sabato 9 agosto 2014

“Per Stucky il prosecco è un vino simpatico.., "Finché c'è prosecco c'è speranza"...di Ervas, un'altra lettura per un'iniziativa originale, il Giro d'talia Letterario



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 Finché c'è prosecco c'è speranza...di Ervas, un'altra lettura per un'iniziativa originale, il Giro d'talia Letterario

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Fulvio Ervas
Finché c’è prosecco c’è speranza
prefazione di Margherita Hack
301 pagine, euro 16,50
Marcos y Marcos 2010


Per Stucky il prosecco è un vino simpatico, per gli esperti è “un vino per una stagione sociale”, ecco il motivo per cui l'autore lo  ha scelto come “protagonista” del suo romanzo”
Forse anche perché è stata la principale attività produttiva del Veneto ad essere cresciuta nell’anno 2009, in piena crisi economica. Quindi  simbolo: di imprenditorialità, di  rapporto con il territorio, di immagine.  E' una monocultura e dopo essersi  occupato, con Buffalo Bill a Venezia della monocultura turistica, ad Ervas è piaciuto ricordare che le monoculture esigono un’attenzione, una cura di altissimo livello. Il prosecco rappresenta una sfida e gli è  piaciuto narrarla.
 Molto  influenti  le  origini persiane di Stucky, il protagonista,  nel suo modus operandi :  ostinato e cortese, un poco seduttore come certi venditori di tappeti persiani, attento ai dettagli del comportamento umano, sensibile ed  amante delle bellezze del mondo, un incrocio tra  grandi tradizioni  di civiltà.
Le due vittime,  Desiderio Ancillotto e Tranquillo Speggiorin si possono tratteggiare  brevemente nelle caratteristiche. Il conte Ancillotto è il grande vignaiolo,  il conservatore che s’accorge che il mondo che ha amato e difeso  rischia di svanire.  Ne imputa la colpa al meccanismo sociale di cui  egli stesso è stato sostenitore.   L’ingegner Speggiorin, che dirige il cementificio, è l’uomo del PIL sempre in crescita, dei bilanci in attivo, dell’efficienza produttiva ad ogni costo. 

I temi:  Vino e cemento. I procedimenti per produrli a confronto con le relative speculazioni. Tradizione e innovazione spregiudicata, chi avrà   la meglio? 
Secondo l'autore, la tradizione, nella produzione  di  vino ed altri alimenti,  resiste.  Minacciata, magari, ma non vinta. Certamente , la spinta a fare solo soldi con il vino ed altro,   è fortissima. Ma le filiere alimentari sono  questioni   molto complesse e i romanzi, davvero, non hanno strumenti per narrarle compitamente.

Nel romanzo  anche una denuncia? 
L'assunto: uccidono di più le automobili, l’amianto e il monoclururo di vinile che tutti i serial killer del mondo.  Ma le morti   un po’ occultate, non suscitano attenzione e repulsione come il colpo di pistola dell’assassino.  L' insieme di responsabilità diffuse  ci confonde e si confonde. Non si vuole  riconoscere che il rischio di  malattia e morte   persiste  nel tempo e nello spazio
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Un bel libro  sul serio ( la mia Bilioteca di Quartiere me ne ha fornito ua copia): mai troppo impegnativo ma così ben scritto che non ti prende la smania di arrivare alla fine per scoprire chi è il colpevole, perché puoi godere dello scorrere delle pagine senza alcuna fretta.

 Una pagina tra tutte vale la pena d’esser riportata, a beneficio degli amanti del vino:

“In quasi trent’anni l’oste Secondo aveva versato nei bicchieri decine e decine di ettolitri di vino e aveva visto tanti bevitori da considerarsi un classificatore. Il Linneo dei bevitori. Affermava che le dita attorno al bicchiere rivelano la natura di una persona, e così le labbra di chi si appresta a bere. Rammentava a chiunque che le labbra possono lambire, aspirare, attendere, mordere, pregare, tremare, persino mormorare cantilene cercando di esorcizzare l’alcol. La verità sulle persone non si manifesterebbe attraverso l’ebbrezza causata dal vino, ma attraverso i movimenti per gustarlo. Così Secondo sosteneva di distinguere il veronese dal vicentino, l’egocentrico dal narcisista e l’avvocato dal dentista. Lo scapolo che non riuscirà mai a sposarsi da quello che non sa cosa lo aspetta. «Comunque, si capisce subito chi ha un’intimità profonda con il vino» «Davvero? E quel tizio?» sussurrò l’ispettore Stucky indicando un giovane. «Da come tartassa il bicchiere, o si illude di ottenere il burro oppure ha il tetano».

 
Particolarissimo il fatto che sia ambientato tra i colli del Prosecco e nella splendida Cison di Valmarino:

http://www.magicoveneto.it/trevisan/bike/Cicloturismo_Colli-del-Prosecco_C01.jpg 

Le strade del Prosecco


Il termine “Prosecco”,  nome di un vitigno che si coltiva da sempre in Veneto che ma dà il meglio di sé nelle colline di Conegliano e Valdobbiadene,  con  il migliore livello qualitativo e la Denominazione di Origine Controllata e Garantita.
  In questa zona il Prosecco ha creato un   sistema produttivo: il Distretto  del Prosecco di Conegliano Valdobbiadene che  si estende nella fascia collinare della provincia di Treviso   tra le cittadine di Conegliano e Valdobbiadene, ai piedi delle Prealpi Trevigiane.
Esso si snoda su circa 20000 ettari di pendici collinari,   circa 5000 sono a vigneto.   15 comuni: Conegliano, Susegana, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Cison di Valmarino, S. Pietro di Feletto, Refrontolo, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Miane, Vidor, Follina, Tarzo e Valdobbiadene.




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VENERDI' DEL LIBRO...Il tempo breve. Nell’era della frenesia...



OGGI SIAMO PROPRIO AL TEMPO BREVE ...

La società post-industriale, dopo l’ostentazione del lusso, tipica degli anni del boom economico, ha  inventato in tempi di crisi un nuovo status-symbol del lusso: il tempo breve

Così titola questo saggio di Marco Niada, Il tempo breve. Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione (Garzanti, Milano 2010), giornalista economico milanese, da anni residente a Londra, con un libro che merita una riflessione.
Un interessante  analisi di un  giornalista per ventisei anni de “Il Sole 24 ore”,  che lascia la redazione nel momento più acuto della crisi finanziaria del 2008. 
Così sottotitola il libro: “Nell’era della frenesia: la fine della memoria e la morte dell’attenzione”. 

Propongo questo saggio che mi è stato consigliato da Matteo.  La sua analisi parte da lontano: pur senza pretendere una certa scientificità,  si passano  in rassegna le prime clessidre ad acqua dei greci, la scansione del tempo nelle città-stato sumere, le meridiane dei Romani. Strumenti ancora imprecisi e che, in certe condizioni (cielo coperto per l’uso delle meridiane), diventavano inutilizzabili.
Quando si comincia allora ad avere fretta? Suggerisce l'autore:

"Più di uno studioso fa coincidere questo passaggio con il Medioevo e con il tempo della Chiesa, per la precisione. Quando Benedetto da Norcia fonda nel VI sec. d.C. le prime comunità monastiche incentrate sull’ora et labora e quindi sulla rigida programmazione delle giornate, si dà il via a una disciplina del tempo di stampo pre-moderno."

Per la prima volta i monasteri diventano vere e proprie isole il cui tempo,  si regola sui principi della preghiera: “comunità-orologio” le definisce qualche storico. Il passaggio ulteriore avviene con
l’invenzione dell’orologio meccanico tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec., periodo della nascita della borghesia europea e dell’intensificarsi dei traffici e delle attività quotidiane. Il tempo del mercante diventa un tempo prezioso: le città tardo-
medievali, animate dalla laboriosità di operai e artigiani, seguono i tempi dettati dagli orologi delle torri dei palazzi comunali. 

“Attorno alla metà del XV secolo, tutte le grandi città possiedono mediamente cinque-sei orologi pubblici ben visibili, collocati agli angoli strategici dell’abitato come sentinelle poste a orvegliare lo svolgimento ordinato della vita sociale”.


Chi controlla il palazzo e suona le campane, comanda sulla città. Al tempo del mercante si aggiungono, tra il XVI e il XVII sec., altre novità tecniche: le lancette dei minuti, l’orologio tascabile e il pendolo. Il tempo diventa così sempre più preciso, ma una notizia impiega sempre due settimane per arrivare da Parigi a Venezia. La ricerca dell’efficienza è figlia della rivoluzione agricola del XVIII sec. e di quella industriale del XIX sec. Il  boom dei commerci, il moltiplicarsi delle vie e dei mezzi di trasporto fanno compiere il grande balzo verso l’accelerazione del Tempo. Sarà tuttavia la comparsa del treno a vapore, nella prima metà dell’Ottocento, a segnare il vero punto di non-ritorno: i tempi di percorrenza vengono abbattuti e la locomotiva assurge a simbolo dell’accelerazione moderna. Ad ogni periodo il proprio tempo, a rimarcarne la sua natura convenzionale.
 
PERCHE'  CONSIGLIO  QUESTO TESTO...

Ad ogni periodo il proprio tempo per  rimarcarne la sua natura convenzionale. A denotare il nostro, ci sarebbero, secondo l’autore 

 " le more e le mele. Il Blackberry, con la sua tastiera un po’ a arcuata a ricordare le drupe delle more, e l’iPhone della Apple,  strumenti di un nuovo e inedito rapporto con lo spazio e con il tempo: abolendo le distanze e garantendoci una forma di onnipotenza dovuta all’ubiquità, i “telefonini intelligenti” ci lanciano verso un’era di continua emergenza e connessione, in cui diventa sempre più difficile distinguere ciò che è urgente da ciò che è importante". 

‘Gran parte del senso che diamo alla vita dipende dal rapporto che abbiamo con il tempo’, scrive nell’Introduzione Niada.


E  conclude: 

‘Non solo l’eccesso di impegni non ci permette più di mantenere un reale controllo del tempo, come facevano i monaci con lo scopo di avvicinarsi a Dio, ma sempre più la catena infernale di impegni e scadenze inizia a farci perdere il controllo di noi stessi, la nostra capacità di osservare e di creare, confondendo continuamente ciò che è urgente con ciò che è importante’ (pp. 10.11).


 QUI SI POSSONO LEGGERE I CONTRIBUTI DEGLI  scorsi Venerdi’ del libro.


 

 CHI PARTECIPA A QUESTO VENERDI' DEL LIBRO -
8 AGOSTO


 homemademamma
http://www.homemademamma.com/2014/08/08/venerdi-del-libro-mal-di-pietre/













 Manu