sabato 7 settembre 2013

PER QUESTO VENERDI' DEL LIBRO: IL PRANZO DI BABETTE IN "CAPRICCI DEL DESTINO"



A cinquant’anni dalla scomparsa di una delle maggiori scrittrici del Novecento la Emons, attraverso la espressiva lettura di un’interprete sensibile come Laura Morante, offre la possibilità di ascoltare la magica e potente atmosfera che scaturisce dalle figure di Babette, dalle mesdames Martina e Filippa, dall’animo meschino di Mister Clay e dall’ebreo errante Elishama. Sono strani e ineludibili gli Anectodes of Destiny e Isak Dinesen (uno dei tanti pseudonimi della scrittrice) ne era consapevole, basti pensare agli avvenimenti principali della sua esistenza, conclusasi il 7 settembre del 1962 a Copenaghen. La baronessa von Blixen – Finecke indimenticabile autrice de La mia Africa “Avevo una fattoria in Africa ai piedi degli altipiani del Ngong… ” fedele cronaca delle sue esperienze in terra africana, in questi due coinvolgenti racconti volge la sua attenzione all’eterno contrasto tra ciò che è ritenuto morale e opportuno e i desideri dell’animo umano. - See more at: http://www.ilrecensore.com/wp2/2012/06/i-capricci-del-destino-di-blixen-letti-da-laura-morante/#sthash.X4hPNKiJ.dpuf
 Karen Blixen, Il pranzo di Babette in Capricci del destino (Feltrinelli, prima edizione 1958)
Film: Gabriel Axel, Il pranzo di Babette (1987)





A cinquant’anni circa dalla scomparsa di una delle maggiori scrittrici del Novecento,  ancora è viva la magica e potente atmosfera che scaturisce dalle figure di Babette, dalle mesdames Martina e Filippa, dall’animo meschino di Mister Clay e dall’ebreo errante Elishama. Sono strani e ineludibili gli Anectodes of Destiny e Isak Dinesen (uno dei tanti pseudonimi della scrittrice), ne era consapevole, tanto da rifarsi agli avvenimenti principali della sua vita, conclusasi il 7 settembre del 1962 a Copenaghen. 
La baronessa von Blixen – Finecke indimenticabile autrice de La mia Africa “Avevo una fattoria in Africa ai piedi degli altipiani del Ngong… ” fedele cronaca delle sue esperienze in terra africana, nel racconto "Il pranzo di Babette" molto coinvolgente volge la sua attenzione all’eterno contrasto tra ciò che è ritenuto morale e opportuno e i desideri dell’animo umano.
Capricci del destino
COVER






Babette Feast (1950), “In Norvegia c’è un fiordo che si chiama Berlevaag Fjord”. In una delle tante “casine di legno tinte di grigio, di giallo, di rosa e di tanti altri colori” del paese in miniatura di Berlevaag molti anni fa vivevano due anziane signore “alte e flessuose”. Il padre di Martina e Filippa, così chiamate “in onore di Lutero e del suo amico Filippo Melantone” era stato “decano e profeta, fondatore di un pio partito ecclesiastico noto e riverito in tutta la nazione norvegese”. L’uomo aveva allevato le sue belle figlie “nell’ideale d’un amore celeste, e ne erano tanto prese che non si erano lasciate toccare dalle fiamme del mondo”. 
I seguaci  della setta avevano deciso di rinunciare a tutti i piacere terreni, perché “la vera realtà era la Nuova Gerusalemme verso la quale essi aspiravano”. Le “due pie donne” che in tutta la loro vita “si erano vestite in modo molto dimesso, di grigio o di nero” avevano al loro servizio Babette “che aveva bussato alla porta della casa gialla dodici anni prima”. Poteva sembrare a una prima occhiata che fosse un’incongruenza per due puritane avere come domestica una donna francese “ma la vera ragione della presenza di Babette nella casa delle due sorelle doveva essere cercata in un tempo più remoto e in una zona segreta della coscienza”. 

 

Babette “arrivata smunta e con gli occhi spauriti, come una bestia braccata” non parlava mai del suo passato e nonostante non avesse mai imparato “la lingua della sua nuova patria”, era rispettata sia se andasse al porto o  al mercato. Babette  era una cuoca speciale “comparsa come una mendicante, si era rivelata una conquistatrice”. Nella routine fatta di emozioni e sensazioni represse delle “due bionde Marie”, la “bruna Marta” avrebbe portato nella fredda Norvegia il cibo prelibato e il gusto di Parigi con un pranzo celebrativo organizzato per il compleanno del defunto decano. 
BABETTE CUOCA SPECIALE

 Leggendo il racconto sembra proprio di ritrovare l' elencazione ritmata lentamente delle  pietanze arrivate direttamente dalla capitale francese, offerte da Babette per le sue padrone e i seguaci,  tra le quali un superbo brodo di tartaruga, un piatto ricercato come il Cailles en sarcophage accompagnate  dal miglior Ammontillado.
 


LA RICETTA ...MIRACOLOSA



Cailles en sarcophage -Quaglie in crosta

Per 4  persone

4 Quaglie disossate,
tartufo nero,
2 cucchiai di Madera,
brodo,
4 vol au vent

Per paté

75 gr. Fegatini di pollo,
50 gr. di champignons  tritati,
12 PEZZI DI scalogno tritato,
60 gr. di lardo a cubetti,
4 fettine di lardo,
50 gr. di burro,
sale,
pepe,
timo,
1/2 bicchiere di vino bianco.


PROCEDIMENTO

Rosolare il lardo nel burro, toglierlo e nel fondo rosolare i fegatini, aggiungere il lardo, gli champignons, lo scalogno, timo sale, pepe e saltare tutto per 2 minuti. Togliere i fegatini e sfumare col vino bianco, passare tutto al mixer aggiungendo burro. Lasciare riposare in frigorifero. Riempire le quaglie col patè e mettervi sopra una scaglia di tartufo, avvolgere con la fetta di pancetta. Cuocere in una pirofila imburrata a 200°C per 15/20 minuti. Togliere le quaglie,  diluire il fondo con madera e brodo. porre le quaglie nei vol au vent, filtrare il fondo e infornare per 5 minuti.
Si consiglia Vino Barbaresco, Chianti, Inferno, Sassella

BLIXEN
"Il generale Loewenhielm smise di mangiare e si fece immobile, Era nuovamente riportato indietro nel tempo, al pranzo di Parigi che gli era ritornato alla memoria sulla slitta. un piatto incredibilmente ricercato e gustoso era stato servito quella sera, egli ne aveva chiesto il nome al suo vicino, il colonnello Galliffet, e il colonnello gli aveva detto, sorridendo, che si chiamava Cailles en sarcophage. Gli aveva, poi, spiegato che quel piatto era stato inventato dal cuoco dello stesso café in cui stavano pranzando, persona nota  in tutta Parigi come il più grande genio culinario dell'epoca, e - tanto più sorprendente - quel cuoco era una donna! "Infatti," diceva il colonnello Galliffet, " questa donna sta ora trasformando un pranzo al Café Anglais in una specie di avventura amorosa - una di quelle avventure amorose nobili e romantiche in cui si distingue più tra la fame, o la sazietà, del corpo e quella dello spirito!"
 
 

  Magicamente  i vecchi rancori tra i fedeli scompaiono e torna la perduta armonia.
È l’inizio di una vita nuova per il villaggio di Berlevaag e per i suoi abitanti relegati finora in un universo di ferreo  moralismo. È il miracolo della communard Babette “il più grande genio culinario” del Café Anglais di Parigi, 


 
 
“grande artista” capace di trasformare un pranzo in una “specie di avventura amorosa – una di quelle avventure amorose nobili e romantiche in cui non si distingue più tra la fame, o la sazietà del corpo e quella dello spirito!”.



La storia di ogni personaggio è la storia di molti esseri umani che necessitano di una vita intera per arrivare a darne un senso. Il tempo è per essi un elemento fondamentale. Succede a Babette, alle due sorelle e ai due innamorati. Questo è il punto in comune delle loro storie personali. Ed è anche una storia sulla rinuncia, dove i personaggi vivono un proprio destino, che non ammette intrusioni e variazioni, senza essere consapevoli che in futuro ne saranno riscattati e premiati.
UTENSILI   CUCINA
 
 Ora alla fine del pranzo: “… stasera ho imparato che in questo mondo ogni cosa è possibile”.
Il pranzo è la chiusura perfetta di un cerchio dove i nodi si sciolgono e si ritrova il senso di ogni cosa. L’esperienza individuale di ogni commensale si unisce e diventa una esperienza di gruppo. Ed il paesaggio norvegese penso abbia avuto un ruolo fondamentale come contenitore idoneo alla riflessione: i personaggi, usciti  dalla loro vita mondana trovano affetti e malinconia. Il silenzio si contrappone al rumore e alle distrazioni.

Forse il mio consiglio è leggete prima il racconto e poi visionate il film, anche se onestamente non so consigliare di fare prima!!!





 


venerdì 6 settembre 2013

GRUPPO DI LETTURA BRICE'S HOUSE: AGOSTO IN COMPAGNIA DEL ROMANZO "!IL VELO DIPINTO"


 




La curatrice del Gruppo  e dell'omonimo Blog,  Eri, ci chiede:" Vi è piaciuto "Il velo dipinto" ? cosa ne pensate? E  i vostri pareri,  commenti e curiosità...?"

Dunque l'autore, William Somerset Maugham, ed il "Il velo dipinto",  da me ri-lettori nell'edizione  Adelphi, 2007 (con la traduzione più moderna di Franco Salvatorelli), da sempre suscita curiosità e commenti particolari..
Dopo l’uscita nel 2006  nelle sale cinematografiche dell'omonimo film Il velo dipinto  e la proiezione da reti televisive,(film delicato che restituisce allo spettatore l'esperienza di una lettura diretta del libro del romanziere britannico William Somerset Maugham, a cui rimane fedele: girato prevalentemente in Cina, a Guilin, un luogo fiabesco. Magnifica la regia di John Curran e l'interpretazione di Edward Norton e di Naomi Watts, bella la colonna sonora di Alexandre Desplat, per la quale il film è stato premiato con il Golden Globe nel 2006.).....


...mi è stato offerto, per così dire, lo spunto per riprendere in mano il romanzo di William Somerset Maugham. 
 


 
Maugham ebbe l’idea di scrivere questo romanzo, Il velo dipinto, durante il suo primo soggiorno in Italia, nei pressi di Firenze. Era giovane e in quel periodo della sua vita  stava approfondendo la sua  formazione letteraria, cercando anche di affinare le sue doti di scrittore. Con l’aiuto di una giovane italiana leggeva il Purgatorio e, arrivato al Canto V, lesse i versi in cui Dante fa parlare Pia de’ Tolomei:
 «Deh, quando tu sarai tornato al mondo, / e riposato della lunga via», / seguitò ‘l terzo spirito al secondo, / «ricorditi di me, che son la Pia, / Siena mi fé, disfecemi Maremma: / salsi colui che ‘nnanellata pria / disposando m’avea con la sua gemma».

Colpito dalla storia della donna che colpevole d’adulterio viene portata in Maremma - luogo insalubre in cui era forse non sarebbe sopravvissuta a lungo-, dopo molti anni Maugham rielaborò la storia in chiave  personale, anche se la premessa dantesca è senz’altro   l’avvio, poi la fantasia dello scrittore prese altre strade.
Siena, luogo dove soggiornò l’autore,  ne Il Velo dipinto diviene Hong Kong e Pia stessa è Kitty, ragazza della buona società londinese che è alla ricerca di un buon partito. In questo compito è incoraggiata da una madre invadente che instilla nella figlia l’ansia del matrimonio spingendola a sposare Walter, un ordinario dottore. Egli è un uomo di profondi sentimenti e poche parole, innamorato e devoto, ma a  Kitty  appare un uomo banale e noioso se lo paragona a Charlie, l’amante bello ed elegante;  quando si renderà conto dell’errore di valutazione commesso, sarà troppo tardi.
Alla scoperta del tradimento, Kitty capisce  che Walter è un uomo implacabile e vendicativo, mentre Charlie si rivela solo un narcisista. Per punire Kitty, Walter mette a punto una sottile vendetta: portarla con sé in una località dove come batteriologo deve studiare l’andamento di  un’epidemia di colera e  dedicarsi alla cura dei malati, sperando che l’ambiente malsano provochi le sue  conseguenze.
 

 
Certamente  colonna portante del romanzo è  il concetto d’incomunicabilità, tema molto caro a Maugham, il quale sembra aver compreso che stia proprio nella difficoltà del colmare le distanze fra le persone il male più grave da cui è afflitta l’umanità. Un male per il quale sembra non vi sia cura, tutt’oggi!
Ma questa  incomunicabilità è  una distanza artificiosa, creata e alimentata da una serie di convenzioni e regole sociali percepite come necessarie  per sostenere  la normale vita in una comunità, qualunque essa sia.

La tematica non è   nuova per l’autore che la tratteggia soprattutto in racconti  che con Il velo dipinto  condividono anche l’ambientazione esotica, fattore primario, secondo me. Ed  è proprio quando ogni aspetto  di civiltà, pur se  ridicola e fittizia, si allontana dall’orizzonte dei coniugi Fane, che l’estraneità dell’uno rispetto all’altro ha il sopravvento con tutta la sua cruda realtà e reclamando il diritto all’esistenza e al riconoscimento fino a quel momento negato. Con l’arrivo a Mein-ta-fu la figura di Walter diventa il simbolo  dello scontro fra forma e sostanza. Sotto la fredda compostezza insieme  a un certo disincanto verso il mondo e i suoi abitanti, Walter è un uomo divorato da “sconquassanti” passioni che finiranno inevitabilmente per distruggerlo.

Il velo dipinto, romanzo che lessi e approfondii nell’ambito dell’analisi dei romanzi di formazione della cultura di oltreoceano nel percorso  universitario (Letteratura Americana ), è il prototipo del  romanzo di formazione.

Perché questo titolo?  Esso deriva dal sonetto di Percy Bisshe Shelley, poeta inglese della prima metà dell’Ottocento, che parla proprio di realtà ed apparenza ed  offre la chiave di lettura del romanzo. Kitty è convinta di vivere un mondo frivolo e leggero, proprio come lei, sarà quindi molto duro scoprire la verità sotto il velo:

"Lift not the painted veil which those who live / Call Life: though unreal shapes be pictured there, / And it but mimic all we would believe / With colours idly spread,—behind, lurk Fear / And Hope, twin Destinies; who ever weave / Their shadows, o’er the chasm, sightless and drear. / I knew one who had lifted it—he sought, / For his lost heart was tender, things to love, / But found them not, alas! nor was there aught / The world contains, the which he could approve. / Through the unheeding many he did move, / A splendour among shadows, a bright blot / Upon this gloomy scene, a Spirit that strove / For truth, and like the Preacher found it not".
                                                  
picture of shelley
RITRATTO

Percy Bysshe Shelley (1792-1822)

                          
 “Non sollevare quel velo dipinto, che quelli che vivono / chiamano Vita: per quanto forme irreali vi siano / rappresentate, e tutto quello che vorremmo credere / vi sia imitato a colori capricciosamente, / dietro stanno in agguato Paura e Speranza, / destini gemelli, che tessono l’ombre in eterno / sopra l’abisso cieco e desolato. Un tempo / conobbi un uomo che aveva provato / a sollevarlo: cercava / con il suo cuore tenero e sperduto / cose da amare, ma ahimè non ne trovò, / né trovò nulla di ciò che il mondo tiene / cui poter dare la propria approvazione. / Passò in mezzo alla folla distratta, splendore / in mezzo all’ombre, una macchia d luce / su questa lugubre scena, uno spirito in lotta / per giungere a cogliere il Vero, / ma come accadde anche al Predicatore non poté trovarlo”.


  One of the major English Romantic poets and is critically regarded as among the finest lyric poets in the English language.

 Il lento sollevarsi del velo dagli occhi di Kitty avviene attraverso passaggi delicati e un lungo e sinuoso percorso di espiazione, segnato soprattutto dal rapporto con la grande antagonista (se  per antagonista si intende “ opposto”) della giovane: la Madre Superiora. Dopo aver compreso, Kitty scivolerà ancora una volta nell’errore, ma è proprio attraverso quest’ultima, inaspettata e bruciante caduta che l’espiazione si completa.

Il velo dipinto non si può catalogare tra quei  romanzi  da esaminare  sezionando e analizzando singolarmente le sue diverse componenti. Il testo è contro questa logica né  è possibile evidenziarne un livello per poi passare al successivo secondo  un ragionamento causa-effetto. È tutto un groviglio  di significati autonomi e allo stesso tempo intrecciati fra loro e il lettore  si deve preparare a dipanarlo.
E secondo me  sta proprio in questo il piacere più grande nel leggere Maugham.