mercoledì 5 dicembre 2012

BUON COMPLEANNO SIMO...






 Auguri di Buon Compleanno
Così è il tuo compleanno! Credo di interpretare i sentimenti di tutti nel dirti... aspettiamo i pasticcini!

Dunque è il tuo compleanno. Vedila così: sei sempre più giovane della nostra fotocopiatrice!

Quando parlo di un tipo brillante che compie gli anni, oggi posso parlare solo di te... tanti auguri!

Buon Compleanno: sono sempre i soliti ... o mi sbaglio? Un mondo di Auguri!

Per il tuo compleanno dovrei farti un regalo... invece sei tu che da tempo mi regali il tuo affetto!
Tanti Auguri di buon Compleanno!
 
 


Per il MIO compleanno MI auguro tutto e niente... tutto ciò che desidero e niente che possa dispiacermi! 
Buon compleanno Simo


                                   ]§[Compleanno glitter]§[ - bunch of balloons get well
 
 
 "Festa di compleanno" di Paula Fox
 
Un racconto lungo ricco di solidarietà
 

                                                             
               


 FRATELLI SI DIVENTA

Protagonista non è Jacob Coleman, un bambino con la Sindrome di Down, bensì suo fratello maggiore Paul. L’originalità dell’opera di Paula Fox consiste nel raccontare i primi anni di vita di Jacob attraverso gli occhi del fratello. L’autrice anziché mettere al centro della narrazione, come di solito accade, i “progressi” di Jacob lascia che Paul racconti " se stesso"  facendo della sua crescita interiore la ricca trama del libro. Con  “franchezza” emergono i pensieri e le emozioni di un ragazzo che ha avuto la propria vita rivoluzionata dalla nascita di un fratello:""Ma Josh non poteva neanche lontanamente immaginare come si sentiva lui. Jacob non era semplicemente un fratellino più piccolo. Era difettoso"  e che decide di ignorare.
 Nelle poche pagine del racconto- libro,  trovano spazio i piccoli grandi errori commessi in  buona fede dai genitorie una attenta descrizione del  ruolo importantissimo che può avere in questi casi un nonno in gamba o un amico sincero. La storia di Paul si chiude con un delicato lieto fine senza i toni patetici ed in sintonia con lo stile cheè il pregio dell’ opera.
Questo libro ha rappresentato la lettura in classe per un Laboratorio di Lettura e Scrittura creativa proprio per amalgamare il gruppo classe con un ragazzo con la sindrome di Down. 
 
 
        
 
 
 
 
 
 
E' stata un'esperienza formativa e commovente oltre ad un'opportunità  di capire meglio quei " figli" nati "diversi" ma che arricchiscono tutti con la sensibilità e la delicatezza nel porsi accanto agli altri.
Storie che ci parlano dei tanti modi possibili di essere e offrono uno sguardo sul mondo da punti di vista inusuali...

lunedì 3 dicembre 2012

COMPETIZIONE O COLLABORAZIONE?

Ho selezionato alcuni alcuni saggi in cui gli studiosi mettono in dubbio che gli uomini siano "egoisti per natura", mentre tendiamo, invece, a cooperare. La logica non è più quella della competizione ma della  collaborazione. Aiutare il prossimo attiva certe aree del cervello e  diventa fonte di piacere.

Fonte: DAVID BROOKS - la repubblica - Venerdì 17 Giugno 2011




Molte sono le pubblicazioni  sulla solidarietà, l´empatia, la cooperazione e la collaborazione, scritti da scienziati, psicologi evoluzionisti, neuroscienziati: a  quanto sembra gli studiosi di questa materia hanno cambiato orientamento, originando un´immagine sfumata e tenera della natura.


 


Voglio partire dal saggio più modesto:  SuperCooperators di  Martin Nowak e Roger Highfield. Nowak ricorre alla matematica superiore per dimostrare che «cooperazione e competizione sono perennemente e strettamente interconnesse». Intenti a perseguire l' interesse personale, molto spesso siamo portati a restituire una gentilezza ricevuta, così da poter contare sugli altri in caso di bisogno. Siamo spinti a crearci "la reputazione di persone gentili con l´intento di invogliare gli altri a collaborare con noi. Siamo "incentivati al lavoro di squadra, anche se nel breve periodo può risultare controproducente rispetto ai nostri interessi personali, perché i gruppi coesi sono destinati al successo" In sostanza Nowak
attribuisce alla cooperazione "un ruolo centrale nell´evoluzione equiparandola alla mutazione e alla selezione".






Ma la maggior parte dei nuovi saggi superano la teoria dell´incentivazione in senso stretto. Michael Tomasello in  "Why We Cooperate", ha proposto  una serie di test adatti, con poche variazioni, sia agli scimpanzé che ai bambini. Dalla sperimentazione si evince che già in tenera età i bambini hanno un comportamento collaborativo e condividono le informazioni, a differenza di quanto accade negli scimpanzé adulti. Un bimbo di un anno informa gli altri della presenza di qualcosa indicandolo. Gli scimpanzé e le altre scimmie non condividono le informazioni in modo  collaborativo. I bambini sono pronti a condividere il cibo anche con estranei. Gli scimpanzé generalmente non offrono cibo, neanche alla figliolanza. Se un bimbo di 14 mesi si accorge che un adulto è in difficoltà, se non riesce ad esempio ad aprire la porta perché ha le
mani impegnate, cercherà di aiutarlo.



La tesi di Tomasello è che l´uomo mentalmente si è differenziato dagli altri primati: la disponibilità a cooperare è una qualità umana innata che viene poi esaltata nelle varie culture.



In "Born to Be Good", Dacher Keltner illustra gli studi su cui è basato insieme ad altri ricercatori  sui meccanismi dell´empatia e della connessione, descrivendo le dinamiche del sorriso, dell´arrossire, del riso e del contatto fisico. 
Afferma che quando si ride con gli amici si parte "con vocalizzazioni separate che poi però si fondono in suoni interconnessi". Sembra che il riso si sia sviluppato milioni di anni fa, ben prima delle vocali e delle consonanti, come meccanismo per costruire cooperazione. 
Fa parte del ricco strumentario innato della collaborazione tra esseri umani.




                                                


Nel suo libro "The Righteous Mind" , Jonathan Haidt si associa a Edward O. Wilson, David Sloan Wilson ed altri nel "sostenere che la selezione naturale avviene non solo attraverso la competizione a livello individuale, ma anche tra gruppi". 
In entrambi i casi il percorso vincente è la capacità di adattamento, ma nella competizione tra gruppi la "capacità di coesione, di cooperazione, l´altruismo dei membri, sono fattori basilari per imporsi e trasmettere i propri geni". Parlare di "selezione di gruppo" era eresia fino a qualche anno fa, oggi questa teoria sta prendendo piede.




Gli esseri umani, sostiene Haidt, sono le "giraffe dell´altruismo". Come le "giraffe hanno sviluppato il collo per sopravvivere, così gli uomini hanno sviluppato il senso morale per vincere nella competizione, a livello individuale e di gruppo". 
Gli uomini danno vita a comunità morali nel condividere regole, abitudini, emozioni e divinità per combattere e talvolta morire per difenderle. Le nuove tesi evoluzionistiche che "esaltano il fattore cooperazione portano a rivedere vecchi criteri di analisi come quello che imponeva nelle scienze sociali e in particolare in economia il modello del massimo vantaggio sulla base del principio della competizione egoista".





Questo libro, frutto di una lunga indagine sul campo, racconta storie, personaggi, eroismi e compromessi di organizzazioni nate all’insegna della neutralità ma oggi sempre più coinvolte nelle strategie di guerra come nei meccanismi del mercato globale.


CHI NE PARLA 


"I libri di Linda Polman ricordano i reportages di Kapuscinski".

"The Guardian"



"Se il ruolo del giornalista consiste nel dar voce, in modo umano e avvincente, a chi non ce l’ha, Linda Polman lo svolge con grande abilità"
.
"Times Literary Supplement"
















HAVE A NICE DAY!!!

 

PECCHE’ SULO A NATALE
na smania ‘e vulè bbene?

‘O suono ‘e   zampognaro
nu desiderio ‘e pace
N’albero ricche ‘e luci
I’ che te vojo bene!!!
Stennemo pure ‘e mmani
A tutti  ‘e rivali
Sprecamme  tant’ augurie .
Pecch’è?  Pecch’è Natale!!

Sarrà pecch’è Natale
C’è ‘o clima de na  festa:
che cu  la 
ricurrenza,
tu
ritrove ‘a cuscienza.
Sta vita, pestu  juorno,
vede ‘a
ggente attuorno
tutto  pare
cchiù bello
cchiù 'ddoce è 'o sapore

e pure  l’ommo  nfame
carezza n’animale
deventa bono assaie
comme è  naturale.

‘O popolo ‘e sta terra
cu smania ‘e
vulè bbene
è arravugliato ‘e pene,
ma poi è 
bbuononfunno…
Ma pecchè sulo a Natale?

SIMO 2000

 



sabato 1 dicembre 2012

Se l’orologio biologico va all’indietro....



Una storia e una critica alla società incapace di accettare chi è “diverso”.






Personalmente  ho ri-letto nell’edizione  Donzelli- Guanda   La storia di Benjamin Button”  da una breve novella di Francis Scott Fitzgerald, The curious case of Benjamin Button, scritta nel 1922, e  pubblicata in questa edizione con le illustrazioni di Calef Brown,  illustratore e autore di testi in versi e «nonsense» per ragazzi, molto  popolare negli Stati Uniti proprio  per la raffinatezza del suo tratto e dell’uso dei colori.
  



Benjamin Button: un  breve ed originale racconto di uno scrittore, Francis Scott Fitzgerald,  che ha giocato  col tempo, un bel vizio per molti scrittori anche con  l'idea suggestiva di raccontare una vita a ritroso.
«Avvolto in una voluminosa coperta bianca, e in parte ficcato in una culla, stava seduto un vecchio dall’apparenza sui settant’anni. I radi capelli erano quasi bianchi, e dal mento stillava una lunga barba grigio fumo».
Così comincia il  racconto breve “di vita al contrario Il curioso caso di Benjamin Button, scritto negli anni Venti da Francis Scott Fitzgerald, autore di molti  romanzi ( Tenera è la notte, Belli e dannati).


 
                  



In una breve introduzione  dell'edizione Donzelli, si scopre che lo spunto  venne  a Fitzgerald da una battuta dello scrittore Mark Twain:” La parte migliore della vita è all'inizio, la peggiore alla fine”. La prima pubblicazione avvenne nella rivista Collier's nel 1921 (o nel 1922 poiché  le fonti sono discordi);  la storia apparve, quindi,  nella raccolta di racconti “ Tales of the Jazz Age” del 1922. Fitzgerald scoprì soltanto qualche tempo  più tardi che la trama del suo racconto era identica a un'altra apparsa nei “Note-books” (“Appunti”) di Samuel Butler anche se non se ne può  valutare l'attendibilità della dichiarazione.




             


Il testo che ho analizzato è sotto forma di graphic novel,  in una veste inedita corredata appunto dai contributi del pittore statunitense, che segue tutta la storia con i suoi disegni,  e con un’attenta  traduzione di Bianca Lazzaro; il breve racconto  mi è apparso  particolarmente piacevole e accattivante.
Fitzgerald aveva dichiarato che si era rifatto sì  ad un’osservazione di Mark Twain   che ah sua volta aveva ripreso  il titolo del romanzo di Doris Lessing, Se gioventù sapesse, se vecchiaia potesse.

 
This looks great      



                       
Lo stesso Fitzgerald lo considerava “la cosa più divertente che io abbia mai scritto”, uno dei suoi racconti più divertenti anche per lo spunto che “la parte migliore della vita fosse all’inizio e la peggiore si concentrasse alla fine”.
 È lo strano racconto di un uomo che “nasce” settantenne e vive la vita al contrario, ringiovanendo invece di invecchiare. Questa straordinaria graphic novel narra le bizzarre avventure di questo strano individuo che, in questa sua “vita al contrario”, vive comunque le tappe fondamentali dell’esistenza.
Partendo da tale affermazione l’autore riuscì  a “mettere in scena” questa parabola sulla vita che giunge in modo diretto al lettore. Un racconto breve e brillante, capace di trasportarci nella realtà senza tempo del protagonista.
“Il mio nome è Benjamin Button, e sono nato in circostanze insolite”  fatidiche parole che tratteggiano questa  fiaba esistenziale ricca di pathos e umanità, un’avvincente e coraggiosa biografia immaginaria di un uomo nato con l’aspetto di un ottantenne,  con la condanna  a ringiovanire man mano che cresce, ripercorrendo   a ritroso tutte le tappe della sua evoluzione fisica, ma conservando  memoria e intelletto di un adulto.
Il nostro Fitzgerald è l‘impareggiabile cantore dello smarrimento e della nostalgia che hanno caratterizzato l’America nel delicato passaggio  tra ‘800 e ‘900.

                       


UNA CURIOSA NOVITA’



Per me che “adoro” Woody Allen, è sembrata fantastica la sua riflessione sull’ ”incresciosa faccenda”:” La cosa più ingiusta della vita è come finisce. Voglio dire: la vita è dura e impiega la maggior parte del nostro tempo. Cosa ottieni alla fine? La morte. Che significa? Che cos’è la morte? Una specie di bonus per aver vissuto? Credo che il ciclo vitale dovrebbe essere del tutto rovesciato. Bisognerebbe iniziare morendo, così ci si leva subito il pensiero. Poi, in un ospizio dal quale si viene buttati fuori perché troppo giovani. Ti danno una gratifica e quindi cominci a lavorare per quarant’anni, fino a che sarai sufficientemente giovane per goderti la pensione. Seguono, feste, alcool, erba ed il liceo. Finalmente cominciano le elementari, diventi bambino, giochi e non hai responsabilità, diventi un neonato, ritorni nel ventre di tua madre, passi i tuoi ultimi nove mesi galleggiando, e finisci il tutto con un bell’orgasmo!


 

Una storia al contrario

 
Ambientata nella Baltimora del 1860, in poco più di cinquanta pagine , l’autore descrive con semplice  fluidità il “percorso inverso” di Benjamin Button, che per uno strano caso del destino nasce vecchio”.
Ingabbiato  nella sua “ insensata vecchiaia”,  incapace di capire dove sia l’ordine delle cose, Benjamin cresce sotto il critico sguardo della borghesia di Baltimora e di suo padre che con  fatica deve accettarlo.
Se pur a ritroso, gli anni scorrono per il  bambino-vecchio  che, incapace di fermare il tempo, si ritrova ben presto uomo dall’aspetto “maturo” e  “questi anni di mezzo”  regalano un po’ di serenità a Benjamin, che nella parte  centrale del percorso della sua vita riesce ad andare a tempo con la realtà circostante. Ma tale felicità  per il protagonista è effimera illusione,   parentesi di una vita che lo rende protagonista e spettatore del tempo. 



Gli anni gli scivolano  addosso trasportandolo in una realtà ben lontana da quella che hanno attraversato i suoi genitori , ormai vecchi, ma suoi  coetanei; una realtà che pian piano perde colore come  i ricordi di quel percorso vissuto al contrario, una realtà che sta a documentare  la sua strana  “de-crescita” e soprattutto una realtà che non può far niente per il suo percorso inverso, ed infine  lo “abbandona”  tra le braccia di una donna che si prende cura di lui, fino a quando tutto non è  altro che buio e le fatiche di quella vita solo un ricordo ormai lontano, senza più sogni…  senza memoria.
«Poi, fu tutto buio... la culla bianca e le facce scure che si spostavano sopra di lui, e il profumo caldo e dolce del latte, svanirono tutt’a un tratto dalla sua mente».
Questo Fitzgerald mi è apparso innovativo, rovesciando con maestria le naturali  tappe  dell’uomo con il donarci il “gusto del tempo”.
Emotivamente credo che il lettore si identifichi  con la “curiosa” realtà del fanciullo-nato-vecchio  che si ritrova a dover fare i conti con la propria vita e la propria coscienza,  scandita dai ritmi di una società che “affoga” distrattamente nell’attimo.
Il curioso caso di Benjamin Button”, secondo me, tende a farci apprezzare la bellezza di ogni tappa della  nostra “vita”, una specie  di “vivi alla giornata” sottinteso si intravede tra le attente  parole di Scott Fitzgerald  arrivando in modo diretto all’inconsapevole lettore:  emozioni contrastanti avvolgono tutta la  narrazione che  si  forma pagina dopo pagina.
A me è apparsa una lettura molto  accattivante e stravagante, capace di coinvolgere e sconvolgere allo stesso tempo, soprattutto chi spesso sogna perché  questo racconto breve è una parabola di cui non  si può fare a meno, un sogno vissuto al contrario, in cui il “rumore” della  realtà si affievolisce  e scompare, è un attimo che si  concretizza nell’astratto;  r
ealtà e finzione si fondono in modo perfetto rendendo la storia una  fiaba senza tempo.
Dopo molti anni se analizziamo l’irreale condizione del protagonista essa si mostra perfettamente incastrata  nel nostro multiforme “puzzle sociale”; Benjamin è  inconsapevolmente portavoce dell’attuale “disagio del diverso”, tra l’immagine e l’essenza. Il curioso caso di Benjamin Button è un racconto capace di cambiare, nel suo piccolo, il microcosmo del lettore perché  nella sua semplicità arriva al cuore del lettore.