con la metafora di
un appaesamento: il protagonista trova a coronamento della sua Bildung (1) una
precisa collocazione nella società. Questa porta inevitabilmente
alla felicità,
sintomo in questo caso di una socializzazione oggettivamente
compiuta. I romanzi stessi sono quindi determinati dalla convivenza
e dalla lotta delle due tensioni opposte,
il desiderio di autonomia e la necessità di socializzazione. E i finali non possono che essere quelli che la Austen ha "intrecciato", riproponendo ciò che ci ricorda il
sociologo della letteratura Spinazzola:
[...]
chiunque legga, per il fatto stesso di leggere, si arroga la facoltà
di emettere un proprio personale giudizio sulle qualità buone o
cattive del libro che ha letto, confermando o magari smentendo la
fortuna di cui gode.Potrà
trattarsi di un parere ragionato oppure di una semplice impressione
frettolosa, non importa; ciò che conta è la rivendicazione di
identità dell’io leggente, attuata esercitando il suo diritto
insindacabile di valutare la funzionalità
del prodotto scritto rispetto alle esigenze che avevano indotto a
leggerlo. Nessuna autorità può togliere nemmeno al più umile
lettore il potere di dichiararsi insoddisfatto di un’opera che non
lo abbia convinto, non gli sia piaciuta
1- La formazione implica il coinvolgimento attivo del soggetto che apprende
la cultura dandone una sintesi personale ed una rielaborazione
soggettiva. Il paradigma pedagogico che esalta l’attività dell’individuo
nel processo di formazione è quello della “Bildung“.
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