giovedì 20 febbraio 2014

Giro d'Italia Letterario con Levi e Cristo si è fermato ad Eboli.


LA TAPPA DEL GIRO D'ITALIA LETTERARIO, MI  PORTA IN LUCANIA,  CON CARLO LEVI ED IL SUO ROMANZO "CRISTO SI E'  FERMATO AD EBOLI"


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http://2.bp.blogspot.com/-hyClBCYfbL8/Tru6W9LekHI/AAAAAAAABLg/bTcS2egIEUQ/s1600/g456cristo-si-fermato-ad-eboli.jpgE' un romanzo che ho letto in più fasi della mia vita: da studentessa universitaria, da Insegnante  Precaria  di Lettere alle prese con Concorsi a Cattedre, da Docente di Ruolo dedita a facilitare l'analisi e la comprensione di testi di narrativa connessi alla nostra storia e sempre ho voluto mettere in evidenza il ruolo della  donna e quella di  artista,  aspetto interessante della descrizione dell’ambiente nel romanzo legato con l’operato di Levi come pittore. Devo premettere che l'edizione che ho ri-letto è datatissima, un libro che  mio padre prediligeva  poiché anche lui aveva vissuto, se pur per pochi anni, in  quelle zone.
Posso dire che  i personaggi introdotti da Levi nel romanzo sono stati scelti attentamente: egli  racconta la scoperta di una civiltà diversa ma non nella forma di un diario. Non si può parlare di un documento immediato perché dall’esperienza diretta alla stesura del romanzo sono passati quasi otto anni. (1) Levi scrive i fatti e le vicende realmente vissuti  nel modo che ogni fatto, ogni  personaggio descritto nel racconto, viene raccontato con lo scopo di presentare al lettore  l’ambiente- cultura della Lucania.
L’autore riesce a descrivere la maggioranza dei temi  mediante  le figure femminili del romanzo: le classi sociali, la qualità della loro vita, i problemi sociali del paese, la magia e le credenze della gente.
Ecco la  prima donna che Carlo incontra,  la vedova dalla  quale gli viene offerto l’alloggio:

"[...], entrai dalla vedova, per una delle porte a lutto,[...] Migliaia di mosche anneravano l’aria e coprivano le pareti:[...] La stessa noia, e un’aria di disgusto, di ingiustizia subita e di orrore, stavano sul viso pallido della vedova, [...] Il marito era morto tre anni prima, di una brutta morte. Era stato attratto da una strega contadina con dei filtri d’amore, ed era diventato il suo amante. [...] e poiché egli[...], aveva voluto troncare la relazione peccaminosa, la strega gli aveva dato un filtro per farlo morire.[...] La moglie, una signora, era rimasta sola con un ragazzo di dieci anni [...]." 2

La descrizione della casa povera e del destino della vedova e di suo marito, morto solo qualche tempo fa, introduce perfettamente il lettore nel mondo della miseria, dei tristi destini degli abitanti di Eboli. Per la prima volta viene presentata al lettore la magia che può causare anche la morte. E al lettore viene rivelata la misteriosità del luogo. L’incontro con la vedova come se servisse per introdurre il lettore nella situazione in cui Carlo si trova. E tramite la vicenda della vedova, Eboli viene definita con tre parole che la specificano precisamente: morte, magia e miseria.
La vedova rappresenta anche un tipo di "classe media" della società di Eboli. Da signora è diventata vedova e per mantenersi affitta la sua stanza. 
"La sua condizione era cosí intermedia tra quella dei galantuomini e quella dei contadini; aveva insieme, degli uni e degli altri, le maniere e la povertà." 3
http://digilander.libero.it/trombealvento/indicecuriosi/levifossa.jpg

Un’altra figura femminile che appare nel romanzo in modo più significativo è Giulia, la donna che lavora per Carlo e che si occupa della casa. Così  possiamo conoscere un’altra tipologia  della donna del paese:

"Avrebbero potuto entrare a casa mia, per farmi i servizi, soltanto quelle donne che fossero, in qualche modo, esentate dal seguire la regola comune; quelle che avessero avuto molti figli di padre incerto, che senza poter essere chiamate prostitute (ché tale mestiere non esiste in paese), facessero tuttavia mostra di una certa libertà di costumi, e si dedicassero insieme alle cose dell’amore e alle pratiche magiche per procacciarlo: le streghe"  4
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Attraverso la conoscenza della strega Giulia al lettore vengono presentati magia, erotismo, e animalità del luogo. Giulia Venere detta Giulia la Santarcangelese è una donna di quarantun anni che ha avuto diciassette gravidanze. Ha una forza animalesca. Sa cucinare molto bene; anche da quel poco che si trova nel paese prepara i cibi deliziosi.

 Già il modo di cucinare di Giulia fa pensare a qualcosa di magico:

"Faceva il fuoco alla maniera paesana, che si adopera poca legna, con i ceppi accesi da un capo, e avvicinati a mano a mano che si consumano. Su quel fuoco cuoceva, con scarse risorse del paese, dei piatti saporiti." 

 Ma la sua bravura nel cucinare viene evidenziata anche per la sua capacità di preparare diversi filtri e la sua profonda conoscenza di magia:

"Nella cucina più misteriosa dei filtri, Giulia era maestra: le ragazze ricorrevano a lei per consiglio per preparare i loro intrugli amorosi. Conosceva le erbe e il potere degli oggetti magici. Sapeva curare le malattie con gli incantesimi, e perfino poteva far morire chi volesse, con la sola virtù di terribili formule."
 
Carlo si interessa di magia fino a imparare alcuni incanti. L’eroticità del personaggio di Giulia viene espressa tramite la storia del suo rapporto amoroso con il parroco da cui Giulia ha avuto due figli. In più nel racconto viene descritto il rapporto tra Carlo e Giulia che non è facile da accettare da parte di Giulia:

"La strega si stupiva anche che io non le chiedessi di fare all’amore"  5

La sua misteriosità e animalità sono espresse tramite la libertà che Giulia vive anche se lavora come serva: "Giulia andava, veniva, ricompariva a suo piacere: [...] Fredda, impassibile e animalesca, la strega contadina era una serva fedele" 6


Giulia fa parte del paese come tutte le streghe presenti. Tramite le sue caratteristiche l’autore riesce a descrivere il paese come un luogo misterioso. L’atmosfera di Gagliano dove le donne-maghe non sono rare, si rivela a Levi attraverso la Giulia, espertissima in ogni forma di magia  7 
La sua vicenda contribuisce alla descrizione del luogo dove la credenza nella magia attribuisce a Eboli le qualità del posto pagano: "Non per niente Levi ha definito «pagani» i suoi contadini. In loro il mondo è vivo e attuale, costituisce una caratteristica della realtà in cui vivono, cui sono abituati a credere". 8

 
La terza donna messa in rilevo serve per la descrizione della piccola borghesia di Gagliano:

"Il mondo di Gagliano si configura come un universo spaccato: da una parte i contadini, i poveri, gli umiliati; dall’altra i «signori» ovvero i rappresentanti di una piccola borghesia intristita, marcia, che vive dei propri rancori e soprattutto è caratterizzata da una meschina, repellente disumanità che si contrapone alla silenziosa pazienza dei contadini, alla loro dignitosa accettazione della sofferenza.
 
Donna Caterina Magalone Cusciana è la sorella del podestà. Essendo suo marito volontario in Africa, Caterina svolge le sue funzioni di segretario del Fascio. Sta cercando di approfittare della presenza di Levi – medico – per poter eliminare il dottor Gibilisco da lei odiato
 
"Donna Caterina odiava [...] il dottor Gibilisco, odiava tutto il partito di parenti e di compari di San Giovanni che faceva capo a lui, odiava quelli che a Matera lo proteggevano. Io ero mandato dalla Provvidenza, e non importava quale fosse il pretesto politico del mio arrivo unicamente perché potessi servire di strumento al suo odio". 9
  
Cosí il lettore viene informato sull’odio reciproco dei «galantuomini» il quale guida le loro azioni. Caterina vuole che Levi svolga l’attività di medico non perché i contadini abbiano una cura sanitaria migliore ma perché sia neutralizzato il suo nemico. L’odio tradizionale fra i due gruppi di famiglie dominanti nel paese sembra che sia elemento essenziale della vita della piccola borghesia 10   insieme alla indifferenza per il popolo miserabile e sofferente dei contadini. 
La visita della sorella di Carlo che arriva per quattro giorni a Gagliano conferma il contrasto tra la povertà e arretratezza del Sud e la ricchezza del Nord. "Una signora del nord, cosí alla mano, e per di più una medichessa: non ne avevano mai viste"


Il fatto che Carlo ha una sorella stupisce gli abitanti del paese e suscita gli sguardi beati dei contadini nel confronto della coppia formata dall’autore e sua sorella. Levi usa questa occasione per poter spiegare il forte sentimento della consanguineità dei contadini e insieme ad essa il loro non sentirsi membri di uno Stato:

"Il vedermi con una sorella muoveva uno dei loro più profondi sentimenti: quello della consanguineità, che, dove non c’è senso di Stato né di religione, tiene, con tanta maggiore intensità, il posto di quelli. Non è l’istinto famigliare, vincolo sociale, giuridico e sentimentale; ma il senso sacro, arcano e magico di una comunanza"
 
Per mezzo delle vicende delle diverse donne raccontate nel romanzo possiamo scoprire molti elementi sociali e culturali che riguardano il meridione:

" Ogni elemento del racconto di Levi, il lettore se ne avvede procedendo di pagina in pagina, contiene una informazione dalla quale è possibile ricostruire, come dalle tessere di un mosaico, la condizione della vita della gente tra la quale l’autore si trova a trascorrere il tempo della sua condanna" 11

 
Carlo Levi scrittore e pittore Meridione ed esperienza del confino dal punto di vista di Carlo Levi pittore

Un altro aspetto interessante della descrizione dell’ambiente nel romanzo è connesso con l’opera di Levi come pittore. Nel romanzo  possiamo trovare i riferimenti al tempo che Carlo Levi dedica alla pittura nel suo soggiorno in Lucania. Per poter dare al lettore un’immagine ancora più complessa del luogo del confino, Levi descrive l’ambiente di Gagliano anche dal punto di vista del pittore. Uno dei primi aspetti di Gagliano che Levi descrive nel romanzo è il carattere cupo del luogo dove si percepisce a prima vista la forte presenza della morte e per lui  pittore, il cimitero di Gagliano diventa il luogo più adatto per cominciare a dipingere: 
 
"Nei dintorni del cimitero non andavo soltanto per ozio, in cerca di solitudine e di racconti. Era quello l’unico luogo, nello spazio consentito, dove non ci fossero case, e qualche albero variasse la geometria dei tuguri. Perciò lo scelsi come primo soggetto dei miei quadri: uscivo, quando il sole cominciava a declinare, con la tela e i colori, piantavo il mio cavalletto all’ombra di un tronco d’ulivo o dietro il muro del cimitero, e mi mettevo a dipingere"

Tramite la descrizione dell’attività della pittura,  Levi arricchisce la trama con la sua visione poetica del luogo. Nel linguaggio della descrizione  usa,  per esprimere meglio la poeticità della sua visione, i colori e le sfumature. I colori cambiano e si smorzano con il crepuscolo e Levi evidenzia le qualità misteriose del luogo descrivendo la luna:

"Le ore passavano, il sole calava, le cose prendevano l’incanto del crepuscolo quando gli oggetti pare risplendano la luce propria, interna, non comunicata. Una grande luna esile, trasparente, irreale stava sopra gli ulivi grigi e le case, nell’aria rosata, come un osso di seppia corroso dal sale sulla riva del mare.[...] Perciò la dipinsi, in segno di saluto e di omaggio, rotonda e leggera in mezzo al cielo"

La pittura per l’autore rappresenta anche un simbolo della libertà. Quando descrive la luna l’autore si rende conto della sua libertà riconquistata rispetto ai mesi passati da Levi in una cella:

 "Ero in quel tempo, molto amico della luna, perché molti mesi, chiuso in una cella, non avevo veduto la sua faccia, e il ritrovarla era per me un piacere nuovo". 

Grazie alla capacità di dipingere Levi veramente riesce a conquistare anche il diritto di allontanarsi al di là delle case per poter ritrarre meglio le belezze del luogo:

"Il podestà e il brigadiere non volevano impegnarsi esplicitamente a questa infrazione ai regolamenti: ma a poco a poco, nelle settimane seguenti, si venne a una specie di tacito accordo, per cui avrei potuto, e soltanto per dipingere, dilungarmi di un due o trecento metri al di là delle case"

Possiamo seguire l’autore allorché si serve di un qualsiasi motivo per poter descrivere la cultura e la vita nel Meridione e nello scrivere il suo libro Levi ha avuto sempre presente l’intento di far trasparire dalla narrazione, per semplice che essa appaia, la sua particolare visione della civiltà contadina lucana, egli dipinge tante nature morte perché la gente non è disponibile per posare:

"Uscivo spesso, nelle belle giornate, a dipingere: ma lavoravo soprattutto in casa, nello studio e sulla terrazza. Dipingevo molte nature morte [...] Avrei voluto dipingere anche ritratti dei contadini: ma gli uomini avevano da fare nei campi, e le donne se ne schermivano, per quanto lusingate dalle mie richieste"
 
Ma  Carlo scopre il vero motivo del loro continuo rifiuto di lasciarsi dipingere. I contadini credono che il pittore facendo il ritratto della persona, ottenga il potere assoluto su questa persona:

"Capii allora che la ripugnanza aveva un ragione magica,[...] Un ritratto sottrae qualcosa alla persona ritratta, un’immagine: e, per questa sottrazione, il pittore aquista un potere assoluto su chi ha posato per lui".


 Il concetto di pittura e scrittura è per Levi la realtà che passa dalla tela alla pagina scritta. E l’autore stesso  aveva più volte espresso il concetto dell’importanza della forma espressiva grafica nella sua opera. E Zevelechi Wells 12  sottolinea l’importanza dell’aspetto che Levi era oltre a uno scrittore anche un pittore molto attivo:
 
"Non fu uno scrittore che fu anche occasionalmente pittore [...], ma un pittore che eccelse nella sua parte anche quando usava la parola invece del pennello.

Perciò anche gli argomenti trattati nel romanzo sono stati espressi  anche nei quadri  13    :

"Un profilo della personalità culturale e artistica di Carlo Levi può essere tracciato partendo da diversi punti di vista. Si può considerare prevalente, o comunque centrale, l’esperienza pittorica: fin dalla giovinezza e per tutta la vita Levi fu infatti pittore, e nei suoi quadri si ritrovano gli stessi soggetti della sua scrittura. Può anche essere altrettanto legittimamente posta al centro dell’attenzione la sua attività di scrittore.





1- LEVI, Carlo: Cristo si è fermato a Eboli.Torino: Einaudi, 1945, p. 93. 
Cfr.MICCINESI, Mario: Come leggere Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Milano: Mursia, 1985, p. 50.
2- LEVI, Carlo: Cristo si è fermato a Eboli.Torino: Einaudi, 1945, p. 8.
 3-  "  "
4- " " p. 90
5 -LEVI, Carlo: Cristo si è fermato a Eboli.Torino: Einaudi, 1945, p. 136.
6  -Ivi, p. 94.
7- Cfr. MICCINESI, Mario: Come leggere Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Milano: Mursia, 1985, p. 69.
8- MICCINESI, Mario: Come leggere Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Milano: Mursia, 1985, p. 68.
 9- LEVI, Carlo: Cristo si è fermato a Eboli.Torino: Einaudi, 1945, p. 49.
 10-  p. 78.
 11-  MICCINESI, Mario: Come leggere Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi. Milano: Mursia, 1985, p. 36.
12 - EVELECHI WELLS, Maria Xenia: La parola e l’immagine. Un’esame dei quadri di Lucania e del manoscritto di "Cristo si è fermato a Eboli" in: DE DONATO, Gigliola: Carlo Levi - il "tempo" e la "durata" in "Cristo si è fermato a Eboli". Roma: Ed. Fahrenheit 451, 1999, p. 243.
13- cfr. DE SANCTIS, Felice: Clic su Lucania ’61 affresco del mondo negato in «La Gazzetta del Mezzogiorno»
 http://www.felicedesanctis.it/News-Dett.aspx?Id_News=168.- pubblicato: 5 giugno 2006,

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