CARI LETTORI,
PER QUESTA SETTIMANA LA RUBRICA "LEGGERE PER...UN LIBRO TRA LE MANI", SI DEDICA A CONSIGLI BIBLIOGRAFICI LEGATI ALLA....
...CULTURA DEL CAMMINARE
“Da dove si comincia? I
muscoli si tendono. Una gamba è il pilastro che sostiene il corpo
eretto tra cielo e terra. L’altra, un pendolo che oscilla da
dietro. Il tallone tocca terra. Tutto il peso del corpo rolla in
avanti sull’avampiede. L’alluce prende il largo, ed ecco, il peso
del corpo, in delicato equilibrio, si sposta di nuovo. Le gambe si
danno il cambio. Si parte con un passo, poi un altro e un altro
ancora che, sommandosi come lievi colpi su un tamburo, formano un
ritmo: il ritmo del camminare. La cosa più ovvia e più oscura del
mondo è questo camminare, che si smarrisce così facilmente nella
religione, la filosofia, il paesaggio, la politica urbana,
l’anatomia, l’allegoria e il crepacuore” - Rebecca Solnit
Vi
si narra, con tono semplice e ironico ma sempre appassionato,
dei molti filosofi camminatori e dei pochi che hanno voluto e saputo
anche riflettere sul camminare; di teorie scientifiche sul come la
deambulazione ha sospinto l’uomo fuori dal regno animale; dei poeti
e dei romanzieri che dal camminare sono stati ispirati.
La Solnit, sensibile critica d’artestatunitense, non tralascia di esaminare i luoghi in cui si è
camminato: dai giardini, nelle varie tipologie che hanno assunto nel
corso dei secoli, alla natura aperta e selvaggia; dalle città
tortuose, oscure e solitarie pre-rivoluzione industriale, alle
moderne città dei grandi viali alberati; dai porticati e dalle
gallerie fino ai contemporanei centri commerciali.
E non tralascia neppure di
analizzare i modi del camminare: la marcia militare che, al ritmo di
un unico passo subordina al gruppo e all’autorità; la libera
marcia delle manifestazioni che rende i singoli capaci di fare la
storia; quella dei pellegrinaggi che avvicina al divino; le camminate
in montagna fino alle vette o le circumdeambulazioni di origine
buddista.
Vengono esaminate le passeggiate
mano nella mano che creano la coppia, quelle fatte per mettersi in
mostra e chiacchierare con gli amici nei centri urbani delle città
latine, le lunghissime camminate fatte per raccogliere fondi, quelle
di protesta contro la guerra o quelle a favore della pace, quelle
fatte per stabilire un record o quelle fatte di sera, nel cuore di
una città, per recarsi a comperare una matita.
Il
fatto è, per la Solnit, che “il camminare ha creato sentieri,
strade, rotte commerciali; ha generato concezioni di spazio locali e
trascontinentali; ha conformato città, parchi; prodotto mappe,
guide, attrezzature e, ancora, una vasta biblioteca di racconti e di
poemi che ci parlano di camminate, pellegrinaggi, spedizioni
alpinistiche, vagabondaggi, e anche di picnic estivi.”
Insomma “il camminare è un modo
per costruire il mondo come anche per vivere in esso”.
Ora citando Dante Alighieri con il suo “Nel
mezzo del cammin di nostra vita”, entriamo nel mondo di Henry David Thoreau per il quale “il
camminare non ha nulla a che vedere con l’esercizio
fisico propriamente detto, simile alle medicine che il malato
trangugia ad ore fisse, o al far roteare manubri o altri attrezzi; è l’avventura della
giornata. Se volete fare esercizio, andate in cerca delle sorgenti
della vita. I dintorni offrono ottime passeggiate; e sebbene
per molti anni io abbia camminato quasi ogni giorno, e spesso per
molti giorni consecutivi, non ne ho ancora esaurito tutte le
possibilità. Una prospettiva assolutamente nuova rappresenta una
grande felicità, che può venir colta in un qualsiasi pomeriggio.
Due o tre ore di cammino mi possono condurre nel luogo più
straordinario che mi sia mai accaduto di ammirare.”…”Ed
effettivamente è possibile scoprire una sorta di armonia tra le
risorse di un paesaggio entro un raggio di dieci miglia, o i limiti
di una passeggiata pomeridiana, e i settant’anni della vita umana.
Né gli uni né gli altri vi diverranno mai troppo familiari.”
Henry David Thoreau nacque nel 1817 a Concord,
città del Massachusset. Nel 1845, costruì con le sue mani una capanna di legno in una località
isolata presso il lago Walden, e lì rimase per ben due anni in
isolamento totale, per sperimentare le evoluzioni
psico-fisiche cui porta il contatto con la natura selvaggia, e poter poi
dimostrare all’umanità la grande energia e idealismo che ne
conseguono. Ogni giorno, dalla sua capanna nei boschi, Thoreau si dirigeva nel folto
camminando ogni volta in una direzione diversa per almeno quattro ore, e
riteneva una giornata persa quella in cui non l’avesse fatto.
Da questa
sua esperienza nacque una serie di conferenze e poi un libro,
pubblicato poco prima di morire, nel 1862, “Walking, or the Wild”;
una traduzione in italiano, attuata da Maria Antonietta Prina, è stata proposta a cura di Massimo Jevolella nella collana
“Saggezze”, Oscar Mondadori.In esso è appunto centrale il simbolismo legato all’escursione come modello di vita:
il quotidiano vagabondare nella natura è una specie di
strategia di sopravvivenza sia reale che simbolica e iò desiderio al
movimento è desiderio di liberazione dall’ansia e dal
malessere avvertiti nel mondo. Thoreau si fa così portavoce di un
paradosso (CHE SI PUO' CONDIVIDERE): il successo, la corsa al potere e alle prosperità
materiali possono essere l’amara ricompensa di una sconfitta, mentre la
vita in solitudine e in oscurità può offrire doni preziosi e
insospettati.
-1- La scuola in origine deriva il suo nome Peripato (Περίπατος, Peripatos) dai peripatoi (περίπατοι, "colonnati") del ginnasio di Atene, dove i membri si riunivano, che si trovava presso il santuario dedicato ad Apollo Licio da cui deriva l'altro nome della scuola: il Liceo. Una parola greca simile, peripatetikos
(περιπατητικός) si riferisce l'atto di camminare e, come aggettivo,
"peripatetico" è spesso usato per indicare itinerante, errante, in
movimento. Dopo la morte di Aristotele, nacque la leggenda che egli
fosse un docente "peripatetico" - che camminasse intorno insegnando - e
la designazione Peripatetikos è venuto a sostituire il Peripatos
originale
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