venerdì 19 settembre 2014

Venerdì del libro 19 settembre, BUZZATI - STORIE DISEGNATE E DIPINTE: ANCHE UN LABORATORIO di Lettura e Scrittura Creativa,


... PER QUESTO VENERDI'...
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 BUZZATI - STORIE DISEGNATE E DIPINTE

 "Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture quindi non le “può” prendere sul serio. La pittura per me non è un hobby, ma il mestiere; hobby per me è scrivere. Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie. Intervista a  Dino Buzzati, 1967


Dino Buzzati è stato giornalista, scrittore, pittore, certo, e per queste attività è ricordato come uno dei grandi del Novecento italiano, il suo Genio ha potuto trovare sfogo anche in ambiti creativi all'apparenza secondari, ma che , con la sua lungimirante intelligenza, ha saputo interpretare e nobilitare: illustrazione e  fumetto.
Lo sperimentalismo di Buzzati e il suo amore incondizionato per la scrittura e per il disegno lo portano ben presto a creare racconti fatti di testi e immagini. Il primo esempio  è la favola de La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), che egli scrive e soprattutto illustra con tavole a colori di grande forza espressiva, cosparse di personaggi e di architetture surreali. Le illustrazioni sono volutamente infantili (la bozza iniziale del racconto disegnato era stata concepita da Buzzati per le sue  due nipotine) e si perfezionano con una prima pubblicazione a puntate sulle pagine del "Corriere dei Piccoli" (che in quell'anno, corretto per filo-fascismo in quanto supplemento del "Corriere della Sera, col  nuovo nome di "Giornale dei Piccoli").
EDIZIONE MONDADORI CON ILLUSTRAZIONI


“NEL TEMPO DEI TEMPI QUANDO LE BESTIE ERANO BUONE E GLI UOMINI EMPI...”

SPUNTI PER UN LABORATORIO
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A suo tempo, nell'ambito del Laboratorio di Lettura e Scrittura Creativa,  insieme ai  colleghi di altre discipline (Arte, Tecnologia, Lingua 2) perfezionai ,  per dei giovani sudenti miei alunni riuniti  in classi parallele,  la possibilità di vivere l' esperienza di un ' immersione del corpo e della mente nell' atmosfera epica e avventurosa, fantastica e fiabesca di un capolavoro poco conosciuto della Letteratura dell'  infanzia del Novecento,  “La famosa invasione degli orsi in Sicilia” di  Dino Buzzati, artista poliedrico, giornalista e pittore.
Il percorso si è snodato intorno alla lettura integrale dell' opera, con esperienze ed attività legate all' ascolto, alla lettura guidata e ad alta voce, all' analisi in gruppo del testo che è stato esaminato  e indagato da vari punti di vista (senza però mai rompere l' incanto del coinvolgimento narrativo): la fantasia, l' umorismo, la narrazione orale in prosa e in versi nello stile della ballata popolare, le emozioni e i colpi di scena, l' epica avventurosa, l' etica contrastante tra il mondo degli uomini e quello degli orsi, lo spazio e il tempo sospesi tra realtà e mito.
In particolar modo tutti noi Docenti abbiamo posto l' attenzione sulle  caratteristiche linguistico-letterarie del testo e alla sua tipologia in relazione allo studio di vari generi letterari ai quali esso si richiama: la fiaba, la favola classica, l' apologo, la ballata popolare e il racconto fantastico.
Tra le attività, oltre alle fantasie guidate per l' ascolto e la comprensione, si è proposta  la redazione di testi particolari, lirico-espressivi, di fantasia e/o di riflessione, indirizzati, per esempio, ai protagonisti del racconto fantastico; inoltre si sono svolte letture animate di gruppo, con performance di tipo teatrale e con la realizzazione di dipinti e di disegni  di vario genere, ispirati anche ai dipinti dell' autore che corredano il testo dell' opera. Tutto ciò sulla base dell' estro e della fantasia inventiva ed espressiva dei ragazzi.
 
 Le attività espressive non hanno escluso  affatto la discussione ragionata e riflessiva su temi e contenuti, completando l' attività di studio in piccolo e in grande gruppo in modo da acquisire precise conoscenze in ambito linguistico-letterario e nell' arte didattica della lettura e del racconto per adolescenti.
Scopo non secondario del laboratorio è stato  infatti quello di recuperare  il piacere e l'incanto della fantasia e della fiaba e il ricordo di vissuti infantili ad essi correlati
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RIFLESSIONI  SULLA SCELTA DEL TESTO DI BUZZATI 

Buzzati: il fantastico e l’infanzia come ‘orizzonti’

La critica letteraria Mara Formenti scrive: «ancor prima come protagonista, l’infanzia è presente nell’opera di Buzzati come orizzonte, categoria essenziale cui si riallacciano una certa visione del mondo e un certo modo di approccio alle cose» 

-  M. Formenti, L’infanzia nell’universo buzzatiano, in «Studi buzzatiani », 1, 1996, p. 45. Cfr. anche G. Bosetti, Dino Buzzati et l’enfance mythopoiétique, in «Cahiers Dino Buzzati», 6, 1985, pp. 165-180

Infatti, benché Dino Buzzati fosse prima di tutto giornalista e si rivolgesse, coi suoi scritti e romanzi, prevalentemente ad un lettore adulto, tutta la sua produzione letteraria, la sua poetica sembra rivolgere all’infanzia un costante occhio di riguardo. Lo stesso occhio che più volte indossa la lente del fantastico e del meraviglioso per accostarsi al reale, riscriverlo, reinterpretarlo. Una seconda "incursione" nel mondo dell’infanzia avviene nel 1945. Buzzati è al «Corriere della Sera» da ormai diciassette anni quando l’amico e collega Radius, all’epoca direttore del «Corriere dei Piccoli», gli chiede di scrivere una favola per ragazzi. Stavolta Buzzati può dare libera espressione a parole e immagini, come da sempre gli è consueto e naturale:il primo romanzo, Bàrnabo delle montagne (1933)- (Bàrnabo delle montagne (1933) D. Buzzati, Bàrnabo delle montagne, Milano-Roma, Treves-Treccani-Tumminelli, 1933)    
già conteneva piccole figure, come dei capilettera, che l’editore Treves aveva rifiutato nel timore di ‘svilire’ l’opera, destinata  a un pubblico adulto. Nasce così dai disegni a matita realizzati per allietare le nipotine, la storia che poi diverrà La famosa invasione degli orsi in Sicilia
 
  Così...:

"Ecco la storia dei miei orsi. Tanti anni fa, ogni mercoledì, la famiglia di mia sorella veniva a pranzo in casa nostra, cioè della mamma e di noi tre fratelli. Siccome io mi sono sempre divertito a disegnare, una di quelle sere, le nipotine Pupa e Lalla, che avranno avuto undici-dodici anni, mi hanno chiesto:«Zio Dino, perché non ci fai un bel disegno?». 
Allora ho preso le matite colorate e, chissà perché, mi sono messo a fare una battaglia di orsi e soldati, in un paesaggio di neve. Il disegno, fatto in pochi minuti, era abbastanza rozzo, ma piacque alle mie nipotine.
Il mercoledì dopo, naturalmente: «Zio Dino, perché non ci fai un altro disegno?». E allora ho immaginato che gli orsi della settimana prima avessero vinto la battaglia e fossero entrati nella città di un sultano, o arciduca, o tiranno che fosse. E ho fatto la scena del re degli orsi che entrava nella camera da letto del satrapo, che balzava sbalordito dalle coperte. Dopodiché, ogni settimana era un nuovo disegno. In tutto saranno stati sette otto, fin che le nipotine pensarono ad altro e la storia rimase lì.
Passarono gli anni e proprio nell’ultimo anno di guerra, Emilio Radius, che dirigeva allora il «Corriere dei Piccoli» mi disse: «Perché non mi scrivi una storia per bambini coi disegni relativi? Dovresti saperci fare, io penso». La proposta mi piacque, ma scrivere per bambini è molto più difficile che scrivere per i grandi, i quali più o meno si sa come la pensano"

- D. Buzzati in M.T. Ferrari (a cura di), Buzzati racconta. Storie disegnate e dipinte, Milano, Electa, 2006, p. 53. Dell’episodio, Buzzati racconta anche in Y. Panafieu, Dino Buzzati, un autoritratto, Milano, Mondadori, 1973
 
Il giornalista d’esperienza, già corrispondente di guerra e autore de Il deserto dei Tartari (1940), non sottovaluta affatto l’incarico: sa che parlare ai piccoli non è semplice né scontato, che il loro immaginario ha piena dignità e bisogno di essere adeguatamente nutrito e stupito. Allora inventa la storia degli orsi guerrieri che scendono a valle per conquistare il mondo degli uomini. Dal gennaio all’aprile la favola esce a puntate, diversa
rispetto all’opera che oggi conosciamo e che vide la luce per Rizzoli, illustrata dall’autore, nel dicembre ’45, con grande consenso di pubblico, fino a diventare un classico della letteratura per l’infanzia del Novecento. 
 La storia si conclude, infatti, con l’invito del re degli orsi Leonzio, ormai morente dopo una strenua lotta con il Serpenton dei mari, a tornare al regno di natura, lontano dalla corruzione della città:

"Lasciate questa città dove avete trovato la ricchezza, ma non la pace dell’animo. [...] Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere!"


- Il racconto esce in undici puntate, dal 7 gennaio al 29 aprile, sul «Corriere dei Piccoli» e si compone di due parti: La famosa invasione degli orsi e Vecchi orsi addio! (quest’ultima rimasta incompleta a causa dell’interruzione delle pubblicazioni del giornalino). Nel dicembre del 1945 il romanzo esce per  Rizzoli con notevoli modifiche: al posto del Granducato di Maremma c’è quello di Sicilia, vengono aggiunte le filastrocche, la versione risulta più ironica, meno cupa. Una successiva ristampa è presso Aldo Martello (Vicenza, 1958): AlbertoMondadori, alle insistenze dell’autore, risponde che gli «orsi mogi mogi » lo commuovono, ma di fatto l’editore pubblicherà il romanzo solo nel 1977 nella collana «Varia». Seguiranno numerosissime edizioni. Cfr. L. Cavalmoretti, Le edizioni scolastiche dei titoli buzzatiani: primi studi , in «Studi buzzatiani», n. 15, 2010, pp. 27-35.


- Cfr. D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia (1945), Milano, Mondadori, 2013, p. 19 

- Cfr. Ibidem, pp. 76 e 94.
 Ibidem, p. 110.



L’ottica del mondo animale, com’era avvenuto anche con La fattoria degli animali di Orwell, uscito in Italia due anni dopo La famosa invasione, offre l'opportunità di una prospettiva  rovesciata, capace di mettere a nudo le contraddizioni di una società e di un’epoca: come nella tradizione favolistica, gli animali antropomorfi invitano alla riflessione sui comportamenti umani, senza perdere, nel caso di Buzzati, i toni leggeri dell’ironia. Secondo Francesca Lazzarato, che al romanzo per ragazzi dello scrittore bellunese ha dedicato studi e riflessioni, tuttavia " le collusioni del testo con la drammatica realtà di quegli anni non sono l’aspetto prioritario di un’opera che si pone come «uno dei più bei libri per l’infanzia che siano mai stati scritti nel nostro paese»: a impreziosire il racconto sono l’atmosfera fantastica, gli scenari tipici delle favole dei Grimm, le categorie della fiaba (viaggio, prova, animali parlanti, premio), tutti elementi che stabiliscono – come ha evidenziato  Albertazzi nell’introduzione a un’edizione per la scuola media – «un ideale ‘ponte’ fra le fiabe e la letteratura fantastica»  

- F. Lazzarato, Un libro per tutti, postfazione a D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, Milano, Mondadori, 2000, p. 151. Anche Bianca Pitzorno aveva dichiarato: «il più bel libro per l’infanzia scritto in Italia dopo Il giornalino di Gian Burrasca», in R. Denti, B. Pitzorno, D. Ziliotto, 100 libri per navigare nel mare della letteratura per ragazzi, Milano, Salani, 1999, p. 34.

- F. Albertazzi, Introduzione a D. Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, Milano, Mondadori, 1977, p. XII



Ma ai fini della mia lunga riflessione, è interessante  sottolineare il complesso sistema linguistico-narrativo che costituisce un precedente particolare nella letteratura per l’infanzia- adolescenza, come sottolinea anche Denti: 

«Buzzati e Munari, senza conoscersi, hanno iniziato la letteratura per l’infanzia e per i ragazzi con la fine della II Guerra Mondiale, un modo nuovo e diverso di rivolgersi a lettori in grado di affrontare testi e immagini decisamente innovativi»    

 
G. Vitali, R. Denti, I precedenti: panoramica editoriale dal Dopoguerra al 1987, in Hamelin Associazione Culturale (a cura di), Contare le stelle. Venti anni di letteratura per ragazzi, Bologna, Clueb, 2007, p. 21. Cfr. anche Hamelin (a cura di),I libri per ragazzi che hanno fatto l’Italia, Bologna, Hamelin Associazione Culturale, 2011, p. 95.

Aperto alla contaminazione tra generi (fiaba, favola, poesia e prosa, cronaca giornalistica), alla commistione di diversi codici narrativi (verbale, iconico, musicale: fu anche librettista per Chailly), all’incrocio di registri (alto, basso, colto, popolare) e alla plurivocità (come poi vedremo bene nelle storie dipinte ), ne La famosa invasione degli orsi in Sicilia Buzzati dà prova di non legarsi a  ‘caselle’ e ‘classificazioni’: in una cornice che sa di teatro  tanto che  la descrizione iniziale di ciascun personaggio e delle scene, sembra preludere ad una sceneggiatura),egli miscela filastrocche e ballate, immagini e parole, con l’uso dell’icono-testo, non semplice didascalia: ha un suo stile  che aggiunge, arricchisce, narra qualcosa di più. Le immagini stesse non rappresentano il tradizionale corredo al testo verbale: lo potenziano, lo dilatano. L’effetto prodotto è  efficacissimo e ludico, estremamente attuale, tanto da anticipare - se posso azzardare-  un moderno ipertesto, soprattutto se guardiamo a questo (quasi) unicum di Buzzati in correlazione ai numerosi racconti fantastici e alle storie dipinte, ricche di motivi e personaggi favolosi che ritornano e si ripropongono  nell’intera sua produzione


 
Alla luce di quanto detto, l’incursione di Buzzati nella narrativa per l’infanzia è da considerare casuale? Senz’altro in linea con la poetica e l’immaginario dell’autore stesso  e avvalora una modalità che restituisce dignità alla letteratura infantile stessa, lo stesso atteggiamento che hanno avuto  Rodari e Calvino. Come  nota Fracassa , che agli sconfinamenti nella letteratura giovanile di scrittori ‘per grandi’ ha dedicato  una ricerca, Buzzati è un autore  propenso alla sperimentazione e dedito al favolistico: ciò stabilisce l’individuazione di un lettore ideale «a un tempo bambino e adulto», Buzzati è vivo perché continua ad essere termine di confronto, anzi di colloquio necessario, anche oggi» 

 U. Fracassa, Dino Buzzati. L’iniziazione negata, in U. Fracassa, Sconfinamenti d’autore. Episodi di letteratura giovanile tra gli scrittori italiani contemporanei, Pisa, Giardini, 2002, p. 45

 ....oggi, più che mai, in tempi di egemonia delle immagini, quando occorre educare al senso estetico, insegnare a distinguere l’illustrazione di qualità, leggere consapevolmente le figure.
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 ... SU FB  IL GRUPPO

 «Dunque ascoltiamo senza batter ciglia La famosa invasione degli orsi in Sicilia»



giovedì 18 settembre 2014

UNA NUOVA RUBRICA ED UNA NUOVA PAGINA, SUL BLOG: LEGGERE...L'ARTE CON SAGGI INTERESSANTI.


UNA NUOVA RUBRICA   LEGGERE L'ARTE...

...TRA LE LETTURE CHE PREDILIGO VI SONO I SAGGI CHE TRATTANO DI ARTE,  STORIA, MUSICA...

http://a137.idata.over-blog.com/4/44/77/17/Libri/sebaste.jpgAl TESTO   di  Sebaste (Panchine. Come uscire dal mondo senza uscirne, Laterza, 2008),  non posso non tributare un dovuto omaggio ogni qualvolta si parla di panchine: mi  ha indicato come gettare uno sguardo non distratto su di esse ed apprezzare le infinite storie che, su di esse, si possono raccontare scandagliando  i diversi stati della mente che esse facilitano, quando vi si sosta.
  
L'autore ci rimanda a "Sulla panchina. Percorsi dello sguardo nei giardini e nell'arte", di Michael Jackob docente di Storia e teoria del paesaggio (Scuola di Ingegneria di Ginevra-Lullier, e Politecnico di Losanna), cattedratico di Lettere comparate all’Università di Grenoble, direttore presso l'editore Infolio (Losanna) della collana «Paysages». Ha pubblicato il testo in questione, presso Einaudi, 2014), nella PBE  con la traduzione di Graziella Girardello. 
 
"La panchina è un luogo di sosta, un'utopia realizzata. È vacanza a portata di mano. Sulle panchine si contempla lo spettacolo del mondo, si guarda senza essere visti e ci si dà il tempo di perdere tempo, come leggere un romanzo". 

Così il saggista Sebaste nella collana Contromano di Laterza, Panchine, pubblicato per la prima volta nel 2010 e ora giunto alla sua quinta edizione, ha definito l’oggetto che è anche al centro dell’indagine del libro di Michael Jakob

Il libro-saggio  di Jakob esamina i molteplici aspetti di questo oggetto, fra la fruizione pubblica e quella privata, in relazione alla storia dei giardini, del gusto e del paesaggio. Alla funzione primaria, urbana concepita per regolarizzare rapporti di  democrazia e condivisione della cosa pubblica come  si vennero realizzando nell’Italia dei Comuni lungo il Trecento, si collega  Jakob, osservando come tale funzione fosse sempre unita  – anche nell’antichità a Pompei o ad Agrigento, ad  esempio –  ad  una precisa volontà di offrire una veduta programmata dello spazio. 

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 Le panchine che sorgevano fuori delle porte  o  dei palazzi pubblici e signorili, oltre che  delle chiese, in tutto il centro Italia alla fine del Medioevo, offrivano una vista privilegiata e focalizzata dello spazio urbano, tale per cui risultavano immediatamente chiari i rapporti politici e di forza. 

SIENA
TODI
 Evoluzione molto  sofisticata di questa lontana matrice è la serie di panchine che troviamo  nel giardino di Ermenonville - Francia - , residenza di caccia e di ritiro in campagna con un giardino all’inglese realizzata dal marchese René de Girardin tra il 1762 e il 1775 ( vi era sepolto Rousseau prima della traslazione al Pantheon parigino). Gusto per il pittoresco, di una natura non geometricamente regolata come nei giardini all’italiana, ma  predisposta a meravigliare, con la funzione contraddittoria delle panchine  come complemento alla vita urbana, esse  si ritrovano ad essere quasi nascoste da  muschio, da rialzi naturali opportunamente posti  per godere la miglior vista all’interno di percorsi  panoramici e introspettivi per il passeggiatore che ricerca se stesso ed un contatto vivificante con la natura, secondo la diffusa sensibilità rousseauiana.  A completamento  di questo progetto avviene un fatto imprevisto e simbolico: Rousseau, ospite della tenuta del marchese de Girardin dal maggio 1778, vi muore il 2 luglio dello stesso anno. Su un’isoletta arricchita da alti pioppi  fu allestita la sua tomba, che da quel momento in poi diviene il fulcro della promenade all’interno della tenuta. 
 E quando il pellegrinaggio all’isola diventa eccessivo,  la panchina  delle madri di famiglia  sulla riva opposta ha il ruolo di punto di contemplazione privilegiato: vi si riflette  sullo scorrere del tempo, vi si cerca  introspezione, contatto con la natura, identificazione con un uomo circondato subito da un’aureola di santità laica, tutti  elementi che moltissimi visitatori, anche  reali, capi di stato e intellettuali da tutta Europa, cercano nella visita a Ermenonville e nella vista della tomba di Rousseau, celebrata da componimenti e incisioni innumerevoli. La panchina  delle madri di famiglia, dunque, è il punto di osservazione ideale di una passeggiata quasi  viaggio interiore che si confronta con la morte. 
Un paradosso?? ... la fama del luogo non viene meno anche quando la tomba di Rousseau è trasferita al Pantheon: si crea  culto dell’assenza,  dell’immagine che continua a racchiudere il desiderio dei visitatori, e  Jakob la definisce pre-televisiva.

http://www.gardenvisit.com/garden/ermenonville_parc_jean-jacques_rousseau

Vi è però  un  famoso  precedente nel giardino voluto nel Seicento dal principe Vicino Orsini a Bomarzo. Tra mostri di pietra e animali esotici scolpiti sono disposte i lunghe panche, con iscrizioni o terminazioni metamorfiche, dalle quali è possibile avere una vista ‘guidata’ al giardino per coglierne i rimandi letterari e mitologici. 

Di  stile e funzione diverse le panchine disposte da Carlo Vanvitelli, figlio di Luigi artefice della reggia di Caserta e del giardino monumentale con la grande cascata, nell’altro giardino che si apre dietro la cascata: la vegetazione non è più ordinata  come nella parte principale, e una serie di panchine o sagomate su un marmo con i segni dell’estrazione, con nodi e racemi  avvinghiati. Da queste panchine non vi è alcuna  vista privilegiata, sono  basse per creare un punto di fuga prospettico. In questo modo, precisa Jakob, Carlo Vanvitelli, prende  le distanze dal padre e porta al culmine la contraddizione della funzione della panchina, quale si era già evidenziata  nel giardino di Ermenonville, fra tensione massima alla natura e artificio dissimulato.
 Se ci si siede per concedersi  relax e trovare quiete, come gli aristocratici ritratti sullo sfondo della loro campagna inglese, si comunica un messaggio chiaro sul proprio ruolo sociale e sul posto che la proprietà della campagna occupa nella costruzione di questa  identità.
Ma la  panchina diventa anche luogo di rappresentazione ufficiale di individui: dal musico Mezzettino di Watteau


 ai Coniugi Andrews di Gainsborough,

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 al ritratto seduto di Puskin 

 http://biografieonline.it/img/bio/Aleksandr_Puskin_1.jpg

 alle fotografie di Tolstoj a Jasnaja Poljana, 


 e a quelle di Lenin a Gorki Park,

la varietà dei soggetti e i loro   messaggi "orchestrati" anche grazie alla panchina su cui siedono,  è molto vasta. 


A un significato tutto diverso rimanda invece la scena finale de L’Avventura di Antonioni, girata su una panchina. Qui i due amanti inscenano il fallimento di una relazione amorosa, e la panchina è il luogo da cui la fine dell’eros moderno è  decretata,  luogo di spaesamento.


mercoledì 17 settembre 2014

Giro d'Italia Letterario un appuntamento da non perdere, Buzzati e la sua favola per grandi e piccini...LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA


TRA LE  PERIODICHE INIZIATIVE CHE HO CONDIVISO IN RETE NEL BLOG "IL MIO MONDO DELLA LETTURA", UNO DEGLI APPUNTAMENTI  E'STATO
 il Giro d'Italia Letterario 


Non ci si crede: più di un incontro culturale al mese,  un luogo virtuale dove scambiare contributi su libri scelti dagli aderenti, e il Giro ci ha visto radunati in tappe virtuali... gruppo di lettura che si è snodato lungo le regioni del nostro Paese...con l'individuare libri (scelti tramite votazione democratica) ambientati nella regione che sarà oggetto di trattazione.

IN SETTEMBRE SIAMO STATI CON BUZZATI IN SICILIA PER
 "LA FAMOSA INVASIONE DEGLI ORSI IN SICILIA"

 Come molte volte succede  nelle favole anche in questa, bellissima, -  1945 -  ci appare un mondo tutto al contrario: gli animali sono protagonisti rispetto agli uomini e i ruoli si invertono. Gli animali governano gli uomini e  sarebbero anche migliori, ma come sempre gli uomini producono danni e corromperanno anche i semplici e buoni animali,  gli orsi che con loro si erano pacificamente predisposti a convivere.
Ambientato in una Sicilia fuori dal tempo, luogo  creato dalla fantasia di Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia è un racconto sull’impossibilità della convivenza tra gli uomini e gli animali (e quindi anche tra gli uomini?), i quali prenderanno saggiamente le distanze dagli uomini, a testimonianza del pessimismo di Buzzati sulla natura umana.

 Storia, disegno, favola,  tre parole che troviamo nel libro  “più citato che letto”. E' un apologo dettato nei tempi cupi della Guerra , sulla conquista del potere, ma sopratutto sulla rinuncia al potere, e sulla ricerca di una felicità  che può  essere ritrovata, quando l’abbiamo perduta, solo nel ritorno a un vagheggiato, e certamente utopico, stato di natura.
Nei tempi dei tempi, quando la Sicilia era una regione dalle montagne nevose e impervie, gli orsi scendono a valle per cercare Tonio, l’orsacchiotto figlio di Re Leonzio, rapito dai cacciatori. Il principe orsacchiotto verrà ritrovato dopo tante peripezie ma la vita nelle città corromperà il modo naturale di vivere degli animali che prenderanno i vizi  e le debolezze degli uomini.

Prima di morire re Leonzio rivolgerà ai suoi orsi l’ultimo disperato appello: “Tornate alle montagne… lasciate questa città dove avete trovato ricchezza, ma non la pace dell’animo. Toglietevi di dosso quei ridicoli vestiti. Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere! I funghi delle foreste e il miele selvatico vi parranno ancora il cibo più squisito. Oh bevete ancora l’acqua pura delle sorgenti, non il vino che vi rovina la salute. Sarà triste staccarvi da tante belle cose, lo so, ma dopo vi sentirete più contenti, e diventerete anche più belli. Siamo ingrassati, amici miei, ecco la verità, abbiamo messo su pancia”.

 
 L'autore ci conduce nel mondo della fiaba, parlata, scritta, disegnata. Nelle sue pagine l’apologo degli Orsi è  pittura popolare, affresco di una civiltà lontana, ormai irraggiungibile, dove i fantasmi e le storie della tradizione, dal Gatto Mammone, al Serpenton dei Mari, dal Veglio della Montagna ai cinghiali volanti molfettani, trovano il loro spazio e sistemazione quasi naturali.
 

Gli orsi, spinti dal freddo e dalla fame, scendono verso la pianura 
e impegnano battaglia con l'agguerrito esercito del Granduca 
accorso per respingerli. Ma il coraggio intrepido dell'orso Babbone 
mette in fuga i soldati del Granduca.
 I  cinghiali da guerra del sire di Molfetta attaccano improvvisamente  gli orsi 
ma l'astrologo De Ambrosiis con un incantesimo, li trasforma
in palloni aerostatici, cullati dolcemente dalle brezze. 
Da cui la nota leggenda dei cinghiali volanti di Molfetta.

Conquistata dunque la Sicilia, sfilano nella grande piazza le prodi schiere  degli orsi. Può assistervi anche l'orsetto Tonio, principino, salvato  per l'intervento del mago ma ancora un po' debole per via del sangue versato: in lettiga.
Ma Re Leonzio, essendo stata rubata al prof. De Ambrosiis la bacchetta magica, raduna  la cittadinanza, spinge il colpevole a restituire il prezioso  oggetto e minaccia  pene severissime.

 A bordo di un navicello Re Leonzio si avventura contro il terribile  Serpenton dei mari che minaccia la città. E lo uccide con un colpo di fiocina. Ma la perfidia di Salnitro  getta il popolo giubilante nel lutto e nella tragedia.


 MISSION 

Re Leonzio, prima di morire, farà in tempo a dettare al figlio e ai suoi orsi più fedeli la sua ultima volontà: che lascino la valle e tornino fra le montagne, lontano dagli uomini, là dove gli orsi hanno sempre vissuto in pace e felici: 

Buttate via l’oro. Gettate i cannoni, i fucili e tutte le altre diavolerie che gli uomini vi hanno insegnato. Tornate quelli che eravate prima. Come si viveva felici in quelle erme spelonche aperte ai venti, altro che in questi malinconici palazzi pieni di scarafaggi e di polvere!

 E gli uomini saluteranno tra lamenti e singhiozzi la partenza degli orsi specchio di un modo di vivere che non sanno fare proprio.

IL PROTAGONISTA

Prima di iniziare il suo racconto, Buzzati ne elenca i personaggi, alla maniera degli autori di libri gialli:  alcuni sono effettivamente dei protagonisti, altri compaiono per una sola riga (un gufo che lancia il suo urlo nella notte) o addirittura mai (il Lupo Mannaro, che nessuno sa cosa possa combinare). In testa a tutti dovrebbe venire dunque Re Leonzio: ma se vogliamo cercare il tipo più straordinario, questi è certamente una curiosa figura di mago, il professore De Ambrosiis, la cui bacchetta magica può compiere soltanto due prodigi. Quest'uomo altissimo e magro, la cui figura è prolungata da un'enorme tuba, tradisce spesso il re e vorrebbe fare i due incantesimi a suo esclusivo vantaggio: ma una volta per salvarsi da un branco di cinghiali, che ha trasformato in palloni, un'altra volta per salvare generosamente il figlio di Leonzio, il professore esaurisce la sua scorta di miracoli. Da ultimo riesce a costruirsi una nuova bacchetta magica: e chissà che un giorno, se gli capita una malattia, non la possa usare.

Buzzati è un narratore diverso da tutti gli altri. Riassumere la sua prosa vorrebbe dire snaturarla, togliendone l'incantevole semplicità. Dovendo quindi estrarre una pagina della storia degli orsi, la scelta più sensata è  trascriverla.
Ecco, a  metà del libro quando Re Leonzio, ha appena ritrovato il figlio, teme di perderlo subito. Infatti il malvagio Granduca ha sparato al suo prigioniero, provocandogli una ferita che ha tutta l'aria di essere mortale. Che fare? Arriva nel salone del castello la colomba della bontà e della pace, ma tutti la guardano male perchè è capitata proprio nel momento sbagliato. Non resta così  che rivolgersi al professore De Ambrosiis, egli  dispone di un solo incantesimo. Lo sacrificherà per salvare la vita del giovane orso? 

....la parola a Buzzati...


"Adesso voi naturalmente non ci crederete, direte che sono storie, che queste cose succedono soltanto nei libri e così via. Eppure alla vista dell'orsacchiotto morente, l'astrologo sentì un improvviso dispiacere per tutte le canagliate commesse in odio a Re Leonzio e ai suoi orsi (gli spiriti, il Gatto Mammone), ebbe l'impressione che qualcosa gli bruciasse nel petto e, forse anche per il gusto di fare bella figura e di diventare una specie di eroe, trasse di sotto la palandrana la sua famosa bacchetta magica - ma come gli dispiaceva - e cominciò l'incantesimo, l'ultimo della sua vita. Poteva procurarsi montagne d'oro e castelli, diventare re e imperatore, sconfiggere eserciti e flotte, sposare principesse indiane: tutto avrebbe potuto avere con quell'estremo sacrificio. E invece "Fàrete", disse lentamente, e scandiva le sillabe, "Fàrete finkete gamorrè àbile fàbile dominè brùn stin màiela prit furu toro fifferit".