sabato 6 settembre 2014

VENERDI' DEL LIBRO 5 SETTEMBRE...MAROSIA CASTALDI


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OGNI VENERDI' UN APPUNTAMENTO CON AMICHE CHE NEL WEB SI INCONTRANO IN UN SALOTTO MOLTO PARTICOLARE




Ho "incontrato" "La fame delle donne" di Marosia Castaldi  imbattendomi nel Blog  Inkistolio: Storie Orticanti.


MAROSIA CASTALDI
LA FAME DELLE DONNE

Manni, 2012.
 
Ma già avevo letto su Affari Italiani che anche "La fame delle donne" di Marosia Castaldi, poteva essere candidato al Premio Strega per il 2012, come  scriveva Antonio Prudenzano:"E' tempo di possibili candidature al premio Strega ...A quelle già note si aggiunge, a quanto risulta ad Affaritaliani.it, anche quella de "La fame delle donne" di Marosia Castaldi, un testo pubblicato da Manni.
Ecco allora che mi sono  recata presso la Bibloteca che frequento con assiduità ed ho preso in prestito temporaneo questo libro che veramente, avendo letto delle entusiastiche critiche, mi aveva incuriosito.
E' stata una lettura che mi ha impegnata per UN BEL PERIODO IN PRIMAVERA: ne leggevo delle pagine, la tralasciavo per riflettere e ri-trovare poi il piacere di provare sensazioni ed emozioni.
Intrecci di vite e di sapori, musicalità scandita  anche dalla ripetizione di frasi-chiave, una lunga preghiera questo che è stato definito "romanzo-non romanzo".
Insomma "un libro «resistente»,  un libro coraggioso che non veste gli abiti facili della riconoscibilità  dei generi, delle copertine, o dei titoli, un libro sul cibo e sulla cucina, come fonti inesauribili di riflessione"secondo BENEDETTA CENTOVALLI
...che scrive:"

Marosia Castaldi ha il coraggio di parlare di cibo, di cucina, di ricette, di corpo femminile, di amori tra donne, senza cadere mai nello stereotipo, senza rassicurarci, protetta dallo scudo di una scrittura potente e evocativa. La torrenzialità  della sua prosa trova in questo racconto una sorta di messa a registro favorita dalla misura più breve del testo. Alla punteggiatura si sostituisce la maiuscola a indicare il cambio della frase, e la forte musicalità  da poemetto in prosa, la ripetizione con varianti delle frasi-chiave o leit-motiv, accompagnano il lettore in questa avventura che si apre a una possibile discorsività . È un mare scritto di sogni e di visioni, appunto, che si muove, che ondeggia e si increspa, che segue il respiro tumultuoso della narrazione.


 Nel romanzo credo che colpisca prima di tutto l'abbondanza del cibo e la sua preparazione, con moltissime  ricette che rappresentano una  disseminazione-contaminazione, una vera scheletratura  del racconto.
La protagonista, Rosa, una donna rimasta sola con la figlia dopo la morte del marito, riscopre il talento delle mani della madre e comincia a cucinare piatti della sua città  d'origine, Napoli, e altri piatti regionali, con un piacere crescente di sapori e di ingredienti poveri che fanno parte della cultura e della secolare sapienza del Mediterraneo. 
«Mia madre me li trasmetteva e quando eravamo bambini gli odori della cucina si levavano nella vecchia casa come impronte indelebili del passato»,  promessa in terra di «un briciolo di eternità ». 
 Non a caso, già  dalle prime pagine l'autrice dichiara un debito importante, quello con Casalinghitudine di Clara Sereni.
E' lei che racconta e si racconta:  dalla passione per la preparazione di invitanti ricette, alle incursioni nel periodo dell'infanzia e  successive fasi della vita, fino all'analisi del rapporto conflittuale ma intenso con la figlia e le sollecitazioni che le arrivano dall'incontro con tante altre donne  nel ristorante che ha aperto nella bassa Padana. Un'altra protagonista è sicuramente la "napoletanità" che si respira nel racconto. Un modo di stare al mondo che l'autrice conosce e che fa parte del suo DNA, uno stile che contraddistingue una storia molto forte e che prende a morsi le vite delle protagoniste, come fa Rosa. Il tormento che la accompagna da sempre trova la sua àncora di salvezza nelle sue molteplici passioni anche se alla noia si contrappone la ricerca del piacere, culinario o sessuale. Nelle "grandi mangiate" che si consumano nel suo ristorante, Rosa offe attimi di  convivialità agli avventori, grazie alla  tradizione millenaria che emana dalla sua cucina, e da loro invece prende la sua sopravvivenza, soprattutto dalle donne.

 «Come due compagni di strada – Lettore – sostiamo insieme in ciò che non finisce perché la vita come la morte non hanno porte e nemmeno finestre e nemmeno un fine e nemmeno un inizio. Si  muovono insieme in uno spazio tempo dove tutto ruota e si ripete secondola legge del caos e della ripetizione universale».

Straordinaria capacità di scrittura che sembra accomunare  la prosa alla poesia, gestione di rara maestria di strumenti retorici.  In questo romanzo la protagonista vuole rivelarsi a se stessa cercando una identità tutta coinvolta nella descrizione e nella preparazione di ricette culinarie mai esauribili: l’elenco degli ingredienti diviene una sorta di travaso infinito delle materie, dei gusti, delle fantasie cuciniere che infine finiscono in peccati di gola, in piaceri corporali, ma non si arrendono, si riprendono, si rimpastano, si mescolano in grandi abbuffate, invase e invadenti fra peccati di gola erotici e lussuriosi

 

"Pastiera dei ricchi e pastiera dei poveri

"Si stende la pasta frolla ricca di burro dentro una teglia Si imbottisce con ricotta lavorata con zucchero fuso germe di grano canditi e frammenti di cioccolato amaro ed essenza di fiori d'arancio. Si mette in forno ricamata con sottili  listelle di pasta frolla fino a che si dora La pastiera povera è fatta di pasta di pane imbottita con ricotta zucchero e canditi.
Il condimento dei poveri è lo strutto"
Polenta

"Compra la farina gialla di mais che avrei fatta mantecando la farina gialla con ricotta acqua brodo burro o poco sale e besciamella per renderla più setosa e vellutata"




Crocchè                     

"Si prendono fette di pane raffermo appena bagnate nel latte si passano nell'uovo sbattuto Si chiude tra due fette di pane la mozzarella Il panino così ottenuto si ripassa nell'uovo battuto nella farina e nel pangrattato Si frigge in olio bollente fino alla doratura Poi si mantecano le patate vecchie con latte burro uova e parmigiano fino ad ottenere un impasto denso e compatto che si modella in formelle tonde e oblunghe che si imbottiscono di uovo prosciutto piselli formaggio e mozzarella di bufala o fior di latte Si friggono a fuoco alto dopo averle ripassate nell'uovo battuto e nella farina e nel pangrattato badando che non si aprano in cottura"
 

Una storia molto carnale condita di "napoletanità". Un rito famelico per scacciare la paura del nulla.

QUI UNA RECENSIONE SINTETICA ED EFFICACE


...STRALCIO

"Un grandioso e solenne inno. Inno alle donne, inno alla vita. Inno a Dio. Inno a tutti gli uomini vissuti e che vivranno. Sulla terra e sul mare, nelle pianure, lungo i fiumi, nelle campagne.Nelle case. Tra nebbie e brume, tra visioni possenti del mare di Napoli e della costa azzurra. Inno al cibo, di cui la protagonista è ancella e sapiente custode. Inno alla cucina, nutrimento ed appagamento di corpo e anima e mente. Questa torrenziale narrazione canta della fame , della bramosia, dei desideri e della lussuria. Inno di purezza, inno di saggezza. Nel suo ristorante, Rosa, celebra un rito antico di condivisione, di cultura, di storie antiche, di sapienze millenarie. Il racconto ci disvela una passione umana che travalica le storie per aprirci, con grazia, la Storia.  Scritto come una salmodia, a volte gridata, altre solo sussurrata, ci affascina e ci prende per l'anima ed anche per il corpo: pagine e pagine di preparazioni culinarie, dalle più semplici alle più elaborate e complicate. Leggetelo: è obbligatorio. Amerete di più quello che mangiate e capirete qualcosa di più di queste sante donne. Leggendo le ultime pagine ho pianto."



venerdì 5 settembre 2014

APPUNTAMENTO - RUBRICA "Porta un libro con te": un classico, Zola e "Roma".


 
QUI TROVATE NOTIZIE SULLA RUBRICA 

SETTEMBRE, "Porta un libro con te": 
un classico, Zola e "Roma". 
Autore: Émile Zola
Titolo: Romaedizioni Bordeaux, Roma, 2012

  INDICARE LA LETTURA DI UN CLASSICO VUOLE UNA PREMESSA...D'AUTORE

Il 28 giugno 1981, su l’Espresso, uscì un articolo di Italo Calvino: Italiani, vi esorto ai classici. In esso lo scrittore elencava dei punti a favore della lettura dei classici letterari cercando ANCHE di definirne la natura.

Il classico è nuovo che resta nuovo per sempre

 1. I classici sono quei libri di cui si sente dire di solito: "Sto rileggendo ..." e mai "Sto leggendo ..." 
2. Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli. 
3. I classici sono libri che esercitano un'influenza particolare sia quando s'impongono come indimenticabili, sia quando restano nella  memoria mimetizzandosi da inconscio collettivo o individuale. 
4. D'un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima. 
5. D'un classico ogni prima lettura è in realtà una rilettura. 
6. Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire.
7. I classici sono quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato (o più semplicemente nel linguaggio o nel costume). 
8. Un classico è un'opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso.
9. I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.
10. CLassico é un libro che si configura come equivalente dell'universo, al pari degli antichi talismani.Un livre de chevet, un libro per la vita. 
 
"ROMA" DI E. ZOLA

E un libro per la vita puo' essere considerato quello che emerge dalle  penetranti pagine del diario tenuto da Émile Zola durante le cinque settimane trascorse a Roma nell’autunno del 1894. All'arrivo alla stazione Termini la mattina del 31 ottobre, il caposcuola del Naturalismo si immerse anima e corpo, benché avesse numerosi impegni ufficiali dovuti alla sua notorietà (tra cui un’udienza privata presso il re Umberto I e la regina Margherita), nel “paesaggio locale” della Città Eterna, cercando ispirazione per il suo nuovo attesissimo romanzo: "Roma". 
Questo materiale, secondo la sua abitudine, Zola lo reperisce  in sopralluoghi diretti nella città,   mentre cerca  di ottenere udienza dal papa, maldisposto verso di lui in particolare dal volume precedente  Trois villes, Lourdes, che, insieme a tutte le altre opere dell’autore, era stato appena messo all’Indice. 
Il Romanzo ROMA E'  un classico della letteratura europea e appartiene al ciclo delle Trois Villes, assieme a Lourdes e Parigi. Dagli anni Venti mai più pubblicato, ora di nuovo alla nostra attenzione con la  prefazione di Emanuele Trevi, autore nella cinquina dei finalisti del Premio Strega 2012 con Qualcosa di scritto (Ponte alle Grazie).
zione libro "Roma" di Emile Zola
E nella Prefazione scrive Trevi:"Roma rimane uno dei libri più ambiziosi ed enciclopedici dedicati alla nostra città. Zola volle scrivere un'opera capace di contenere in sé un'indagine sui misteri del Vaticano, una memorabile storia d'amore e morte, e addirittura un'affidabile guida turistica alla Roma antica e moderna, alla quale non manca una classica escursione fuori porta alla volta di Frascati».
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«Tante pagine […] quante basterebbero in tempi ordinari a costruire tre romanzi ordinari»:  afferma un Ugo Ojetti atterrito nella sua recensione a Rome, uscita a puntate parallelamente in Francia sul “Journal” e (in versione accorciata) in Italia sulla “Tribuna”
L'autore francese sta di nuovo interessando l'ambito culturale con una eccellente edizione dei principali romanzi di Zola curata da Pierluigi Pellini per i “Meridiani” Mondadori, evidenziando l’importanza di rivedere  l’autore con strumenti aggiornati. infatti si sente l'esigenza di  inoltrarsi in un’opera anche in Francia  dimenticata a lungo, miscellanea di registri ma  avvincente, anche se a  tratti stretta nella morsa dei cliché, più spesso aperta a un’acutissima visione della contemporaneità.


"ROMA"  inizia con l’arrivo nella capitale, nello stesso periodo della stesura, del protagonista, il giovane prete Pierre Froment, pronto a difendere una sua opera ispirata alle tesi del cattolicesimo sociale, La Rome nouvelle, sottoposta all’esame della Congregazione dell’Indice. Il giovane INVITA  la chiesa, diventata sostegno per ricchi e potenti, ad impegnarsi nella trasformazione sociale in atto, affinché siano  i più umili e calpestati a ricevere il suo impegno, e quindi a  Roma cercherà di opporsi alle decisioni della  Congregazione .



Da questo spunto prendono le mosse due vicende basate su una doppia sfibrante attesa: quella di Pierre che, ospite dei Boccanera, antica famiglia della nobiltà papalina, aspetta sia il giudizio della Congregazione sia un sospirato incontro, poi concessogli, con Leone XIII, il papa le cui encicliche sembravano aver incoraggiato il rinnovamento della Chiesa; e quella di una dei Boccanera, Benedetta, che spera nell’annullamento di un infelice matrimonio non consumato per poter sposare il cugino Dario, suo amore d’infanzia.
  
...vicende diverse, una dominata da tensioni concettuali, l’altra ricca  di amori, gelosie, colpi di pugnale e colpi di scena, ma tutte e due raccontate con dinamismo sia effettivo che psicologico. Gli stessi drammi di coscienza di Pierre non hanno sviluppo, il personaggio, che ha maggior consistenza,  è, più che protagonista, prospettiva dominante: ampio spazio a un ricco tessuto di scene, paesaggi e caratterizzazioni,  il vero protagonismo è lasciato alla città.

È un protagonismo che si snoda su livelli di differente spessore: rievocazioni della sua storia, riportata  a una secolare smania di dominio, appaiono  un po'  ridondanti; mentre le descrizioni del suo patrimonio monumentale e artistico sono spesso messe in confronto con i molti modelli dalle relazioni di viaggio dal Grand Tour a Madame Gervasais dei Goncourt;  invece le inquadrature della sua travagliata attualità amalgamano l’osservazione diretta con fonti disparate costituendo  il centro pulsante del racconto.


L’aspetto che MI HA COLPITO  in questo ROMANZO (ANALIZZATO  QUALE TESTO DI ESAME PER LETTERATURA FRANCESE COL PROF MACCHIA) risiede nel modo con cui Pierre scopre ed osserva in che stato si trova la Roma della fine dell’Ottocento, che lui visita ed esplora.
Mentre PRESO DALLA  malinconia contempla le rovine della Roma classica, sepolte dalla  polvere dei millenni, Pierre coglie una somiglianza tra la sua città, Parigi, e la Roma che visita come  giovane intellettuale. Infatti visitando i nuovi quartieri di Prati, incompleti e costruiti in previsione dell’arrivo di nuovi cittadini, scopre che il popolo vive a Roma in quel periodo  in condizioni di miseria e abbandono.
Lucidamente comprende che, mentre l’aristocrazia romana nera e bianca è avviata verso un declino ineluttabile, nell'Italia della fine dell’Ottocento non è ancora nata una borghesia illuminata, in grado di promuovere lo sviluppo dell'industria e del commercio.
Nei lunghi capitoli in cui Zola affronta il tema della questione sociale nella Francia ed Italia dell’Ottocento, segue una tendenza letteraria che è comune a tutta la poetica naturalistica, rivolta a rappresentare la situazione  economica e politica del tempo, in modo che sia fedele al vero ed alla realtà oggettiva.
Incontrando un patriota risorgimentale di FAMIGLIA nobile,  il nobile Orlando paralizzato su di una sedia e che abita in una casa in via XX Settembre, Pierre comprende la delusione dei patrioti che avevano lottato per arrivare all'unità nazionale e restituire Roma agli italiani, facendola diventare la capitale della nazione. Orlando gli confessa , preso dal  disincanto,  che dovrà trascorrere molto tempo prima che l’Italia possa divenire un Paese moderno ed Europeo.
ZOLA  RITRATTO DA MANET
In questa parte del ROMANZO colpisce la lucidità intellettuale di Zola con cui sono  indicate le cause storiche che spiegano sia che cosa sia stato il Risorgimento sia i motivi dell'arretratezza del nostro paese rispetto a quelli europei. 
Nella parte finale Pierre, dopo  sofferenze e delusioni, riuscirà ad avere l’incontro desiderato con il Papa, il quale lo convincerà a ritirare il suo libro.
Una volta uscito dal Vaticano,  volgendo lo sguardo al cielo nella notte tenebrosa, sopraffatto dal dolore, Pierre, che invano dinanzi al Papa aveva sostenuto la sua idea di una nuova religione, si chiede dove si sia nascosto Dio, che lui ha invocato invano, perché sulla terra regni la giustizia e trionfi il bene. 
L’amarezza irredimibile del quadro tracciato è confermata in chiavi opposte dal doppio finale: quello della storia di Pierre, la cui buonafede rimane  annientata da intrighi vaticani di routine, e quello a tinte forti della storia amorosa, casualmente inglobata in un fosco intrigo vaticano. 
Infine , il romanzo mette in risalto   la  pervicacia ma anche l’inabilità a fronteggiare il  nuovo stato di cose...come é sempre accaduti nella storie italiane
NEL SITO SOLO DE LIBROS, UNA INTERESSANTE ANALISI DEL ROMANZO
"Leggendo Roma SI HA L'OCCASIONE DI godere delle descrizioni  dei monumenti e la storia della città dei  Cesari di Roma capitale dell'Italia unita. Ma soprattutto, si tratta di un ottimo modo per scoprire l'origine della società moderna e i passi fatti  per raggiungere quegli obiettivi."


"Pierre sentit des larmes lui monter aux yeux, et d’un geste inconscient, sans s’apercevoir qu’il étonnait les maigres Anglais et les Allemands trapus, défilant sur la terrasse, il ouvrit les bras, il les tendit vers la Rome réelle, baignée d’un si beau soleil, qui s’étendait à ses pieds. Serait-elle douce à son rêve ? Allait-il comme il l’avait dit, trouver chez elle le remède à nos impatiences et à nos inquiétudes ? Le catholicisme pouvait-il se renouveler, revenir à l’esprit du christianisme primitif, être la religion de la démocratie, la foi que le monde moderne bouleversé, en danger de mort, attend pour s’apaiser et vivre ?" Cap. 22, p. 50

lunedì 1 settembre 2014

Giro d'Italia Letterario 30 agosto...Piero Chiara ed Il piatto piange...




CON IL Giro d'Italia Letterario, il    30 agosto...SONO A LUINO, Piero Chiara   illustra il proprio romanzo 
Il piatto piange... 
 
 
Questo romanzo ha le  caratteristiche proprie del neorealismo, con un’ambientazione della vita di paese, nell’arco temporale  fra le due guerre, di  rilevante importanza sociologica.
E’ un mondo chiuso, direi  addormentato:  la vita scorre ancor più monotona anche per effetto del regime fascista che tende a impedire ogni novità. In quest’atmosfera di una stasi  quasi logorante, gli accaniti giocatori di poker o chemin de fer trovano nel gioco delle  carte un’evasione, quasi una forma di "primordiale ribellione". Gli unici eventi, quindi, che si staccano dalla monotonia  quotidiana  sono le interminabili partite, con le battute nei confronti dei perdenti, oppure le avventure boccaccesche, anch'esse una specie  di gioco per rivendicare la propria caratteristica  di uomini fondamentalmente liberi.
Si entra in un clima ovattato, fra le montagne e il lago, vengono delineate diverse storie, una varietà di personaggi, ognuno con pregi e difetti, ma soprattutto con caratteristiche del tutto proprie.
 

 
Troviamo così il biscazziere Sberzi, disposto perfino a giocare se stesso, Mammarosa, la tenutaria del bordello del paese, descritta quasi con  tenerezza come una delle istituzioni del luogo, l’anonimo Camola, se pur nell’intimo misterioso, e il Casanova  Tolini.
E’ tutto un mondo proprio di un’epoca e che verrà spazzato via dalla seconda guerra mondiale e dalla Resistenza, tanto che i due personaggi più tipici e anche più forti, il Camola e il Tolini, moriranno in circostanze diverse, ma in seguito a una zuffa con i tedeschi.


Questo romanzo l'ho riletto a distanza di anni  per questa iniziativa del Giro d'Italia Letterario e vi ho ritrovato, come sempre,  un’estrema piacevolezza, come riscoprire una diversa civiltà, ora perduta, una specie  di archeologia letteraria che Piero Chiara ha saputo e voluto farci conoscere.
Egli è narratore autentico con il gusto diretto del racconto ed è rimasto tra i pochissimi  scrittori  italiani che ha  l’impareggiabile  grazia  del narratore puro: rende semplice e accessibile anche ciò che apparentemente risulta complesso,  incanta  con garbo il lettore fin dall’inizio, tiene viva la sua attenzione e lo intrattiene  piacevolmente per tutta la durata della lettura.
 Il teatro dei suoi personaggi  e lo spazio ideale della narrativa di Piero Chiara è spesso la nativa Luino e dintorni, a lui cara,  o i paesini che costeggiano le rive del lago  Maggiore, all’estremo nord della Lombardia,   vicini al  passaggio di frontiera italo-svizzero.
 
http://www.ininsubria.it/un-tour-nella-luino-di-piero-chiara~A10512


Una chiave universale per  le sue opere letterarie?
  
...per lui scrittore luinese, tutte le cose, gli eventi più banali,  che  accadono in quei luoghi sono  gli stessi che accadono in tutti i luoghi della terra, solo che  lì nel suo mondo, insomma, navigando tra le onde  e lo sfondo del Lago Maggiore, tra  l’affollarsi  di storie dopo storie, Chiara li può osservare con l’occhio limpido e curioso della narrativa  e  diventano “fatti” e in quanto tali sono rigorosamente da raccontare.
 
Raccontare per me” spiegava Piero Chiara “è una liberazione e insieme una verifica, un modo per rivivere le cose e capirle. Quando non avevo ancora ricnosciuta la mia vocazione alla letteratura, la sfogavo raccontando ai miei amici le mie avventure. Non a caso il mio libro fu ascoltato prima che letto da Vittorio Sereni in un caffè di Luino."



Chiara e il  suo laboratorio di scrittura...

Gli amici letterati, scrive Renato Minore,  lo avevano spinto, non più giovanissi­mo, al gran passo del roman­zo. In principio esisteva il grande affabulatore di storie, il provinciale adagiato nel suo vitalissimo ozio, il poeta (ma chi non lo è in pro­vincia?), l'intellettuale di for­mazione  libera, capace di molte curiosità e spigola­ture. Romanzo d'esordio Il piatto piange del 1962 la cui affettuosità critica del lancio è opera di  Vittorio Sereni (convinto che il suo amico d'infanzia dovesse saltare il fosso dell'oralità per cui era proverbiale a Lui­no). Ed emerge il tema di fondo del libro, «il ricantamento, nient'affatto crepuscolare o patetico, della giovinezza», un mondo fra cronaca, saggio di costume e narrazione distesa. E, ciò che più conta, il suo «to­no»: un acido leggero,  tra riflessivo e giudicante, come «il rendiconto amaro di un tempo perduto, di quello che è mancato a una generazione».
Ed ecco  il grande scrittore, pro­piziato da altri scrittori. E gli esiti sono per una volta an­che superiori alle attese:  Chiara ottiene su­bito i tantissimi lettori cui aspirava come naturale allargamento della sua audience da caffè. Tutti compresi nelle atmo­sfere «lacustri» dei personaggi tratteggiati,  nell'affannarsi dei personag­gi stessi tra amori furtivamente colti e piccoli intrighi visti sempre con una specie di vigi­lante bonomia, tasselli dentro una scacchiera dal  fon­do scuro (la vita, il destino, lo scorrere del tempo e il di­sordine delle azioni indivi­duali). Una «commedia uma­na» in cui il narratore entra ed esce con distacco e con li­bertà, con partecipazione, con ironica disponibilità dando  un sen­so,  proprio quello del rac­conto, dell'«ora ti conto un fatto».

In omaggio a suo padre, il  doganiere siciliano Eugenio Chiara,  ben vivo pur se ultranovantenne, nella primavera del 1961 il figlio Piero  volle compiere un lungo viaggio che lo riportò nel borgo delle Madonie, Resuttano, tante volte visitato nelle estati dell’infanzia. Dagli appunti presi nell’occasione venne fuori  un lungo reportage, ricco di ricordi, pubblicato da Vallecchi dal titolo Con la faccia per terra. Dal padre, lo scrittore aveva preso una eccezionale bravura nel racconto orale, che mostrava  volentieri nelle riunioni conviviali, sollecitato dagli amici a rievocare i mille episodi vissuti nel corso di una gioventù spregiudicata, trascorsa nelle cerchie più svariate. In una di quelle serate, alla fine del 1957, tra gli ascoltatori figurava appunto   Vittorio Sereni (coetaneo e amico di Chiara, come lui nato a Luino), che lo spinse a mettere per iscritto le affabulazioni dalle quali era rimasto stregato. Ne scaturirono due racconti in forma di lettera, pubblicati sulla rivista Il Caffè nel 1958 e nel 1959. Fu questo il primo nucleo del Piatto piange, il primo romanzo di Chiara, stampato dalla Mondadori nella primavera del 1962.

"I suoi personaggi, anche se a prima vista grotteschi, stralunati, intrisi di guasconeria , cialtroni da osteria  e dal regno delle bische clandestine, pur allineati non diventano mai macchiette, ma si distinguono e si muovono,  anche per poco e per rapide apparizioni in un abile incastro  della società popolare lombarda, sulle strade della sua  Luino, in paesi più o meno importanti della Valcuvia,  sulle sponde del lago Maggiore  o  nello sfondo di paesi  come  Laveno, Cannobio, Stresa,  Intra  e Arona. Di qui i suoi libri, le sue storie  di cui parla  il romanziere luinese, con accenti spesso brulicanti  e vivi  con una naturalezza sorgiva  di sfumature e di effetti  che scandiscono  storie universali  e comuni a  noi tutti.  I lettori furono colpiti  tra l’altro da una profonda  e sorprendente  scrittura fluida  e godibile, riflessione di storie  spesso calibrate, brevi narrazioni di poche pagine, intrecciate a volte vivacemente comiche, ma capace di comunicare anche dei  comuni sentimenti.



Va subito detto che sulla scacchiera della provincia,  Chiara dispone soltanto pedoni, che muove con precisione, nella convinzione che le vite degli uomini non famosi garantiscano al narratore combinazioni di inarrivabile varietà e interesse. Non soltanto da vicino – come è noto – nessuno è normale, ma tutti custodiscono il loro bravo segreto. In effetti, nelle opere di Chiara si stenterebbe a scovare un personaggio irreprensibile.
Il titolo del romanzo si deve all’importanza conferita al tema del gioco d’azzardo: il libro si apre sulle nottate consumate negli anni Trenta al tavolo del poker, nei sotterranei di un albergo affacciato sul lago. Il tema di fondo è lo scandalo, l’umiliazione del perbenismo, sistematicamente incenerito alla fiamma delle frustrazioni e degli istinti, come già lascia intuire il memorabile incipit : 

«Si giocava d’azzardo in quegli anni, come si era sempre giocato, con accanimento e passione; perché non c’era, né c’era mai stato a Luino altro modo per sfogare senza pericolo l’avidità di danaro, il dispetto verso gli altri e, per i giovani, l’esuberanza dell’età e la voglia di vivere. Nei paesi la vita è sotto la cenere». Si tratterà allora di rimestare le braci con instancabile premura.

   UNO STRALCIO SIGNIFICATIVO...

"COSÌ ANDAVA LA VITA"

"A mezzogiorno iniziammo la discesa per i colli verso Luino...
Non s'incontrava nessuno né per le strade né per i campi; e passando, onde accorciare la strada, tra filari di vigne spoglie, profittammo della solitudine per accosciarci a qualche metro l'uno dall'altro e far quello che avevamo sempre rimandato durante tante ore di gioco.in quella posizione si vedeva Luino a filo terra e la sponda arquata che si slanciava, leggera e vaporosa, nel lago punteggiato di barbagli. Qualche nebbia saliva d'intorno tra i roccoli. E il Peppino, con la sua voce chioccia da tedesco, e stentata per la posizione del corpo, diceva:'Ma tì, ma tì, guarda come l'è pur anca bel a fa sta vita! Giugum, magnum,un quai danée ghe l'èmm semper, lavurum pok o nagòtt, quant ghè de cudegà cudégum, pàssum l'inverno al kalt, d'està 'ndemm a nodà. E adess semm chì a vardà 'l laag cun la bel'ariéta fresca in sui ciapp!' E dopo una pausa per prendere fiato, la sua risata secca di arpia appollaiata, senza eco nell'aperta campagna. Così andava la vita in quei tempi e così andò ancora per anni, da una guerra all'altra, mentre altri fatti, altre gioie e tristezze venivano a complicare l'esistenza di quei giocatori".

da 'Il piatto piange', 1962, Mondadori


...IO LA PENSO COSI'

...  a  questa mia preferenza verso il romanzo di Chiaracredo  non poco contribuisca l’aver scoperto allora come oggi, come sia possibile scrivere di eventi, del tutto normali, in modo semplice, ma efficace.